22 febbraio 2012

Psicologia dell'errore: alcune considerazioni

Quand'è che un errore o un'imperfezione su un modello cessa di essere inaccettabile e inizia ad essere una caratteristica anche gradevole, un segno di distinzione o addirittura un valore aggiunto? Difficile dire, tante sono le casistiche che si pongono volta per volta. Ho comunque l'impressione che la prima scrematura si abbia a livello di errore storico, che secondo me è il meno accettabile perché è quello maggiormente evitabile. Se su un factory built raro e pregiato (non sto parlando di un BBR attuale ma di un AMR di 25/30 annio fa) l'errore storico fa parte del "bagaglio culturale" del modello, su un montaggio recente esso è molto meno tollerabile, vista la quantità di documentazione oggi disponibile. Eppure ancora oggi, molti collezionisti di modelli di alto livello (non mi sto riferendo necessariamente alle creazioni dei giapponesi, ma a montaggi più standard) non mostrano grande fastidio nel notare come certi particolari siano stati interpretati male, omessi o addirittura aggiunti laddove non ce n'era bisogno. L'errore storico è eliminabile per definizione: la perfezione della coerenza storica è un valore numerico che è raggiungibile, a differenza della perfezione di esecuzione che dipende sempre da una "tecnica" ed è quindi suscettibile di miglioramento. Direi, riassumendo, che l'errore storico su una riproduzione attuale, è poco accettabile, anche se qui si aprirebbe un mondo intero, fatto di considerazioni su come l'errore storico possa coinvolgere direttamente anche l'esecuzione stessa (vernice trasparente sulle decals? Finitura lucida dove la carrozzeria era evidentemente opaca? E così via). Eppure tutto questo è ampiamente accettato. Mi chiedo peraltro se l'accettazione non sia da analizzare in maniera diversa nel caso di due tipologie di collezionisti: quelli troppo ignoranti o quelli "colti" ma che in qualche modo hanno superato il problema raggiungendo una tolleranza maggiore che non è mero compromesso ma piuttosto una maturità ottenuta con l'esercizio e l'osservazione del modello nella sua globalità. Chiamiamola pure "ascesi", nel senso proprio di "esercizio", per l'appunto. 
La bella raccolta a tema Mille Miglia di un collezionista di Firenze, ormai smantellata e venduta; le considerazioni di questo piccolo articolo sono ancora valide se si considera una collezione nella sua globalità? Una raccolta è un immenso gioco di specchi.

Il secondo errore riguarda l'imperfezione formale, o esecutiva: può essere qualsiasi cosa legata alla manualità dell'azione; uno sbaffo di colla, un particolare storto, un assetto non perfetto. Anche qualcosa di minimo, per carità, non ci vuole necessariamente l'enorme cavolata che si vede a due metri di distanza. E' un errore che è sempre in agguato, e anche in questo caso chiamerei in causa la maturità/competenza del collezionista, che deve giudicare volta per volta se si tratti di qualcosa di "anomalo" o piuttosto di "regolare". E qui i confini fra normalità ed eccezionalità sono talmente labili da coinvolgere il giudizio inteso nel senso più ampio. E' una questione di critica, la cui capacità si forma in anni di osservazione e anche nella conoscenza - il più approfondita possibile - delle tecniche impiegate. Esiste un momento in cui un errore (magari piccolo) cessa di infastidire e diventa parte integrante di un modello? Penso di sì. Forse anche in questo caso ci vuole "esercizio", soprattutto quando si inizia a rendersi conto che ciò che sembra un errore è piuttosto il miglior compromesso che si poteva raggiungere nel perseguire un certo risultato - o almeno il miglior compromesso ottenibile da quel montatore in quel determinato momento su quel determinato modello, e qui si potrebbe introdurre il concetto di "stile", di equilibrio, di opportunità. Spesso mi è capitato di sciupare un modello cercando di porre rimedio a quelle che mi sembravano delle pecche, ma che in realtà erano dei compromessi più che accettabili, il percorso inverso dei quali non ero riuscito a ricostruire nella mia scarsa competenza delle tecniche di montaggio; una scarsa conoscenza del modello stesso, volendo riassumere. Processi di "accettazione consapevole" li ho potuti osservare in altri collezionisti, che all'inizio mi sembravano molto più superficiali di me, ma dei quali alla lunga ho dovuto riconoscere la superiore capacità di valutare un modello nella sua interessa, prescindendo da aspetti che avevano un forte grado di contingenza, se considerati sotto un aspetto che non avevo voluto considerare. Non sto facendo l'elogio dell'accettazione passiva del difetto. Sto semplicemente avanzando l'ipotesi che in alcuni casi questo atteggiamento non denoti necessariamente la mancanza di un senso critico, ma ne sia invece una forma superiore, passata al vaglio di un processo di osservazione più completa. Questo, naturalmente, al di là di certi orrori che alcuni montatori (e soprattutto i loro sostenitori commerciali) si ostinano a far passare per opere d'arte.

1 commento:

  1. Nell'ultima frase ti stavi riferendo a Mike Craig,vero?

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