10 febbraio 2012

Caro o costoso?

Una volta, facendo visita al buon Ugo Fadini, il discorso andò a parare sul prezzo dei modelli e sul loro "reale" valore. In quell'occasione Fadini mi ricordò un concetto importante, fose noto a tutti ma non altrettanto considerato: la differenza fra caro e costoso. In poche parole, costosto è un termine assoluto, mentre con caro si vuole definire un prezzo alto rispetto al valore dell'oggetto che si compra. Un modello fatto benissimo, di alta qualità e di grande bellezza finirà magari per essere costoso senza per questo essere caro; un modello brutto, sbagliato e montato male potrà essere caro... oltre che costoso, si capisce. Sono concetti magari scontati, che però ogni tanto è opportuno ricordare. Da qui, le mille varianti di discussioni già lette decine, forse centinaia di volte, sui vari forum. "Quel modello è troppo caro, quell'altro anche, questo è costoso senza essere caro, quello è così, quell'altro è colà". Il parametro del prezzo, per carità, è fondamentale nel giudizio di un prodotto; è quello che ci dà le dritte per collocare qualcosa in una fascia, per capire che cosa si sia proposto il produttore (o il montatore) prima di definire un valore monetario.
Una serie di Ferrari 365 GT 2+2 pronte ad essere assemblate dopo la verniciatura nel laboratorio di Jean-Paul Magnette. Dicembre 2010.
Parlando dei modelli giapponesi, una delle dominanti è ormai per tradizione la disputa sul prezzo. Sono tanti 2000, 3000, 4000 euro per un modello? L'enorme differenza di prezzo anche rispetto ad un montaggio di altissimo livello è giustificata? C'è chi la pensa in un modo, chi in un altro; chi in quella differenza di prezzo ci trova un senso, chi invece, inorridito dalle cifre a tre zeri, torna in fretta alla propria bacheca piena di Minichamps o AutoArt, consolandosi e pensando che in fondo sempre modelli sono e che l'accontenarsi in questo caso non è tanto una rinuncia quanto un sano buon senso. Non appartengo forse né all'una né all'altra schiera. Non so se i modelli dei giapponesi potrebbero sostituire la mia collezione base ma contemporaneamente ormai da anni ho lasciato perdere la quasi totalità dei modelli industriali, con poche, selezionate eccezioni (e gli Spark per me sono dei kit montati che rientrano piuttosto nella categoria degli speciali). Ciò che critico e che non approvo è piuttosto una certa superficialità nel continuare a considerare i lavori dei modellisti giapponesi un inutile fumo negli occhi. Ne ho avuto la prova ascoltando i commenti di alcuni lettori di questo blog: "belli, ma che motivo c'era di fare una verniciatura a dieci strati... io mi metto a verniciare e mi viene bene lo stesso"; "belli, ma a che serve questo, a che serve quest'altro, perché qui e perché lì...". Insomma, un grande scetticismo di fondo. Taglio una serie di possibili ragionamenti per concludere con un paragone. In F.1 ci sono 24 piloti (o 22 o 26, poco importa quanti, poniamo 24): 15 di questi sono di ottimo livello (perché se non sei un ottimo pilota in F.1 non ci arrivi neanche, lasciamo perdere che ci voglia la valigia piena di soldi, ma se non hai anche il piede non ti ci fanno neanche avvicinare); altri 5 sono di alto livello, ossia gente in grado di vincere le gare quando determinate condizioni lo permettano; ulteriori 2 sono di altissimo livello, ossia ti fanno vincere diverse gare e magari ti sviluppano bene la macchina; ne restano 2, che sono i piloti decisivi, ossia quelli che ti risolvono le gare e ti fanno vincere i mondiali mettendoci sempre del proprio. La differenza fra questi due e, poniamo, i 15 piloti "ottimi" non è enorme; e si restringe sempre di più man mano che dai 15 "di base" si passa a quelli con capacità superiori. La differenza fra quanto sono pagati loro e quelli meno bravi è enorme rispetto a quel poco valore aggiunto che i primi garantiscono. Eppure è proprio quel decimo a fare la differenza. In altre parole, su 10, a 7 ci arrivano in molti; a 8-9 in pochissimi; a 10 ce ne arriva uno su 1000. Inutile quindi continuare a martellare sempre sullo stesso concetto, sulla follia di quei prezzi. E' l'ultimo gradino che si paga a peso d'oro, non i primi cento.

6 commenti:

  1. Personalmente non ritengo il parogone del talento dei piloti un esemplificazione significativa in questo ambito.
    Il concetto di "arte" è altrettanto controverso.
    Alcuni ritengono un abominio pagare 160 Euro per un concerto di Madonna oppure ritengono inaccettabile i 14 milioni di Euro che guardagna Ibra in un anno, compresi gli schiaffoni.
    Negli automodelli di altissimo livello l'equazione è diversa.
    Qualsiasi montaggio da parte di qualsiasi assemblatore si basa su precissime variabili dell'equazione stessa.
    E cioè:
    "Tempo di realizzazione+Talento+Virtuosismi = prezzo finale".
    Nel talento/virtuosismo ci potete mettere quello che volete: modifiche da extra-terrestri, verniciature mozzafiato etc etc..
    Dal mio punto di vista, i montaggi di artigiani come Suber piuttosto che di Brauer raramente hanno la variabile "talento" quindi non li prendo neanche in considerazione.
    Così come alcuni automodelli di Piero che hanno dei (per me) difetti che mi portano quasi ad odiarli: perchè hanno il 99% dell'equazione stessa ma non il 100%.
    Avete un idea di quante ore impiega Kamimura per completare un suo modello? Tante ... ma così tante da rendere il prezzo finale non solo comprensibile ma addirittura onesto.
    E vi sono molto altri esempi. Un esempio? Il talento del "modesto" Stefano Adami di cui vorrei poter parlare prossimamente nella mia rubriketta...
    Buon fine settimana giannizzeri.

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  2. Ogni paragone zoppica, come diceva una vecchia massima filosofica: l'esempio dei piloti stava solo a indicare che la differenza enorme di prezzo fra un modello bello e uno magnifico sta tutta nelle ultime frazioni di eccellenza che ben pochi riescono a raggiungere; la mia era quindi una valutazione "globale" dell'equazione che ha proposto Paolo. Nel caso di Suber (di Brauer non saprei, anche se conosco piuttosto bene i suoi mnodelli) non so se si tratti di mancanza di talento o piuttosto di passione.

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  3. Chiaramente non potevo esimermi dal fare sentire la mia voce in questo contesto...
    I modelli giapponesi sono sicuramente costosi.
    In molti casi invece non sono cari, nel senso che Kamimura si fa pagare meno di quello che si paga una donna di servizio, intendo all'ora...
    Un altro concetto che secondo me ogni tanto bisogna ricordare è quello di mercato.
    Il mercato dell'1/43 riguarda, credo, qualche migliaio di persone in tutto il mondo, e credo di esagerare per eccesso. E quindi anche adire ai vertici massimi di questo mondo rimane possibile.
    Se gli appassionati fossero centomila credo sicuramente che i prezzi viaggerebbero su cifre ben diverse.
    Basta guardare gli orologi o altri campi.

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  4. Rimane teoricamente possibile arrivare ai vertici ma di fatto sono in pochi a saperlo fare o ad avere la mentalità per farlo. Molti sono convinti che se avessero tempo sufficiente e clienti disposti a pagarli adeguatamente, riuscirebbero a ottenere gli stessi risultati dei migliori in circolazione, ma le cose non stanno esattamente così. Continuo a pensare che diventare bravi sia relativamente facile, mentre arrivare a occupare le posizioni di vertice è cosa molto più ardua.

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  5. Personalmente trovo un po' fine a se stesso questo discorso per l'estrema soggettività di una cifra, qualunque essa sia. Ovvero: per me una Ferrari è costosa ma non credo che Jay Leno sia d'accordo. Alla stessa maniera un modellino, sempre considerando due persone con la passione perché ovvio che alla maggior parte della gente anche 50€ possano sembrare eccessivi per un "giocattolo".

    Quello che voglio dire è che se io voglio QUEL modello QUELLO è il prezzo da pagare, tanto o poco che sia importa solamente secondo quanto posso realmente spendere.
    Ma sappiamo bene che spesso spendiamo cifre alte anche per modellini con difetti evidenti eppure ne siamo attratti da quel "non so cosa".
    Quindi non mi sorprendo se vengono spese certe somme per modelli che non le giustificano..
    Se il collezionista voleva QUEL modello ha dovuto spendere QUEL prezzo, tanto o poco che sia.

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  6. Il senso del mio intervento non era tanto incentrato su questo (è chiaro che i valori sono alla fin fine soggettivi), quanto sul discorso che si sente ripetere da molti, secondo i quali la differenza di qualità non è giustificata da una così grande differenza di prezzo.

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