30 maggio 2012

Tu vuo' fare o' giapponese

Inizio da una possibile fine: la maggior parte della gente che si accapiglia sui vari forum discettando dei maestri giapponese, di modelli montati da loro dal vivo non ne ha visto manco uno in vita sua. Io stesso ammetto di essere ben lontano da una conoscenza approfondita "sul campo", anche se qualche esperienza diretta l'ho avuta. Comunque sia, la presenza qua e là dei wip di questi virtuosi ha creato un "prima" e un "dopo" da cui chi voglia fare un lavoro di iperdettaglio su un modello non può prescindere dalla loro lezione. Sto parlando dei professionisti; altri montatori per diletto possono (o debbono) percorrere altre strade. Il problema nasce proprio dal velleitarismo di alcuni dei nostri europei che si sono detti: "e che ci vuole? Lo faccio anch'io". Il segreto? L'ottimizzazione dell'abilità. E qui casca l'asino, perché ciò che i giapponesi hanno portato di nuovo in questo settore è un approccio completamente differente alla materia, una riconsiderazione sovente radicale non solo delle tecniche ma anche dei mezzi utilizzati; essi hanno portato una ventata d'aria nuova con la loro straordinaria originalità nell'affrontare problemi vecchi con soluzioni nuove; con la loro capacità, direi, di reinventare, di riconsiderare tanti aspetti da un altro punto di vista, facendo non di rado giustizia del "si è sempre fatto così", che per molti è stata una fonte di sicurezza ma anche un ostacolo alla maturazione e in ultima analisi al progresso dei risultati nel corso degli anni. Nel nostro settore siamo ancora a fare i cambi o le lucine di illuminazione con le capocchie di spillo. Da una parte c'è una grande attenzione alla fedeltà storica, dall'altra ci si accontenta di vivacchiare pescando nella scatola del cucito della nonna. I giapponesi, pur mancando in molti casi di conoscenze storiche approfondite hanno finito per mostrare alla luce del sole tutta la pochezza di certe soluzioni cristallizzate in un anacronistico passato. I risultati eccezionali che hanno ottenuto hanno finito per creare una serie di imitatori che per il momento restano tali. Montatori pur bravi che pensano di raggiungere livelli superiori estremizzando tecniche superate o inadeguate. E' come se si volesse realizzare una Formula 1 partendo da una GT. Sarebbe tempo perso e forse si perderebbe anche quell'equilibrio che caratterizza un prodotto nato per non superare certi limiti. L'ha capito bene uno come Magnette che non si sognerebbe mai di giocare all'Hayakawa o al Kamimura. Altri, questo discorso, l'hanno capito meno e si ostinano a presentare certi lavori che finiscono per mostrare tutte le contraddizioni di quando si cerca di superare o eguagliare gli altri senza aver capito bene prima di tutto cosa si voglia da se stessi. Mi fermo qui ma potrei fare qualche esempio che certamente dispiacerebbe a qualcuno - e forse in questo caso non ce ne sarebbe bisogno. Ma mi auguro che dalle parti nostre, o ancor di più in Francia, qualcuno non butti dalla finestra il proprio talento nell'inseguire improbabili chimere.

29 maggio 2012

Rassegna stampa: Quattroroutine 280


Con ritardo, includo anche il numero 280 di Quattroruotine (aprile-giugno 2012) nella rassegna stampa. Devo dire la verità: era molto tempo che non sfogliavo la rivista dell'Editoriale Domus, un po' per mancanza di occasioni, un po' perché influenzato dai commenti sempre negativi sentiti in giro. Per curiorità l'ho presa nei giorni scorsi e tutto sommato mi è sembrata dignitosa, pur con tutti i limiti che condivide con l'altra rivista italiana del settore, Modelli Auto.
Norimberga...

...e Parigi (Retromobile)

In generale, Quattroruotine ha un carattere più storico e "collezionistico", mentre Modelli Auto avrebbe una vocazione più tecnica e d'attualità, anche se attribuire a ciascuna di queste riviste un ruolo concreto legato a quei termini significa essere abbastanza generosi. In ogni caso questo è ciò che passa il convento. Puntualmente il numero 280 di Quattroruotine dedica un ampio servizio al Salone di Norimberga, focalizzandosi anche su un altro evento che ha avuto luogo in quei giorni invernali, Retromobile a Parigi.

Fra gli articoli speciali si segnala quello sulla collezione di Giordano Negri (modelli Brooklin) e quello sui Corgi con le ruote veloci, una tematica abbastanza trascurata a vantaggio dei modelli più classici e più antichi. I Corgi con le Whizzwheels rappresentano comunque un'epoca ed è bene ricordarli di tanto in tanto, soprattutto via via che ci si allontana da quegli anni abbastanza contraddittori per il modellismo in scala 1:43.

C'è anche un articolo sulle Formula 1 di Michele Alboreto, ma sinceramente si sarebbe potuto fare di più; simpatico il garage Alfa Romeo in 1:24 realizzato da Luca Dieni di Genova e il pezzo che chiude la rivista, sulla Maserati Quattroporte della Politoys, un po' corto ma tutto sommato completo.

Tutto il resto merita una scorsa più o meno rapida. Ma, ripeto, mi ero preparato al peggio e devo dire di non essere del tutto d'accordo su chi critica per partito preso Quattroruotine. Non sarà il massimo ma si ha l'impressione che continui a fare il proprio onesto compitino, nulla più. Ma è già qualcosa. O no?

28 maggio 2012

Piccole realtà artigianali: Rhino di Firenze

A Firenze esistono ancora piccole realtà artigianali che pur nella sostanziale mancanza di un tessuto connettivo organizzato, danno vita a produzioni originali e talvolta sorprendenti. E' il caso di Rhino, un marchio inventato da Marco Chieffi e Vittorio Materazzi che da qualche tempo si dedica alla riproduzione in scala 1:30 di mezzi corazzati in resina della seconda guerra mondiale.

Marco Chieffi (a sinistra) e Vittorio Materazzi di Rhino

La scala 1:30, che potrebbe sembrare abbastanza bizzarra, è quella di un certo tipo di soldatini, utilizzati anche dagli appassionati dei war games. Attorno ai figurini è fiorita tutta una serie di produzioni che vanno sapute interpretare nella loro peculiarità: si tratta di modelli sì fedeli, ma che debbono rispondere a dei criteri di solidità e di "maneggiabilità" estranei a ciò che normalmente si richiederebbe a un modello statico. Siamo sempre in presenza di modelli statici, ma concepiti in modo da essere manipolati sui campi di battaglia dei war games senza subire facilmente danni. Un mondo che noi dell'1:43 fatichiamo a concepire, ma che diventa interessante come diventano interessanti tutte le cose che prima si ignoravano e che si imparano via via a conoscere.

Una delle più recenti idee di Rhino è quella di dedicarsi ad autovetture che possano essere riprodotte in livrea militare come mezzi di servizio e di rappresentanza, corredate di figurini in metallo, ben dipinti. Ecco che è nata la Mercedes 770, già disponibile in un paio di versioni, e altri modelli (anche italiani) sono allo studio. Viene da chiedersi come reagirebbe il mercato all'introduzione di una serie di versioni civili, magari presentate su basetta di legno, con un figurino o qualche altro piccolo accessorio.

La Mercedes 770 in scala 1:30. I modelli Rhino sono realizzati in una resina molto pesante, con il maggior numero di pezzi riportati e verniciati.

Certo, la scala abbastanza inusuale limiterebbe probabilmente le possibilità di diffusione al di fuori dell'ambito militare, ma credo che una bella serie di Mercedes 770 civile nero lucido potrebbe essere accolta con un certo interesse. E' in via di completamento un secondo prototipo di cui non mi è permesso parlare, ma non appena mi si darà il permesso lo presenterò sul blog, magari con una recensione accurata. C'è anche da sperare che Rhino possa dedicarsi in un prossimo futuro anche a certi piccoli mezzi corazzati italiani degli anni 30 finora trascurati dal mercato.
La produzione Rhino, distribuita da Saimex

27 maggio 2012

Lancia, Alfa Romeo e un ringraziamento a un paio di geni della contrattazione

Ho recentemente rilevato due collezioni e come al solito ho passato diverso tempo a osservare i modelli, a valutarli, a fare piccoli ritocchi qua e là. La maggior parte di questi modelli ha già preso altre strade, arrivando nelle case di tanti collezionisti. Un paio, però, ho deciso di tenermeli io, anche un po' esasperato da un collezionista italiano (toh...) che tirava disperatamente su 5 euro; ma dico io, ve lo ordina il medico di comprare modelli? Poi 5 euro: ma che figura ci fai? Io per principio non ho voluto cedere, anche perché mi dà molto fastidio che qualcuno arrivi e si metta a mercanteggiare su prezzi già molto competitivi. Questo aprirebbe la porta a qualche considerazione sul comportamento dei compratori italiani, non certo per fare delle semplicistiche categorizzazioni, ma proprio perché la maggior parte di essi assume comportamenti da foro boario quando non da morto di fame. E visto che siamo a vendere modelli (il regno del superfluo) e non medicinali salvavita, quelli che cercano di risparmiare 5 euro, magari su 100, mi fanno anche un po' pena. Comunque. Diciamo che da questo piccolo episodio ho deciso di tenere questi due modelli, che rappresentano l'eccellenza automobilistica italiana di fine anni cinquanta / inizio anni sessanta: una Lancia Fulvia 2C di EmmeBi Models e una Giulietta Ti di Tron, entrambi montati molto bene e che hanno necessitato solo di piccoli accomodamenti e aggiornamenti. La Fulvia forse non sarà il massimo della fedeltà quanto a linee ma è un modello simpatico; la Giulietta di Tron mi è sempre piaciuta nelle sue forme e in questo colore celeste non l'avevo mai avuta. Un grazie, quindi, agli illustri pitocchi (detto simpaticamente, ma sempre pitocchi sono) che hanno permesso la permanenza di questi due modelli nella mia collezione.

26 maggio 2012

Marginalia sulla Ferrari 250 GTO 64 4399GT

Spesso accade che gli errori storici (grandi e piccoli) sui modelli si tramandino di generazione in generazione perché semplicemente nessuno ha approfondito abbastanza per dimostrare che una certa fonte, giudicata attendibile, è sempre stata presa per buona anche se in realtà fornisce indicazioni sbagliate. Facciamo un esempio emblematico, il colore delle lucine sul tetto della Ferrari 250 GTO 64 4399GT di Le Mans 1964, la vettura della Maranello Concessionaires, per intenderci. Quasi tutti i montatori da Magnette sui primissimi esemplari con basetta in legno derivati dal kit X-Nostalgia, ai più recenti "guru" tanto strombazzati da alcuni venditori d'oltreoceano, hanno riprodotto entrambe le lucine di rosso. E se i montatori di inizi anni ottanta possono essere scusati, quelli moderni hanno molte meno giustificazioni.
Tutto nasce, credo, dalla didascalia sbagliata di pagina 292 del primo libro di riferimento sulle Ferrari 250 GT, l'edizione del Pourret edita da EPA:

Qui si legge: "Le Mans 1964, arrivée pour la GTO 4399GT chassis 63 recarrossé".
Se non ché, qui non siamo a Le Mans, ma a... Reims! Lo dimostrano chiaramente (oltre all'ambientazione) la dimensione e il font dei numeri di gara, diversi da quelli di Le Mans.


E per ulteriore conferma, la "sbrecciatura" sulla presa d'aria anteriore si formò proprio a Reims, come dimostra in modo inequivocabile questa immagine tratta dal libro di Bluemel e Pourret, uscito alla fine degli anni novanta.

Trent'anni fa, anche se un montatore avesse riconosciuto che la foto era ambientata a Reims e non a Le Mans, in mancanza di foto della 24 ore avrebbe potuto tranquillamente dedurre che le due lucine sul tetto non cambiassero di gara in gara. E invece a Le Mans la GTO 4399GT aveva una luce verde e una rossa, non due rosse, come invece quasi tutti i montatori (fra cui Barnett e l'osannato Moura in un recentissimo montaggio visibile su Miniwerks) continuano a pensare, magari guardando quell'immagine del libro del Pourret, ma ignorando la documentazione a colori che nel frattempo è uscita fuori sulla macchina a Le Mans.

Un piccolo esempio di un particolare magari insignificante, che dimostra però come la genesi dell'errore sia spesso da ricercare in fattori lontani.

Un po' di tregua per gli AMR

...almeno ora i cosiddetti top builder possono assassinare tranquillamente i vari Esprit 43 smettendo di prendersela con i pochi kit AMR rimasti in giro. Questa è una buona notizia.

24 maggio 2012

Alcune tendenze e considerazioni della sera

Il lavoro "vero" e alcune grosse difficoltà hanno leggermente rallentato l'attività del blog in questi ultimi giorni. Peccato. Resta comunque vigile il ruolo di "osservatore" di alcuni fenomeni che vorrei che questo sito conservasse, in attesa magari di alcuni sviluppi di cui vi terrò al corrente quanto prima.

Per l'ennesima volta mi sono accorto di quanto materiale si tenda ad accumulare negli anni, allontandandosi dalle tematiche più importanti. Non che questo sia necessariamente un male; anzi, diffido un po' di quelli che da 10, 20, 30 anni fanno sempre e solo Porsche, Ferrari a Le Mans, Targa Florio o macchine di Niki Lauda. Non sanno cosa si perdono. Però c'è il rischio opposto, quello di perdersi in troppi rivoli, sempre per passione, beninteso. E a volte ci si guarda indietro e ci si rende conto di aver perso di vista una certa essenzialità. Sono le tante anse (anse, non ansie, anche se pure quest'ultima parola non sarebbe fuori luogo!) del fiume del collezionismo che nasce, si muove, prosegue il proprio cammino a volte con percorsi non proprio lineari. E' il suo bello, dicevo, perché permette di conoscere, di fare esperienze su argomenti che prima si ignoravano e alla fine è tutta cultura. Però quando ci si rende conto che era proprio per evitare certi accumuli indiscriminati che si era fatta una scelta (magari non una, ma due o tre) è arrivato il momento di fare un po' di pulizia alla collezione. Come quando si potano gli alberi perché possano crescere e prosperare più forti e più belli di prima.

Altra considerazione della sera: l'aumento su eBay di compratori di paesi "nuovi" dal punto di vista collezionistico. E' un fenomeno positivo e ormai non può essere ridotto a livello di aneddoto o curiosità. Sono molti, sempre di più i collezionisti da Cina, Indonesia, Thailandia e Russia: cito espressamente questi quattro paesi perché ne ho incontrati sempre di più di appassionati non solo alle Ferrari tamarre di oggi ma anche alle vetture del passato; di un passato che nessuno di loro ha vissuto, neanche nel racconto dei loro padri o dei loro nonni. E' una cosa positiva che smentisce in parte alcune teorie troppo assolute e che dimostra come certi fenomeni possano prendere delle direzioni inopinate, a volte imprevedibili.

Sono contento che la piccola burla del forum americano abbia suscitato tante discussioni. D'accordo con Paolo Tron (era lui che mi aveva dato il permesso di riprendere l'argomento) avevamo deciso di buttarla sul ridere. Qualcuno se l'è presa perché sono saltate fuori parole un po' grosse. Naturalmente nessuna generalizzazione sugli americani che peraltro conosco piuttosto bene e con i quali - in parte - lavoro. Era, piuttosto, solo un esempio della spazzatura che si può trovare in rete, spazzatura che può rovinarti la reputazione anche a distanza di diversi anni.

22 maggio 2012

Paolo Tron è morto nel 2009

Ebbene sì: Paolo Tron è morto nel 2009, come si evince da questo colto forum:
http://www.diecast.org/diecast98/html/asp/forums/forum43/viewMessage.asp?id=56786&start=56786

Ora, delle due l'una: o la notizia della sua scomparsa era fortemente esagerata, oppure in questi tre anni abbiamo avuto a che fare con un allegro ectoplasma.
Sia come sia, evito ogni altro commento sugli argomenti trattati in quel thread, visto che si... commentano da soli.
Prosit, Paolo e cent'anni di vita (di quella bòna...)!

19 maggio 2012

Confronto fra due Porsche 904: Record e Vroom

Oggi, riguardando un paio di interpretazioni della Porsche 904, mi è venuta l'idea di fare un piccolo confronto puramente visivo. Niente di particolarmente documentato, ma piuttosto un parallelo per documentare due modelli separati da loro da molti anni (il Record e il Vroom) ma accomunati da quella tradizione francese dei kit in resina che continua tuttoggi, malgrado qualche perdita importante. Nella fattispecie si tratta di un montaggio recente del Record, che rappresenta la vettura di Fischhaber/Koch alla 24 Ore di Le Mans 1965 (una 904/6) e quella di Bonnier/Hill alla Targa Florio, sempre del 1965 (in questo caso siamo in presenza di una 904/8). Della 904 di Record (il cui prototipo si deve al solito, bravissimo Goupille) ho avuto sempre qualche modello in collezione: il primo fu la versione vincitrice alla Targa Florio 1964 montata da Jurgen Renardy per il Porsche Modell Club di Ulrich Upietz; a parte vari kit, questo montato si è aggiunto di recente, ed è stato eseguito con una certa cura, attenendosi anche alle diverse foto reperite sui libri e in rete. Ho dovuto rimetterci le mani per sostituire le gomme con altre sempre originali (quelle di questo kit si erano in parte sciolte, diventando appiccicose) e per eliminare l'inverosimile cintura di sicurezza Sabelt (!) che il montatore in buona fede aveva aggiunto per rendere il modello più realistico. Meno male che questi modelli sono tenuti insieme da due viti. L'altro è un factory built di Vroom, sul cui responsabile, Michel Ottenwaelder, potete leggere un'intervista su questo blog (http://grandiepiccoleauto.blogspot.it/2012/05/focus-su-michel-ottenwaelder-vroom.html). Dalle foto che presento, emerge forse una parentela fra i due modelli (non saprei quanto stretta). Al di là di alcuni dettagli che meriterebbero una trattazione a parte (mancanza della targa sulla #174, un solo scarico per la versione 8 cilindri...?), quello che interessa è il confronto delle forme. Leggermente più grande il Record, molto più fine nelle incisioni il Vroom, probabilmente anche meglio proporzionato. La parola alle immagini.



Metodo vecchio quanto il mondo: non ci sono foto del posteriore? Il modello si fa lo stesso e non si mette niente, tanto i collezionisti sono cretini e non se ne accorgono.


17 maggio 2012

Qualche progresso sulla Dino di Roberto Quaranta

Ecco alcuni dei più recenti particolari della Dino di Roberto Quaranta. Il montaggio sta progredendo, anche se resta qualche questione da risolvere come quella del battistrada degli pneumatici.
Occhio che le foto falsano parecchio alcuni dettagli: le griglie anteriori, ad esempio, sembrano diverse fra loro, invece sono assolutamente identiche. Stesso dicasi per i gruppi ottici posteriori.


16 maggio 2012

Rassegna stampa: AutoModélisme 179


Il numero di maggio di AutoModélisme, di cui mi occupo con ritardo perché a Firenze è arrivato solo stamani (!) è fra i migliori di questi ultimi mesi. Pur con tutti i suoi limiti, la rivista del gruppo Hommel continua a proporre contenuti superiori rispetto alla media degli altri mensili o bimestrali europei, almeno a mio parere. L'editoriale del caporedattore Alain Geslin solleva alcune questioni sul disorientamente generale dei produttori, costretti a guardare un po' dappertutto per tenere testa alla concorrenza, moltiplicando i campi o meglio, moltiplicando le specializzazioni, perché è ormai sulle specializzazioni che si campa.
Fra le novità librarie recensite, il libro di Ray Strutt e David Wright (di cui ci siamo occupati già altre volte sul blog) e un volume a cura di Renaud Siry sui modelli di Citroen DS, edito da ETAI. Non avendolo ancora sfogliato non so darne un giudizio documentato, mentre sul volume di Strutt e Wright non si può dire che un gran bene.
Bello zoom sulla Metro 6R4 di Ottomobile in scala 1:18, mentre la serie delle recensioni prosegue con le scale grandi, di cui in questo blog ci si occupa in maniera molto sbrigativa, per cui tralasciamo gli argomenti.
Da leggere subito il bel servizio di Guillaume Waegermacker sul prototipista Patrick Cornu, praticamente un pezzo di storia dell'automodellismo francese. Inutile ricordare il contributo che Cornu ha dato allo sviluppo di un marchio come Provence Moulage. Sei pagine ben scritte, con molte foto; forse non è proprio l'optimum, ma è sempre meglio di ciò che normalmente si trova sulle riviste specializzate (di nome ma non di fatto).
Patrick Cornu e la sua storia di prototipista.
Fra le novità, modello del mese fra gli "stradali" 1:43 la Jaguar C-X75 Concept Car di Spark (S2099), mentre fra le competizione si aggiudicano la palma la Mercedes 220SE del Montecarlo '60, sempre di Spark (S1004) e la Tyrrell-Ford P34 di TrueScale Miniatures (TSM114352). Il problema di rassegne come questa è sempre il solito: si presenta una campionatura di novità, forzatamente incompleta, spesso ormai superata, con edizioni limitatissime che i collezionisti più attenti avranno giù acquistato, tralasciandone altre, ugualmente importanti, e il criterio che sembra guidare questo tipo di presentazioni è la casualità. Almeno i commenti che accompagnano ciascun modello sono abbastanza articolati, anche se fare un lavoro approfondito su decine di uscite al mese è un'impresa impossibile.
Modelli del mese categoria competizione 1:43: la Mercedes vincitrice al Montecarlo nel 1960 (Spark) e la Tyrrell a 6 ruote di TrueScale.
Secondo bell'articolo, la storia di tre Golf GTI da rally, dal 1979 al 1987 (testo di Philippe Carles, immagini di vari archivi, fra cui Taillade/Echappement). Molte foto inedite, ottime informazioni precise e dettagliate. Ovviamente in Italia è proibito fare cose del genere.
Ottimo, non solo per i rallysti ma per tutti gli appassionati, l'articolo sulle Golf GTI da rally.
Chiude la rivista l'inutile sezione slot, ormai è un fioretto che dobbiamo fare tutti i mesi e ci tocca sopportare 'sta roba.
Comunque buona lettura, il numero è più che accettabile.

15 maggio 2012

Mini Racing cessa la produzione dei kit

Già qualche mese fa Mini Racing aveva annunciato la cessazione della produzione di nuovi kit, continuando la produzione dei modelli in catalogo. Adesso la storica marca francese ha chiuso ogni attività, con la conseguente sparizione anche dei marchi correlati Prestige, Prestige Turbo e MVI.
Un Mini Racing factory built: Ford Capri RS3100.

14 maggio 2012

Paolo Bendinelli e gli 1:24


Quando uno pensa di aver visto già tutto ecco che spunta qualcosa di particolare e/o di eccezionale: con questi due aggettivi si potrebbe definire la collezione di Paolo Bendinelli, della provincia di Pisa, che possiede probabilmente la raccolta più completa di modelli in scala 1:24 prodotti in Italia negli anni d'oro delle varie Martoys, Polistil, Burago. Oltre ad avere tutti gli esemplari in praticamente tutte le varianti conosciute, Bendinelli è riuscito a reperire rarissimi pezzi promozionali, prove di colore o modelli in colori di cui si ignorava l'esistenza o con scatole per mercati specifici, come quello francese o olandese.



Se per altri marchi di modelli obsoleti come Dinky o Corgi si posseggono già informazioni molto dettagliate, anche sulle produzioni più rare, nel caso dei diecast italiani in scala 1:24 ogni ritrovamento può aprire la strada alla scoperta di una storia inedita o quasi. Fra i ritrovamenti più recenti di Paolo vi è una Fiat 126 blu della Polistil con scatola per il mercato francese, la Mercedes della Londra-Sydney prodotta da Burago in una variante blu che si pensava fosse presente solo per errore in una pubblicazione del Rampini e una Lancia Beta Montecarlo di Burago con confezione Martini Racing, realizzata per festeggiare nel 1983... il titolo nei rally! Evidentemente in mancanza di una 037 ci si era accontentati di quello che passava il convento.




Fra le rarità, la serie completa di vetture da Rally prodotte da Burago per il Team Brunik oppure l'intera gamma dei colori della Fiat 500 Rallye della Polistil. In totale sono circa 1600 per una collezione che con tutta probabilità non ha eguali nel mondo. Bendinelli sta lavorando da parecchi mesi a una pubblicazione-catalogo che si annuncia di estremo interesse.

13 maggio 2012

Modellisti di oggi: Simon Antelmi (parte II)


Per il futuro pensi di sviluppare ancora il settore dell’1:43 speciale oppure il settore militare avrà ancora la priorità?

Non ho mai messo vincoli al mio lavoro, vado dove mi porta il mercato, indubbiamente in questi ultimi tempi il modello militare ha ben bilanciato la crisi del settore della F1, questo mi appaga perché premia la mia filosofia “poliedrica “ che ho di questo lavoro, ovvero quella di non fermarsi ad un punto fisso, ma di progredire sotto vari profili, in tutte le categorie possibili, insomma cercare di spendersi il più possibile nel tentativo di non rimanere mai a bocca asciutta. Spero comunque che il settore dell'automodello recuperi il posto che gli compete, anche se la vedo dura per tre motivi, il primo la grande inflazione del fattore cinese che sta saturando il mercato, il secondo: la scarsa cultura in tema di qualità modellistica di cui soffrono molti collezionisti, e terzo ma non ultimo la mancanza di una testata editoriale specifica che si proponga di appoggiare il lavoro artigianale Italiano e non patire la sudditanza psicologica delle grandi ditte diecast. Ho detto italiano perché all'estero sono fin troppo sponsorizzati, le riviste di tutta Europa propongono le realtà più disparate del proprio artigianato mentre qui siamo come al solito vittime delle logiche “all'italiana”..


Pensi che il mancato ricambio generazionale (sia come montatori sia come acquirenti) di cui molti si lamentano nell’1:43 riguardi anche il settore del militare?

Direi che la mancanza di un ricambio generazionale di artigiani e acquirenti sia dovuta al percorso che un giovane fa all'interno della propria adolescenza, oggi i ragazzi sono appagati dal ruolo che hanno di fronte ad uno schermo mentre giocano alla playstation, anche io giocavo al Commodore 64 ma non mi bastava, dovevo “creare” qualcosa per giocare manualmente, ora invece la grafica ha raggiunto livelli straordinari, ed un ragazzino non sente il bisogno di prendersi la briga di montare un modellino della vettura che ha utilizzato giocando a Granturismo perché è difficile anche raggiungere quell'obbiettivo di bellezza che ha visto pochi istanti prima sulla consolle, al massimo lo compra dal tabacchino spendendo pochi euro.
Fiat CR-25 scala 1:72
E così non si generano appassionati e nemmeno montatori, perché la passione rimarrà su quello che offrirà il mercato del videogioco e non quello del modellismo, nel militare è diverso perché montare un carro armato è più semplice, con i nuovi kit short run che si trovano sul mercato a 7 euro al pubblico,  tutti possiamo trovare il tempo di montare un modellino in 1/72, ecco allora che avanza quello che per l'automodello non esiste ne per volontà produttiva, ne per offerta commerciale e cioè il COMPRA, MONTA ,GIOCA... basta vedere il rapporto di forza tra modellismo militare e auto ai concorsi nazionali che animano le domeniche di vari appassionati, se il settore del militare conta 100 pezzi esposti, di auto se ne vedono al massimo 10…


Cosa ne pensi della scarsa attenzione di certi montatori cosiddetti “top” dell’1:43 che non smettono mai di cadere sulle bucce di banana di una scarsa documentazione? Mi pare che ci sia molta più disattenzione rispetto all’ambito militare o anche a quello fermodellistico.

La disattenzione spesso è figlia della fretta, penso che sia un male comune che troviamo nei vari aspetti del modellismo, non è settoriale; va detto che i modellisti militari, siano essi aeroplanari, carristi o figurinisti possono contare su pubblicazioni specifiche e monografiche stupefacenti, cosa neanche lontanamente paragonabile a chi deve sostenere il montaggio di un automodello, anche i modelli militari più remoti hanno trovato fiumi di inchiostro e decine di fotografie pronte a supportare il modellista nella sua opera riproduttiva; questo la dice lunga sulle scelte editoriali delle case editrici. Sta sempre comunque all'acquirente avere nozioni tecniche tali da giudicare in tempo reale se un modello risulta più o meno piacevole, il montaggio di un vetro o di un fanalino, la posizionatura delle decal, la verniciatura, l'assetto sono tutte variabili che un buon collezionista non può trascurare al momento dell'acquisto... poi siamo tutti esseri umani, sbagliare è nella nostra natura, basta non perseverare negli stessi errori.


Nell’1:43 quali sono i soggetti che ti affascinano di più?

Per tre anni e mezzo ho corso nei rally come navigatore, e mi sono tolto delle belle soddisfazioni, il rally mi è rimasto nel cuore e mi piacerebbe enormemente proporre vetture che hanno fatto la storia di questo fantastico sport, e sarei felicissimo di poter realizzare qualcuna di questi colossi della velocità per me o per il pubblico nella scala 1/43, del resto ho in studio un Renault 5 Turbo della Norev che voglio smontare completamente per riproporre la vettura che mi regalò il primo posto di gruppo al “Minisanremo 2002” (ma questa è un'altra storia, e un'altra scala!!).
Coppia di Fiat 626 di DOC Model in scala 1:72, profondamente elaborati e migliorati. Se qualcuno ha visto il kit DOC Model capirà sicuramente quanto lavoro sia stato fatto su questi due modelli.

A parte Angelo, a quale altro montatore ti ispiri? C’è qualcuno che ammiri in particolare?

Mi piacciono molto i modelli di Roberto Quaranta, ho ammirato molte sue realizzazioni postate su Facebook; chiaramente, conoscendo di persona Vincenzo Bosica, non posso non essere affascinato da tutto ciò che crea e che ha creato, più complessivamente quando sono alle manifestazioni di settore mi fermo quando passo davanti ad un tavolo o vetrina dove vedo esposte cose ben fatte, non importa di cosa si tratti, aereo, auto, moto, o altro… mi fermo a guardare se il modello cattura la mia vista e la mia curiosità, penso sia questo il leit motiv che ogni modellista dovrebbe avere.


Puoi anticipare qualche progetto nell’ambito dell’automodellismo?
Per il mio futuro modellistico vorrei affacciarmi al mondo dei rally, ma credo di non avere il tempo materiale per riuscire anche in questo, sicuramente continuerò sulla F1 (Tameo) con i grandi classici del passato, campioni del mondo, piloti Ferrari etc. etc., almeno fin che terrà il mercato, se le necessità dovessero richiederlo penso che mi “butterò” solo su modelli apribili e superdettagliati, il tutto per cercare di difendersi sempre e comunque dall'orda asiatica.

N.d.r.: per altre foto e un ulteriore approfondimento sul lavoro di Simon e Angelo Antelmi, invito i lettori a visitare il loro sito ufficiale: http://www.antelmimodels.com/

12 maggio 2012

Modellisti di oggi: Simon Antelmi (parte I)

Non si esagera certo a definire Simon Antelmi uno dei migliori modellisti dell'ultima generazione. Figlio di Pierangelo, conosciutissimo a chi si dedica all'1:43, Simon è una felice sintesi fra modernità e tradizione e ha il non comune pregio di conoscere a fondo le tecniche del "militare", settore nel quale ha ottenuto già numerosi riconoscimenti a livello internazionale. In questa intervista, Simon affronta alcuni temi di grande attualità, parlando di tecniche, di tendenze e di mercato. La seconda parte dell'intervista la leggete qui: http://grandiepiccoleauto.blogspot.it/2012/05/modellisti-di-oggi-simon-antelmi-parte_13.html

Puoi descrivere la tua formazione modellistica, anche in rapporto ai tuoi studi artistici?

La mia formazione modellistica inizia intorno ai dieci anni, ho iniziato a modellare grazie alla presenza di mio padre, anche se ho realmente incominciato con le miniature fantasy ai tempi del liceo, non mi ha mai insegnato nessuno, anche perchè mio padre non si è  praticamente mai occupato di figurini in scala anche se ha toccato quasi tutti gli estremi delle varie categorie. La possibilità di aver frequentato dapprima il liceo artistico, e poi l'accademia di belle arti di Genova ha sicuramente influenzato il mio modo di fare modellismo, dai figurini sono passato ai mezzi militari con una breve parentesi degli aerei, intanto grazie agli approfondimenti tecnici appresi a scuola imparavo la struttura dei colori, i rapporti di contrasto, la complementarietà delle tinte e così via.
Figurino comandante esercito di Annibale

Uscito dall'accademia ho intrapreso dapprima la strada del restauro/decorazione, per poi approdare nel laboratorio di ricerca e sviluppo di un grosso colorificio genovese; ho avuto modo quindi di approfondire il tema del colore sia dal punto di vista artistico, ma soprattutto sotto la forma strutturale e chimica dei prodotti vernicianti, dai sistemi di protezione per facciate di palazzi storici sino ai prodotti poliuretanici, usandoli fino a conoscerne le possibili applicazioni più disparate.

Esperienza che mi è valsa in chiave modellistica, perché conoscere ciò che si applica significa saper ottimizzare le vernici in qualunque campo. Poi sono diventato modellista per professione, prendendo le redini di un lavoro che per tanti anni passati aveva gestito mio padre, lui si è sempre occupato di automodelli scala 1/43, per i quali ci vuole un approccio particolare, differente da altri tipi di modellismo statico. Non nascondo che fu un trauma perché l'automodellismo ha le sue regole, spesso ferree, ma mi abituai con le Formula 1 Tameo, prima con quelle uscite negli anni ottanta, poi piano piano modelli più complessi, quasi sempre Ferrari per esigenze di mercato, sino ad oggi dove mi alterno tra automodellismo F1 e militare.



Quanto ha influito Angelo su questa passione per il modellismo?

Naturalmente avere un riferimento in casa ti porta per questioni ovvie a condividere passioni e hobby, è difficile che in una ipotetica casa di milanisti il più piccolo tifi Inter, in casa mia il modellismo è stata la ragione di vita di tutti, anche di mia madre che pur non avendo mai preso in mano una lima o una pinza è perfettamente in grado di esprimere un giudizio competente su un  modello montato.

Hai guadagnato molta notorietà come specialista del “militare” ma hai già un’esperienza nel campo dell’1:43. Quanto ti ha insegnato il montaggio dei kit in plastica nell’assemblaggio dei kit speciali in scala 1:43?

Il successo ottenuto ai mondiali di Svizzera 2011 nel settore dei mezzi militari mi ha procurato molto lavoro, oltre a consolidare la fiducia riposta in questo settore. Tra il kit in plastica tradizionale e quelli in metallo in 1/43 le differenze sono molteplici, ma tutto sommato i metodi di approccio sono gli stessi, la precisione nel montaggio premia sempre; Le differenze, sostanzialmente, stanno nelle finiture estetiche della vernice, ma evitare colature di colla o curare l'assetto di un mezzo vale tanto per una formula 1 quanto per un mezzo blindato.



Nel modello 1/43 spesso bisogna metter mano alle fusioni per liberarle da difetti tipici del metallo come bolliture superficiali, pezzi non sempre coincidenti in maniera esemplare, per esempio bisogna forare gli alloggiamenti delle sospensioni e le testate dei motori per una Formula 1 (operazioni di routine), problema che non sussiste per un kit in plastica, dove, di conseguenza, sei portato naturalmente ad un lavoro di dettaglio maggiore data la facile lavorabilità dei materiali. In ogni caso malgrado siano due mondi piuttosto distanti tra loro entrambi forniscono spunti di riflessione e margini di miglioramento assolutamente condivisibili.

Questi due mondi sembrano (a torto o a ragione) piuttosto lontani fra loro; quali tecniche si potrebbero importare nell’1:43 e con quali risultati?

Sono realtà diverse tra loro, è vero, ma ultimamente nel settore militare ha preso campo la modulazione cromatica basata sui principi della luce zenitale, ovvero aiutare a creare contrasti tonali utilizzando sfumature di luce metodiche dal basso verso l'alto, non è chiaramente possibile utilizzare questo procedimento sulla carrozzeria di una GTO, ma sicuramente gli interni di una vettura potrebbero beneficiare moltissimo in termini estetici rispetto ad una classica verniciatura alla nitro, basti pensare ai sedili in cuoio ad esempio, e alla loro potenziale resa estetica se fossero realizzati con colori ad olio opportunamente diluiti da essenza di petrolio per smorzarne la lucidità, un esperimento che ho  felicemente portato a termine nell'esecuzione della pittura di stivali di un soldatino in 75 mm raffigurante una guida scout indiana.
Bianchi Miles (I)

Bianchi Miles (II)

Naturalmente si tratta della punta dell'iceberg, pensiamo a cosa potremmo ottenere utilizzando tecniche di lavaggio con colori ad olio dispersi in acquaragia applicati su un motore di una gran turismo dei tempi d'oro, funziona sul  motore di un modello di caccia moderno, non vedo come possa “danneggiare” la resa estetica di un 12 cilindri degli anni sessanta, del resto, se escludiamo gli ultimi anni di corse, io non ricordo di aver mai visto motori “puliti”, chiaramente stiamo parlando di dosaggi razionali riportati alle esigenze di un automodello, lasciarsi prendere la mano sotto questo punto di vista non è mai conveniente.

C’è anche una differenza di approccio fra i due settori. Ci potrebbero essere dei punti di contatto, anche nelle “filosofie” di montaggio, di scelta di materiali, di tecniche di realizzazione di certi particolari?

Da un punto di vista costruttivo le opzioni sono molteplici, ma credo che il problema dell'automodello consista nell'essersi arenato alla semplice esecuzione e celebrazione di se stesso, se guardiamo i grandi modellisti europei del militare troviamo che sono tutti capaci di dipingere figurini che  si vanno ad integrare con il mezzo in questione, se vado a vedere le realizzazioni di figurini fatti da nomi eccelsi dell'automodellismo europeo spesso mi rendo conto che queste persone non sono mai andate al di là dell'esecuzione di un automodello, e di conseguenza mostrano tutti i limiti del caso quando si trovano a dipingere il volto di un pilota oppure ad interpretare con un pennello le pieghe della tuta da gara.
Cansa CF20 in 1:72

Ci troviamo così di fronte ad un modello realizzato magnificamente affiancato da un figurino fortemente penalizzante che rovina la visione totale del pezzo (magari perché il volto del pilotino non ha nulla di umano e ci sembra più che altro una scultura futurista!!).