31 ottobre 2016

Solido e la Porsche 924 Turbo: un approfondimento storico

Le due varianti di colore della Porsche 924 Turbo
di Solido (n.1051) fotografate su una cartella stampa
originale Porsche che celebra i 50 anni di attività.
Il nuovo corso della Porsche, rappresentato dalla generazione di vetture con motore anteriore, cambio centrale e naturalmente trazione posteriore, dovette affascinare non poco Solido, che nel 1977 riprodusse la 928, che era il modello di punta della serie alternativa alla 911. La "piccola" di questa generazione, la 924 non fu però trascurata dalla marca francese, che scelse la versione Turbo, probabilmente per il maggior richiamo pubblicitario di questo tipo di motorizzazione fra la fine degli anni settanta e i primi ottanta.

La 924 Turbo di Solido uscì nel febbraio-marzo 1980, e si trattava di un ottimo modello, facente parte della serie 1000, importante perché destinata a chiudere la grande era della Solido. Per ritrovare modelli della stessa qualità sarebbe stato necessario attendere ben otto anni, con la serie Hi-Fi. Ma torniamo alla 924: solo due le colorazioni disponibili, verde oliva metallizzato con interni beige e grigio scuro metallizzato con interni rossi.
Le due Porsche 924 Turbo di Solido su una foto originale
Porsche che ritrae un esemplare (aspirato...) presso il porto
della Grande Motte, luogo della presentazione ufficiale.
Questo nonostante la pubblicità che preannunciava il modello, con una vettura reale in rosso. La 924 Turbo uscì più o meno contemporaneamente alla Peugeot 504 Coupé V6. La 924 Turbo della serie 1000, con la caratteristica scatola nera e interno giallo, rimase in produzione fino al 1982 e ufficialmente non venne mai importata in Italia, come altri modelli che i collezionisti cercavano con grande accanimento, dalla BMW M1 (n.1031) alla Porsche 935 (n.1032), dalla Volkswagen Scirocco Gr2 (n.1059) alla Toyota Celica Rally (n.1094).

Il fondino della 924 Turbo n.1051 era in zamac.
Altri tempi, in cui gli appassionati prendevano il treno o la macchina e andavano a Mentone a comprare questi modelli, oppure se li facevano prendere confidenzialmente da un commerciante di fiducia come Paolo Tron.

Azzeccato il profilo elegante della 924, con cerchi realistici
che riproducevano bene quelli in lega con "falsi raggi" della vettura vera.
La 924 Turbo riapparve nella serie 1300 a partire dal 1983, seppure in configurazione semplificata, non più in grado di accontentare del tutto le esigenze dei collezionisti.
Il modello della serie 1323 (a destra) appare abbastanza semplificato
rispetto al 1051: stesse linee riuscite, ma diverse concessioni
all'economia di produzione...
...come i fari non più riportati, ma stampati tutt'uno con la
carrozzeria. I collezionisti non ne furono certo entusiasti.


Ruote veloci di brutta fattura, gruppi ottici non più riportati ma stampati nella carrozzeria, pianale economico in plastica al posto dell'originale che era in zamac rivelavano un ridimensionamento del prezzo ma anche della qualità generale.
Gli interni rossi si abbinavano con la carrozzeria in grigio scuro,
mentre la verde aveva interni beige. Entrambe le colorazioni erano
metallizzate.
Col numero di catalogo 1323 il modello restò in produzione fino al 1988, l'ultimo anno della serie 1300, in vari colori e a volte con adesivi poco realistici.
Il fondino della serie 1300, ormai in plastica. La data di produzione
non cambia, ma cambia il numero di catalogo.

A sinistra, la caratteristica scatola della serie 1000; a destra la scatola
della serie 1300. Entrambe le scatole sono state fotografate senza l'interno.

30 ottobre 2016

Alla ricerca di un senso della collezione Dinky Atlas

 
In un altro post del blog avevo già parlato della nuova collezione Atlas Dinky per l'Italia, focalizzandomi sulla Fiat 600D. Da qualche giorno è uscito il quarto modello, la Morris Mini Traveller e fra un paio di settimane toccherà alla Citroen 2CV. Non c'è dubbio che la collezione Atlas abbia fatto molto parlare di sé, e pur non conoscendo i dati delle vendite, che sarebbero decisivi per farsi un'idea realistica del gradimento, l'uscita di questa serie sta quantomeno provocando diversi commenti e discussioni. Non so quanto questi modelli possano essere inclusi nell'ormai consolidato filone del new vintage oppure essere relegati alla semplice classificazioni di semplici repliche senza alcun valore collezionistico. Probabilmente la verità sta in un qualche punto nel mezzo. Una domanda che mi pare interessante è scaturita da una discussione nel forum automodellistico della Duegi: l'apparizione di collezioni come questa potrà avere delle conseguenze sulle quotazioni dei modelli originali?
A mio parere no. Cerco di spiegare perché, aggiungendo alcune annotazioni personali:

1) I modelli Dinky Atlas in Italia costano circa 15 euro, dopo un periodo di lancio a prezzo ridotto, come di costume in queste serie. L'obiettivo è chiaramente quello di rivolgersi a collezionisti dai mezzi economici limitati, i quali ben difficilmente andrebbero a cercare degli originali in condizioni perfette, che in molti casi costano diverse centinaia di euro.

2) A chi si rivolge questa collezione? Agli adulti che negli anni cinquanta e sessanta erano bambini? A collezionisti invece nati dopo che così potranno iniziare a interessarsi al mondo degli obsoleti? In realtà diversi collezionisti giovani o non ancora anziani che vogliono spendere poco vanno alle borse in cerca di modelli magari senza scatola o con qualche piccolo difetto, pagandoli un prezzo basso - basta cercare nei posti giusti. I nostalgici dell'automobilina della loro infanzia penso che cerchino l'originale, a meno di non avere alcuna idea dell'esistenza di borse di scambio, di eBay e di alcuni negozi specializzati ancora presenti sul territorio.


3) Sappiamo bene che le quotazioni dei Solido più rari (soprattutto i Serie 100) subirono un ridimensionamento a causa delle uscite a raffica dei vari Sport Cars, Verem, nuovi Solido e compagnia bella. Ma il caso era diverso; molti collezionisti acquistavano a prezzi alti i vecchi Solido perché interessati al tipo di auto e non al suo significato storico in quanto modello. Per uno che doveva elaborare una Porsche 917, non vi era naturalmente alcuna differenza fra il Solido originale e lo Sport Cars degli anni ottanta, che costava un quarto della quotazione del primo.

4) Marchi come Dinky e Corgi hanno già avuto repliche in passato (non s'inveenta mica niente!) senza che per questo le quotazioni degli originali subissero flessioni minimamente significative. Gli Atlas attuali sono delle repliche lontane di quei modelli degli anni cinquanta e sessanta, repliche che potremmo considerare più soprammobili che altro. Repliche realizzate non da stampi originali (com'erano invece i "nuovi" Solido citati al punto 3) perché questi sono andati praticamente tutti perduti.

5) Si dice che l'arrivo di una collezione come Atlas Dinky possa contribuire a far nascere l'interesse di nuovi collezionisti, così come una generazione di modellisti giovani sarebbe stata favorita dai modelli da edicola, da elaborare e trasformare così come gli "anziani" facevano con i Solido e con i transkit. E' una teoria tutta da dimostrare. Dubito che qualcuno si scopra collezionista dopo aver acquistato la Fiat 600D o la Morris Mini Traveller dell'Atlas. Al massimo, ripeto, andrà a cercarsi l'originale in qualche mercatino, pagandolo non più di 30 euro per avere qualcosa di "vero" ma in condizioni povere.

In ogni caso il fatto che Atlas sia sbarcata definitivamente anche in Italia dimostra che una seria considerazione di marketing è stata perfezionata, dando prospettive teoricamente positive per lo sviluppo della collezione. Certo, calcolando quanto verrà a costare a un "collezionista" l'acquisto dell'intera collana, verrebbe da suggerirgli di armarsi di pazienza e di dare la caccia a tre o quattro pezzi seri, magari appoggiandosi a qualche specialista rinomato di livello europeo. Settanta uscite quindicinali danno un totale di € 1031,30 (a meno che l'IVA non aumenti ancora) tenendo conto dei prezzi ridotti delle uscite inaugurali - la prima € 3,99 e la seconda € 9,99.

29 ottobre 2016

Rassegna stampa: Modelli Auto n.125 (terzo trimestre 2016)

Recensiamo con un po' di ritardo il terzo numero dell'anno di Modelli Auto, il cui principale motivo d'interesse è uno speciale su Vincenzo Bosica, incontrato dal sottoscritto nel corso dell'estate 2016; a complemento dell'intervista vi è poi un lungo articolo di Valerio Comuzzi che si focalizza maggiormente sui modelli, potendosi poggiare su due o tre collezioni private di personaggi particolarmente vicini al modellista abruzzese.
Un numero, questo dell'autunno 2016, che non trascura la tecnica, con due articoli, uno dedicato ad una radicale trasformazione di una Ferrari 308 Off-Road su base Arena di Stefano Adami, l'altro un bel montaggio di Alessandro Prini della Tyrrell 003 di Ebbro in scala 1:20. C'è anche molto altro, dalle consuete schede fotografiche (Porsche RS Spyder 12h Sebring 2007 e Oreca FLM-09 12h Sebring 2010) alle numerose e dettagliate recensioni, a una collezione di BMW M1 1:43 vista con un occhio particolare da Umberto Cattani fino alle pagine delle infonews, da leggere con attenzione. Appuntamento a dicembre con l'ultimo fascicolo di quest'anno.

28 ottobre 2016

Si fa presto a dire BB: Solido e una Ferrari degli anni settanta

Forse non il miglior modello della Solido degli anni settanta,
ma sicuramente un soggetto di grande fascino: la Ferrari
365 GT/BB.
Dopo la celeberrima Serie 100, Solido continuò a sfornare prodotti industriali eccellenti con altre serie che occuparono tutti gli anni settanta e una parte degli anni ottanta. Tecnicamente, fra i modelli della Serie 100 e le realizzazioni successive (Gam) non esistono sostanziali differenze; Solido continuò a sfruttare in modo intelligente i molti brevetti registrati e le proprie avanzate tecniche di realizzazione dando la possibilità ai collezionisti di mettere in vetrina diversi soggetti che altri marchi in piena decadenza come Dinky e Corgi si sognavano di riprodurre. Gli standard erano molto alti per l'epoca, prova ne è che diversi modelli hanno avuto una vita lunghissima, continuando sotto marchi più o meno vicini alla Solido.

La Ferrari 365 GT/BB è una delle vetture-simbolo degli anni settanta e modellisticamente è importante perché segna il debutto - nel settore degli speciali - del marchio AMR; quasi contemporaneamente all'AMR, Solido fece uscire la propria interpretazione della BB. Fra l'ottobre e il novembre 1976 fu dunque disponibile la BB del produttore francese, che arrivò nei negozi insieme a un'altra novità abbastanza attesa, la Renault 14, utilizzata anche dalle boutique Renault come promozionale.
La BB di Solido è stata commercializzata solo in due colorazioni:
giallo e rosso.
La BB Solido era un tipico prodotto del marchio e per la riproduzione delle numerose parti in nero beneficiava anche di un'introduzione abbastanza massiccia della plastica, cosa che fece storcere il naso a qualcuno. In realtà trovo che il modo in cui le varie prese d'aria e altre parti nere sono riprodotte sul modello Solido non abbiano assolutamente niente da invidiare alla migliore produzione dell'epoca. La parte inferiore, pure nera, era invece stampata in pezzo unico col fondino, con un buon effetto di realismo.
Il fondino, così come la scatola, non riporta il numero della
sigla ma solo le due lettere BB, "Berlinetta Boxer".

Normalmente la Solido era abbastanza generosa quanto alla scelta dei colori: per la BB, invece, non fu poi tanto originale, se le uniche due tinte in commercio furono il classico rosso Ferrari e il quasi altrettanto classico giallo. Punto e basta. Niente grigio metallizzato, niente nero, che avrebbe donato molto alle linee della BB. Gli interni furono solo bianchi.
Il frontale della BB, allo stesso tempo elegante e aggressivo,
è stato ben catturato dalla Solido.

La BB fu commercializzata nelle due scatole a vetrina ben conosciute negli anni settanta, quella nera e quella arancione. Si conoscono alcune piccole varianti di produzione, come l'alternanza motore cromato - motore alluminio o vetri trasparenti - vetri leggermente azzurrati, ma a differenza di quanto afferma Bertrand Azéma nei suoi scritti, non credo che queste varianti possano essere collegate automaticamente all'uno o all'altro tipo di scatola. Azéma accenna anche a una serie limitatissima, non commercializzata, in nero, con le plastiche in colore arancio, giallo o bianco. Non ho mai visto uno di questi modelli e mi piacerebbe molto vederne uno.
Indubbiamente la BB gialla ha la sua eleganza.
Molti rimpiangono una versione nera.

Nel 1980 lo stampo della BB venne modificato per ottenere la versione competizione della 512BB che aveva preso parte alla 24 Ore di Le Mans del 1978: ne venne realizzata una referenza nella serie dei kit (art. 5044), in una confezione doppia che permetteva la realizzazione di due vetture, la numero 87 e la 88.
Nel kit, la 365 GT/BB diventò 512 BB.

La BB stradale n.44 continuò la propria carriera come Solido Gam fino al 1981. Come detto, avremmo rivisto questo modello in diverse salse tra la fine degli anni ottanta e i primissimi anni duemila. Ma ovviamente quella classica resta la prima produzione uscita nel '76. Abbiamo voluto rendere omaggio a questa Ferrari prodotta da Solido, da molti considerata un'erede poco degna di magnifiche realizzazioni in tema di vetture sportive della casa francese quali la Daytona, la Maserati Indy o l'Alfa Romeo Carabo. La BB è invece un modello molto più che decoroso, dalle forme azzeccate che avrebbe forse meritato qualche colore in più per essere valorizzato a dovere.
La riproduzione del motore, anche se sommaria, è più che dignitosa.

26 ottobre 2016

La Fiat 131 Abarth del Sanremo '78 e qualche sfondone: su una recente uscita Ixo

Quando Ixo annunciò qualche mese fa la Fiat 131 Abarth Gr4 di Pasetti/Barban del Rally Sanremo 1978, furono molti i collezionisti a prenotarne un esemplare. Sì, perché questo genere di soggetti è particolarmente intrigante: vetture private, normalmente partecipanti a campionati nazionali o al massimo europei, in versione di un rally mondiale. Così la 131 di Pasetti, dai colori dei Concessionari Fiat Veneti, rappresenta un bocconcino prelibato. Uscito il modello (numero di catalogo RAC205), un po' di delusione è emersa. La base Ixo è valida, anche se personalmente ho sempre preferito il Trofeu; purtroppo questo marchio ci ha spesso lasciato con un po' d'amaro in bocca, soprattutto per alcune banali sviste, tipiche della produzione cinese: ed è un peccato perché spesso queste sviste coinvolgono dettagli che per gli appassionati sono importanti e che guastano poi l'intero modello perché riguardano certe sue peculiarità tipicamente nazionali.
 

Stavolta chi si è occupato delle molte scritte presenti sul modello ha frainteso lo sponsor Benning (abbigliamento) che appariva spesso sulle vetture e sulle tute dei piloti in quegli anni. Le scritte sulla parte anteriore dell'auto e sul vetro posteriore sono diventate "Benving".

Un vero peccato, non troppo veniale. Il fascino e l'interesse del soggetto saranno sufficienti a far dimenticare queste... stranezze?

25 ottobre 2016

Un'occhiata a un Top Speed: Ford GT Chicago Motor Show 2015 ingot silver

In uno dei post precedenti si era parlato - ma solo a proposito della mole delle confezioni - di Top Speed, il brand più economico di True Scale Miniatures in 1:18, che a mio avviso merita attenzione. Proponiamo qui una galleria di un modello uscito recentemente, la Ford GT in ingot silver, un ottimo modello in resina con inevitabili semplificazioni, ma dal rapporto qualità-prezzo interessante. Ci occuperemo di nuovo (e meglio) di Top Speed in un prossimo futuro. Nel frattempo ecco una serie di immagini che penso possano rendere un'idea generale del prodotto.













Top Speed in 1:18, quando prevale il buon senso...


Non parliamo dei modelli - pur ottimi - di Top Speed, che com'è noto è un brand particolare di True Scale Miniatures che propone soggetti moderni a prezzi abbordabili in scala 1:18. No, questa è semplicemente una nota per rimarcare come a volte certe case particolarmente sensibili alle esigenze di commercianti e collezionisti siano pronte a modificare alcuni aspetti che sembrano marginali ma in realtà non lo sono per niente. All'uscita dei primi Top Speed furono in molti a rimarcare le dimensioni troppo generose delle scatole. Enormi rispetto, tanto per fare un esempio, agli omologhi Spark e Minichamps nella stessa scala e in assoluto troppo grandi, con conseguenti problemi nelle pratiche di imballaggio negli scatoloni e anche negli invii singoli. Ecco quindi che dalle referenze successive si è deciso di... far dimagrire le confezioni, che restano abbastanza grossotte, ma che ora sono più facilmente gestibili!

16 ottobre 2016

Lancia Delta HF Integrale 16V di Tomica Limited Vintage: tradizione in 1:64


Tomica è uno dei marchi più prestigiosi nel mondo dei diecast giapponesi, con una produzione enorme che spazia da giocattoli veri e proprio a modelli destinati ai collezionisti. La linea di modelli più dettagliati si chiama Limited Vintage ed è nella scala 1:64, che in Giappone, ma anche negli Stati Uniti trova molti seguaci. Di tanto in tanto nella gamma Tomica Limited Vintage, composta per la maggior parte da vetture giapponesi, avevano fatto capolino soggetti europei, e ora pare che la tendenza sia proprio quella di ripescare soggetti del vecchio continente, in particolare italiani, soggetti dotati di un fascino e di un'importanza storica particolari.

Dopo le Giulia GT, Tomica è uscita con un modello della Lancia Delta HF Integrale 16V, cui seguiranno presto - udite udite - alcune versioni della Fiat Panda seconda serie. Ma veniamo alla Delta Integrale: già disponibile in due colori, rosso e nero, è annunciata anche nel classico bianco.

Abbiamo occasione di recensire un esemplare in rosso (catalogo LV-N130). Se fra gli 1:64 sono arrivati già da tempo i resincast, i modelli Tomica sono dei diecast tradizionali, e scordatevi tutte quelle semplificazioni che spesso hanno fatto di questa scala qualcosa di minore e di più giocattolesco. Certo, marchi come Minichamps e Spark ci hanno provato ma a quanto mi risulta non si è trattato di grandi successi commerciali.

Sulla storia Delta Integrale è inutile dilungarsi troppo; Tomica ha scelto la versione 16V (1989) che esteticamente si contraddistingue per la vistosa gobba sul cofano motore con nuove prese d'aria.

Il modello presenta diverse raffinatezze per questa scala, come tutti i fari riportati, specchietti retrovisori (stampati insieme alla carrozzeria), tampografie a simulare guarnizioni e loghi.

Come i giapponesi sono gente ligia al dovere, il modello Lancia è dotato di licenza ufficiale, con tanto di etichettina incollata sulla scatola. Beh, anche la scatola è molto "giapponese", non lontana dallo stile che tanti collezionisti avranno apprezzato fin dai primi anni ottanta con i vecchi Diapet e altri marchi.


La carrozzeria in diecast è fissata al fondino, pure in metallo, mediante due rivetti. E' tutto molto pulito e ben fatto (made in China, tanto per cambiare).

La calandra è un piccolo capolavoro, col suo profilo cromato: peccato manchi il logo HF all'interno; logo che comunque è presente sulle fiancate. Il modello è dotato di molleggio. Molto belli i cerchi, su cui sono montati degli pneumatici di buon realismo. Gli interni, tutti neri, sono in plastica, molto ben riprodotti.

Altri piccoli tocchi come la serratura tampografata dello sportellino della benzina, i tergi tampografati e non stampati "all'antica" nella plastica del vetro e i realistici terminali di scarico fanno della Lancia Delta Integrale di Tomica un modello simpatico e con molto appeal.
 In Europa trovare questi Tomica Limited Vintage non è facile, ma due o tre grossi negozi on-line giapponesi assicurano un ottimo servizio e una consegna rapida con prezzi accettabili. Su un sito come Hobby Link Japan questo modello è disponibile a poco meno di € 18,00. Il blog si occuperà presto anche della Panda, annunciata proprio per ottobre.