30 novembre 2019

Spark, il cerchio blu e la BMW 3,2 CSL Gr5 Turbo: una cantonata o un colpo da maestro?

All'inizio del 1976 la BMW sviluppò una versione speciale della CSL Gruppo 5, adottando una motorizzazione turbocompressa da 3200cc con una potenza da 750-800 cavalli. Questa unità, siglata M49/4, fu utilizzata soltanto a Silverstone, Le Mans e Digione. Il debutto avvenne in Inghilterra nella gara valida per il Mondiale Silhouette Rispetto alle precedenti configurazioni la vettura montava cerchi posteriori da 19", mentre l'aerodinamica derivava dallo sviluppo massimo della Gruppo 2 di metà 1973, ma con spoiler anteriore e ala posteriore modificate. Con la coppia di piloti svedesi Ronnie Peterson e Gunnar Nilsson, la BMW 3,2 CSL Turbo Gruppo 5 si comportò bene in prova, ma in gara ebbe problemi di meccanica. Questa CSL fu poi decorata da Frank Stella e partecipò alla 24 Ore di Le Mans e alla 6 Ore di Dijon. Spark ha appena prodotto nella serie limitata tedesca la vettura in versione Silverstone 1976, quindi ancora con i colori ufficiali BMW Motorsport e non con la decorazione art-car.

Un modello interessantissimo, condizionato però da una stranezza: la parte centrale dei cerchi posteriori colorata in blu. Dove Spark abbia trovato evidenza fotografica di una simile particolarità non è dato sapere. Di foto della vettura ne circolano tante e nessuna prova la presenza della pastiglia centrale blu anziché argento. Vorrei citare una felice frase che Alfonso Marchetta ha scritto su Facebook a commentare questo modello: "Spesso Spark cerca le coupe de theatre, il colpo a sorpresa, prendendo cantonate o scontentando il cliente con allestimenti davvero inguardabili". L'ipotesi più probabile è che chi si è occupato della documentazione sia stato tratto in inganno da qualche riflesso. Speriamo di essere smentiti da qualche foto inequivocabile.

29 novembre 2019

IMSA 1969-1989. The inside story of how John Bishop built the World's greatest sports car racing series


L'uscita del libro di Mitch Boshop e Mark Raffauf sulla nascita dell'IMSA e dei suoi primi vent'anni di attività fino al 1989 è sicuramente uno degli eventi bibliografici del 2019. Qualcosa di simile era stato tentato nel 2001, col volume di John Starkey, Racing with a difference: the history of IMSA, ma i risultati erano stati abbastanza deludenti anche perché l'autore si era limitato a raccontare fatti prevalentemente sportivi e la documentazione iconografica era piuttosto scarna e poco interessante. Questo corposo volume (376 pagine) è tutt'altra cosa: primo perché è stato scritto da chi ha vissuto in prima persona gran parte degli avvenimenti narrati, secondo perché si affronta la nascita e lo sviluppo dell'IMSA (e i suoi legami con SCCA) dal punto di vista economico, organizzativo, politico e sportivo; senza ignorare gli eventi che hanno fatto grande questo campionato (la 24 Ore di Daytona, la 12 Ore di Sebring, ma anche Road Atlanta, Laguna Seca, la Daytona Finale, eccetera) ma inquadrandoli sempre nell'atmosfera del periodo, mettendo bene in evidenza i rapporti fra le varia associazioni, i costruttori, le squadre e i piloti più influenti. 

L'IMSA ha una lunga storia da raccontare, anche sotto l'aspetto delle varie lotte politiche fra costruttori venuti "da fuori" come Porsche e BMW e i marchi locali, in primis Chevrolet, ognuno impegnato a ottenere il massimo dei vantaggi dalla redazione dei regolamenti anno dopo anno. Intorno a tutto ciò, personaggi quasi mitici, alcuni dei quali hanno varcato la soglia della cronaca sportiva per vari fatti non sempre onorevoli, dai due Paul ai fratelli Whittington fino a Randy Lanier. 


Nei ventennio 1969-1989 l'IMSA ha subito almeno due rivoluzioni: la prima, degli anni settanta, con l'arrivo delle Porsche turbocompresse, la seconda col varo della normativa GTP, la versione americana del Gruppo C, che implicò l'impegno diretto di grandi costruttori come Porsche, Jaguar, Toyota e Nissan. Se siete interessati a capire i perché delle cose questo libro fa per voi. Oltretutto esso è ricchissimo di foto, documenti e disegni fino ad oggi inediti. In Italia lo trovate per un centinaio di euro, e non c'è dubbio che li valga tutti. 

Mitch Bishop, Mark Raffauf, IMSA 1969-1989. The inside story of how John Bishop built the world's greatest sports car racing series, Octane Press 2019, ISBN 978-1-937747-89-3.

Come i gamberi parte II: la Maserati Tipo 151/3 di Marsh Models

In un thread di qualche settimana fa mi ero occupato della nuova Ferrari 512S coda lunga Le Mans 1970 di Marsh Models, mettendo in evidenza - purtroppo - la linea completamente errata del padiglione, la forma del finestrino laterale e lo spessore del montante. E' da poco uscito un altro kit molto atteso del produttore britannico, la Maserati Tipo 151/3, di cui nel passato non sono mancati bei modelli, basti pensare all'X-AMR. Sfortunatamente Marsh Models, come nel caso della 512S, ha saputo far peggio, proponendo un modello dalle linee che lasciano interdetti. Guardate la forma dei finestrini laterali per farvi un'idea. Non sarebbe stato meglio copiare quanto di buono si è fatto in passato, visto che non si riesce ad apportare alcunché di costruttivo? Un'uscita di un modello già riprodotto nel passato non dovrebbe costituire un passo avanti rispetto a ciò che c'era prima? Vi lascio con questo interrogativo che riguarda diversi produttori di kit non proprio economici.


Porsche Mobil 1 Supercup: reso noto il calendario 2020


Per la stagione 2020, la Porsche Mobil 1 Supercup rinnova la propria collaborazione con la Formula 1, una collaborazione che continuerà almeno fino a tutto il 2022, dopo la stipula del recente accordo. E' ormai dal 1993 che la Porsche Supercup è parte integrante dei weekend della Formula 1 e per la stagione 2020 è stato perfezionato un calendario di otto eventi più una giornata ufficiale di test che prevede l'aggiunta della pista olandese di Zandvoort. Ecco il dettaglio della stagione 2020:
26-27 marzo: Barcellona, giornata ufficiale test
1-2 maggio: Zandvoort, gara 1
8-10 maggio: Barcellona, gara 2
21-24 maggio: Monte Carlo, gara 3
3-5 luglio: Spielberg, gara 4
17-19 luglio: Silverstone, gara 5
31 luglio-2 agosto: Budapest, gara 6
28-30 agosto: Spa-Francorchamps, gara 7
4-6 settembre, Monza, gara 8

27 novembre 2019

Rassegna stampa: Tamiya Model Magazine International, november 2019 (issue 289)


Il Tamiya Model Magazine International (la versione in inglese), pubblicato mensilmente da Doolittle Media, è apparso diverse volte nelle rassegne stampa del blog. L'ho sempre considerata una lettura piacevole, per molti versi illuminante perché portatrice di orizzonti un po' diversi rispetto ai canoni tecnici che nell'1:43 vanno per la maggiore e che possono essere tranquillamente applicati anche all'automodellismo. Il numero di novembre 2019 ha oltretutto un articolo molto dettagliato sul montaggio del kit della Toyota TS050 LMP1 di Le Mans 2018 da kit Tamiya 1:24. Questi montaggi sono sempre impressionanti per il dettaglio e la precisione. Tutto molto interessante. Se non ché, il Tamiya Magazine mi sembra alquanto peggiorato nel suo aspetto generale. Sulla foliazione (66 pagine attuali) non saprei dire, perché mi mancano le copie del recente passato, ma gli articoli ora hanno molto meno testo e si punta per lo più su foto con didascalie sviluppate, il che è un'ottima scelta in presenza di un corpo dell'articolo adeguato, ma da sola, come soluzione, non è molto valida. Peccato. E' tutto un po' più superficiale e meno britannico. Vedremo in futuro che strada prenderà questa rivista molto seguita a livello internazionale.

22 novembre 2019

Le Mans '66, la grande sfida: due righe di commento

Ho sempre pensato che fare film sulle storie di sport sia molto complicato perché lo sport stesso propone storie così intense che non c'è bisogno di fiction per raccontarle. I film sull'automobilismo, sullo sport automobilistico, sono piuttosto comuni e sono tutti per lo più banali e noiosi, incluso il tanto osannato Le Mans con Steve McQueen.

Gli ultimi due, Rush e Le Mans '66 appena uscito, sono forse un'eccezione. Rush mi piacque, nella sua semplicità ma anche nella sua sostanziale unità. Le Mans '66 è qualcosa di più complesso. Ormai ne leggete a decine, di recensioni, e non c'è bisogno che mi metta ad analizzarlo in modo dettagliato. E' forse troppo presto. Posso però dire come il film non debba essere letto: non è un documento storico attendibile al cento per cento. Ho sentito appassionati (che in questi casi si trasformano in dei pedanti di prima categoria) criticare questo o quel particolare storico sulla Ferrari 330 P4, sulla Ford MkII o su chissà cos'altro. Se cercate questo tipo di cosa compratevi un libro con le foto o andate a cercare i filmati della Duke o dell'istituto INA. Non è questo un approccio corretto a un film che deve andare nelle sale cinematografiche di mezzo mondo, a gente che tra poco neanche sa cosa sia Le Mans, figuriamoci una Ferrari 330 P4 o una Ford GT40. Un film come questo deve trasmettere un messaggio. Molti film di tal genere falliscono perché appunto non hanno messaggi da passare. A mio parere la bellezza di questo film sta nell'essere riuscito a ricostruire una sfida, ma che paradossalmente non è forse tanto la sfida tra Ford e Ferrari, ma quella fra tecnici e piloti col mezzo meccanico. Nell'automobilismo il primo avversario è il limite della macchina. Ed è forse in questa chiave che va letto il film. E' una guerra col mezzo meccanico, una diuturna lotta con la vulnerabilità e la genialità delle trovate tecnologiche. L'amore per la guida e per la meccanica passa in filigrana tutta la pellicola che - sia detto per inciso - scorre più che bene nonostante le due ore e mezzo di proiezione. Contemporaneamente si dipana la storia principale, che non è tanto il duello fra Ford e Ferrari quanto la vicenda di un'amicizia fra due uomini straordinari, Carrol Shelby e il suo pilota Ken Miles. Per il pubblico dei non addetti, un'occasione per uscire dai soliti luoghi comuni alla Days of thunder o alla Michel Vaillant, tanto per fare un esempio; per gli esperti, l'opportunità di capire meglio il ruolo che certi personaggi hanno avuto sull'automobilismo americano degli ultimi cinquant'anni. Un'eredità che se entri in un circuito come Sebring, Laguna Seca o Road Atlanta, puoi respirare ancora oggi. E se un film ti dà l'occasione di parlarne, allora significa che ha raggiunto il suo scopo.

20 novembre 2019

Le prime Formula 1 in 1:43 di GP-Replicas: previste le Ferrari 312 B3, la 312 T2 1977, la F1/89 e la 641/2

Fra marzo e aprile 2020 usciranno i già annunciati primi modelli di Formula 1 in 1:43 di GP-Replicas. Già nelle scorse settimane ne avevamo dato notizia nel blog e ora il produttore ha diffuso maggiori dettagli sulle vetture e sulle versioni. A giudicare dalle immagini, alcuni modelli sono decisamente validi, altri meno. Ovviamente, prima del lancio ufficiale, i produttori tengono sempre a precisare che si tratta di preserie, che alcuni dettagli saranno cambiati e cose di questo genere. Diffidate sempre da questo tipo di annuncio. Nella stragrande maggioranza dei casi, quando un modello viene fotografato e diffuso alla stampa, si tratta dell'esemplare definitivo che il committente non potrà più cambiare, pena un aumento notevole dei costi, ammesso che sia ancora tecnicamente possibile. Il prezzo al pubblico di questi nuovi resincast 1:43 sarà di € 80,90. Alle Lancia Delta Integrale in uscita abbiamo dedicato ugualmente un recente articoletto sul blog, mettendo in evidenza quello che a nostro avviso squalifica quasi del tutto il modello, prescindere dall'interesse storico, dal dettaglio e da quanto di buono ci si possa sforzare di mettere: i vetri laterali plotterati che sono quanto di più antiestetico, non solo su modelli più grandi in 1:18 e in 1:12, ma anche sugli 1:43, dove già questa soluzione posticcia denuncia tutti i suoi limiti.
Ecco l'elenco delle uscite:
Ferrari 312 B3 1974 Lauda e Regazzoni
Ferrari 312 B3 GP Spagna 1974 Lauda
Ferrari 312 T2 1977 Lauda e Reutemann
Ferrari F1/89 1989 Mansell e Berger
Ferrari 641/2 1990 Prost e Mansell









Auto Motor und Sport, un'alternativa decente alla dilagante mediocrità?

Delle riviste italiane di automobilismo parlo poco. Del resto, ormai, i vari mensili, a cominciare dal decano Quattroruote, per poi continuare con Automobilismo, Auto, Al Volante e compagnia cantata, non offrono che materiale di scarto, pieno di redazionali e infarciti da listini di cui ormai nessuno sa più cosa fare. Si salvano forse le riviste di stampo britannico, come Evo e Top Gear, ma proprio perché derivate e tradotte direttamente dalle edizioni inglesi. A questo punto, però tanto vale andare a cercare gli originali, a meno che non abbiate problemi oggettivi con le lingue, come la stragrande maggioranza degli italiani. Un recente viaggio in Germania mi ha fatto ricomprare, a distanza di anni, un grande classico di quella parte d'Europa, Auto Motor und Sport (AMS). Una rivista di grande tradizione, quindicinale, edita dalla Motor Presse Stuttgart GmbH e disponibile in edizione nazionale in vari altri paesi, dalla Bulgaria alla Cina, dalla Croazia alla Polonia, fino a Romania, Svezia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Turchia e Ungheria.

Manca l'Italia, che probabilmente non è un mercato abbastanza evoluto. AMS è anche presente in Argentina come Auto Test, in Messico come Automovil Panamericano e in Spagna come Autopista. La rivista si presenta con una buona carta e con una foliazione di 168 pagine. Non c'è traccia di listini e i testi sono mediamente più lunghi di quelli che troviamo nelle riviste italiane. Si nota, compatibilmente con le esigenze del mondo esterno, la volontà di proporre qualcosa di originale: l'articolo principale del quaderno 24 del 7 novembre 2019 è una disamina piuttosto accurata delle strategie tecniche e commerciali di Mercedes per i prossimi anni, con interviste e considerazioni piuttosto approfondite. Simpatiche anche le mini-prove (fra cui quella dell'Alpine-Renault A110 S, che dicono abbastanza pur senza annoiare. Interessante anche il parallelo fra Tesla Model 3 e BMW Serie 3 ibrida. Buona, direi, anche la parte dedicata al motorsport, che è un retaggio di cui AMS non vuole e non può fare a meno, con una bella retrospettiva dedicata alla Ford GT vista nelle gare di endurance dal 2016 al 2019, anno del suo pensionamento, almeno a livello di partecipazione ufficiale.


Per € 4,20 in Germania credo che ci si possa stare. La rivista la trovate anche in Italia al prezzo di € 5,50 e a quel prezzo ottenete un'informazione forse meno superficiale e pilotata rispetto ad altre riviste nostrane, che ormai non prendono nemmeno più i soldi dalla pubblicità (che non rende più) ma che intascano direttamente i finanziamenti dalle case con articoli dettati direttamente dagli uffici stampa che passano foto, dati e notizie. Qui forse siamo su un campo leggermente più onesto, anche se il futuro delle riviste di auto moderne stile mi pare abbastanza segnato in linea generale

19 novembre 2019

Jay McInerney, memorie della Toscana vinicola e i modelli: un filo meno stravagante di quanto si possa pensare

Solo all'accumulatore seriale e indiscriminato sfugge che ogni modello ha un gusto, come ogni libro ha un suo odore. Il paragone col vino può essere azzeccato. Esistono vini pregiati, facili, difficili, nuovi, antichi, per tutti, per pochi, esattamente alla stregua dei modelli. Potremmo una volta fare un gioco, azzardando abbinamenti modelli-vini. E parlando di vini, mi sono sempre piaciuti quei libri che si basano sulle esperienze di viaggio, alla ricerca di cose rare, di personaggi e di atmosfere. Uno dei volumi che più ho amato in questo particolare settore è A hedonist in the cellar, scritto da un insospettabile Jay McInerney.

E' un po' una versione moderna di certe guide francesi abbastanza empiriche degli anni cinquanta e sessanta, tanto empiriche da risultare oggi particolarmente ispirate. A hedonist in the cellar lo portai una volta a Sebring e lo scordai nell'aereo che da Miami mi aveva riportato a Milano. Andai a riprendere la seconda copia rimasta alla Feltrinelli international di Firenze perché volevo averlo in biblioteca anche se sarei stato certo di non metterci più mano nei dieci anni successivi. Ed è quello che è accaduto e ora non so neanche più dove l'ho sistemato. Ma di libri come quello, fatti di rapide interviste, di esperienze sul posto e di tanto gusto per la ricerca e per la scoperta ce ne sono tanti, come dicevo, francesi ma anche italiani. Proprio l'altro giorno ho ritrovato una raccolta di articoli sulle esperienze vinicole scritto da Vittorio Nannelli, intitolato Di padre in figlio, di vino in vino. Edito da Sarnus nel 2012 è un viaggio attraverso la Toscana dei vini: aneddoti, storie, vicende, personaggi. Ogni vino ha la sua etichetta come ogni modello ha la sua scatola. Mi è sempre piaciuto immaginare cosa accadrebbe a metter mano una serie di articoli sui nostri artigiani dell'automodello, ma anche sulle aziende più grandi, ripercorrendo in un volume un po' desultorio qualche centinaio di chilometri alla ricerca di un passato ma anche delle ragioni del presente. Materiale ne ho, foto pure. E non sarebbe neanche poi così difficile perché l'inanellarsi degli argomenti viene quasi istintivo. Per il momento non bevete troppo e acquistate modelli con moderazione. Pochi ma buoni.

18 novembre 2019

Borsa di scambio a Calenzano del 17 novembre 2019, debutto della nuova sede

Dopo un quarto di secolo, la borsa di Calenzano ha cambiato sede, spostandosi dall'Hotel Delta Florence al Centro St.Art di Via Garibaldi 7. Secondo le fonti che abbiamo, si è trattato di un'edizione più o meno come tutte le altre, né era lecito attendersi qualcosa di particolare rispetto all'offerta e alla partecipazione consolidate in tanti anni un po' tutti uniformi. Ringraziamo Massimo Martini per le foto.








A chi è servita la borsa di scambio di Aachen lo scorso 16 novembre?

Alcuni Maxichamps difettati, proposti a una quindicina di euro. 
Mr. Lang ha da fare, sono soprattutto commercianti quelli
che all'apertura della borsa di Aachen si avventano sugli
stock di seconda scelta di Minichamps. 

Iniziamo a scartare la prima ipotesi. La borsa non è servita agli espositori e parlando con alcuni esponenti di un po' tutte le categorie rappresentate (diecast, edicola, memorabilia, kit, foto, obsoleti ecc), l'evento organizzato da Danhausen lo scorso 16 novembre all'Eurogress Center di Aachen è stato tutto fuorché un successo. Negli anni la borsa di Aachen si è polarizzata sempre più su un particolare che chi non la conosce bene ignora ma che in realtà costituisce il nucleo che giustifica l'organizzazione di una simile mattinata. Alle 10 di mattina, puntualmente, si scatena il caos sul piano rialzato, quello che dà sulla sala principale. Un caos che forse trenta o quarant'anni fa avrebbe scatenato GYL con una serie dedicata alla borsa o un altro marchio come MRF, Record o Belle Epoque con un'edizione limitata per pochi intimi.
Quello che resta dopo il passaggio delle cavallette. 


No, nulla di questo naturalmente. Semplicemente arrivano gli scatoloni Minichamps con decine e decine di modelli difettati, venduti a prezzi bassissimi: 15 euro, 20 euro, 30 euro, dipende dalle scale e dalle condizioni. I collezionisti (o i rivenditori) impazziscono e per cinque-dieci minuti succede il finimondo. Ci si strappano di mano scatole e contenitori, volano modelli dappertutto e quasi di botto, tutto finisce com'è iniziato. La calma piatta arriva sulla borsa, col suo svolgimento normale e privo di ogni acuto degno di nota. Ecco cosa conta ad Aachen: la vendita Minichamps, che in quanto organizzatore guadagna con i tavoli (peraltro economici, va detto: poco più di € 34,00 per m 1,80x0.60) ma soprattutto con questa clamorosa vendita one-shot di pezzi altrimenti invendibili. Del resto se Minichamps è uno dei leader del settore da trent'anni una ragione ci sarà.
Alcuni modelli della serie standard con difetti (scatole rotte,
pezzi mancanti...) a 15 euro. Alcuni sono perfettamente
ripristinabili con un minimo sforzo. 


Borsa scambio Danhausen, sabato 16 novembre 2019 all'Eurogress Center di Aachen



La borsa di Aachen, organizzata da Danhausen-Minichamps, è ormai arrivata alla 83ma edizione e gode ancora di una fama notevole. Una fama adeguata allo stato attuale delle cose? Ho deciso di provarlo in prima persona con una sortita come espositore. Ebbene, a confronto di altre borse internazionali che ho visitato di recente (Mulhouse, etc.), Aachen è quella che ha subito una decadenza più netta. Non tanto per il numero dei tavoli, visto che sabato scorso c'erano oltre trecento espositori, ma proprio per l'intensità stessa e per l'interesse dei visitatori.


Aachen è incentrata sugli automodelli, e questo dovrebbe costituire una garanzia per chi ci va per vendere: non ci sono intrusioni di altre categorie come treni e giocattoli d'epoca, ma ormai questo non è più sufficiente per garantire alla borsa un livello accettabile in termini di redditività. Lo spazio espositivo è enorme, superiore a quello della maggior parte delle altre borse europee e tutti gli espositori, grazie alla particolare conformazione delle sale, godono di una visibilità equivalente. Quanto all'offerta, direi che la maggior parte dei modelli esposti facesse capo al gruppo Minichamps-Danhausen: anche gli Spark erano pochissimi, così come pochissimi modelli da edicola, zero accessori, alcuni libri, una buona scelta di Matchbox d'epoca (quella davvero valida, chissà perché), mentre gli speciali e i kit si contavano sulle dita di una mano. E' passata quasi subito di proprietario una Ferrari 250 GTO montata da PLM Studio su base Piranha, arrivata dagli Stati Uniti chissà come a qualche cliente locale. Se possiamo definire un modello di PLM Studio un pezzo di pregio, questo era il massimo cui si poteva aspirare. 


Qualche montaggio decoroso su kit Starter e Provence Moulage a una quarantina di euro poteva costituire una buona occasione per non ritornarsene a mani vuote. Le borse in nord Europa durano poche ore, e Aachen non fa eccezione: tutto si gioca dalle 10 (orario di apertura) e mezzogiorno circa. Poi tutti se ne vanno a mangiare, c'è qualche piccola ondata supplementare di visitatori verso le 13, poi - sebbene l'ora di chiusura ufficiale sia stata programmata per le 15 - te ne puoi anche andare, tanto non accadrà più nulla. Questa visita a Aachen, che pure conoscevo anche per altre esperienze in tempi recenti, potrà essere la base per alcune considerazioni sul ruolo degli incontri dal vivo che nel nostro hobby diventano sempre più rari e marginali. 

14 novembre 2019

Il ritorno di Tokoloshe: Ferrari 250 GTO 4491GT 1000km Nurburgring 1965



Tokoloshe, marchio nato ormai vent'anni fa con l'intento di quadrare il cerchio fornendo modelli montati di buona qualità al prezzo di un kit, è stato uno dei protagonisti dell'ascesa dei low-cost in resina, che all'inizio degli anni duemila vedevano la presenza di una concorrenza piuttosto agguerrita, proveniente soprattutto da Italia e Francia. Poi, prima Minichamps, poi Spark (soprattutto Spark, direi), hanno un po' affossato queste iniziative, ma i migliori sono rimasti in piedi. I continui aumenti di prezzo degli Spark hanno sicuramente raffreddato l'entusiasmo degli appassionati e alcuni pensano che ci sia ancora margine per modelli come i Tokoloshe del periodo. L'ultimo Tokoloshe uscì nel 2003, ed era la Porsche 911 Carrera RS Le Mans 1975 di Grandet/Wollek. Ricordo che ne portai personalmente un esemplare a Jean-Marc Teissèdre in occasione della 1000km di Spa alla fine di agosto. La serie oggi riprende col modello catalogo TOK21, la Ferrari 250 GTO 4491GT della 1000km del Nurburgring 1965 (Sutcliffe/Lumsden). Un modello non certo inedito (ne seguiranno altri decisamente più originali), ma che è stato riconsiderato e ricorretto, a iniziare dalla verniciatura metallizzata che caratterizzava questa vettura, venduta a Sutcliffe da David Piper alla fine del 1964. Il costo del modello montato comprensivo di scatola e basetta grande (non di derivazione Pego-Progetto K come sui vecchi Tokoloshe) è € 59.95, decisamente competitivo.


11 novembre 2019

Rassegna stampa: Auto Modélisme n.261 (novembre 2019)


Auto Modélisme resta sempre più o meno sugli stessi standard. Alcuni dicono che è superficiale, altri che è troppo generalista, altri probabilmente guardano solo le figure e il problema è che sparano giudizi pure loro. Il problema è che oggi fare una rivista mensile è pesante, lo abbiamo detto tante volte. Non è facile chiudere un numero e dover subito aprire quello del mese successivo. E' anche vero che l'editore ha delle discrete possibilità ma non si pensi che se alle spalle hai una grande casa editrice tutto ti sia possibile. Le risorse principali vanno ad altre testate e Auto Modélisme resta sempre e comunque una pubblicazione settoriale. Questo numero di novembre 2019 esce con diverse cose interessanti. In primis citerei un confronto fra le due Porsche 911 storiche uscite recentemente grazie a Schuco: si tratta delle S Coupé e Targa in 1:18, e di questo confronto c'era abbastanza bisogno. Se non vi sono ancora bastate le prime due puntate precedenti, abbiamo la terza sulla storia della Porsche 917. Stavolta tocca alle versioni strane e meno conosciute. Speriamo che la facciano presto finita con questa storia della 917 perché non se ne può più. Fra la 917, Steve McQueen e Le Mans 1970 ne abbiamo davvero le scatole piene.

Originale invece è il pezzo storico dedicato alla Peugeot 504 V6 Coupé del Safari Rally 1978, una bella anche se breve retrospettiva seguita dalla recensione del corrispondente modello OttOmobile in 1:18. La sezione dedicata alle slot propone la prima di quattro parti di quella che sarà una storia completa del Super Racing System di Scalextric. Interessante anche per chi normalmente non segue il settore. Insomma, a confronto con quello che offre il mercato in altri paesi Auto Modélisme è, come si dice a Firenze, "cent'ori".C'è di meglio ma c'è anche di molto peggio.