30 maggio 2012

Tu vuo' fare o' giapponese

Inizio da una possibile fine: la maggior parte della gente che si accapiglia sui vari forum discettando dei maestri giapponese, di modelli montati da loro dal vivo non ne ha visto manco uno in vita sua. Io stesso ammetto di essere ben lontano da una conoscenza approfondita "sul campo", anche se qualche esperienza diretta l'ho avuta. Comunque sia, la presenza qua e là dei wip di questi virtuosi ha creato un "prima" e un "dopo" da cui chi voglia fare un lavoro di iperdettaglio su un modello non può prescindere dalla loro lezione. Sto parlando dei professionisti; altri montatori per diletto possono (o debbono) percorrere altre strade. Il problema nasce proprio dal velleitarismo di alcuni dei nostri europei che si sono detti: "e che ci vuole? Lo faccio anch'io". Il segreto? L'ottimizzazione dell'abilità. E qui casca l'asino, perché ciò che i giapponesi hanno portato di nuovo in questo settore è un approccio completamente differente alla materia, una riconsiderazione sovente radicale non solo delle tecniche ma anche dei mezzi utilizzati; essi hanno portato una ventata d'aria nuova con la loro straordinaria originalità nell'affrontare problemi vecchi con soluzioni nuove; con la loro capacità, direi, di reinventare, di riconsiderare tanti aspetti da un altro punto di vista, facendo non di rado giustizia del "si è sempre fatto così", che per molti è stata una fonte di sicurezza ma anche un ostacolo alla maturazione e in ultima analisi al progresso dei risultati nel corso degli anni. Nel nostro settore siamo ancora a fare i cambi o le lucine di illuminazione con le capocchie di spillo. Da una parte c'è una grande attenzione alla fedeltà storica, dall'altra ci si accontenta di vivacchiare pescando nella scatola del cucito della nonna. I giapponesi, pur mancando in molti casi di conoscenze storiche approfondite hanno finito per mostrare alla luce del sole tutta la pochezza di certe soluzioni cristallizzate in un anacronistico passato. I risultati eccezionali che hanno ottenuto hanno finito per creare una serie di imitatori che per il momento restano tali. Montatori pur bravi che pensano di raggiungere livelli superiori estremizzando tecniche superate o inadeguate. E' come se si volesse realizzare una Formula 1 partendo da una GT. Sarebbe tempo perso e forse si perderebbe anche quell'equilibrio che caratterizza un prodotto nato per non superare certi limiti. L'ha capito bene uno come Magnette che non si sognerebbe mai di giocare all'Hayakawa o al Kamimura. Altri, questo discorso, l'hanno capito meno e si ostinano a presentare certi lavori che finiscono per mostrare tutte le contraddizioni di quando si cerca di superare o eguagliare gli altri senza aver capito bene prima di tutto cosa si voglia da se stessi. Mi fermo qui ma potrei fare qualche esempio che certamente dispiacerebbe a qualcuno - e forse in questo caso non ce ne sarebbe bisogno. Ma mi auguro che dalle parti nostre, o ancor di più in Francia, qualcuno non butti dalla finestra il proprio talento nell'inseguire improbabili chimere.

4 commenti:

  1. Mi pare che il "nostro" Simon Antelmi, lontano dal volere scimmiottare i Giapponesi, abbia comunque un approccio diverso e molto simile a quello degli stessi giapponesi, un approccio che definirei interdisciplinare, non appiattito dal "mestiere".
    Alfonso

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  2. Vero, prima di tutto dobbiamo considerare la filosofia di approccio al problema che, da parte dei Giapponesi, è sempre tendente alla esasperazione della perfezione; noi ci contentiamo della capocchia di spillo, Loro rifanno la leva cambio o la lucina ex novo al tornio e carcano di farla quanto più perfetta possibile....nel post riguardante l'Alfa Duetto del Dott Tecchio dicevo di soffermarsi sulla verniciatura del nero opaco, proprio perchè da una cosa che può sembrare semplice e marginale della serie:" che ci vuole a veniciare il nero opaco" si evidenzia invece la pulizia e precisione ( vedi la grana sottile ed uniforme e tutto il resto...)e la conseguente voglia di essere sempre più vicini alla perfezione.Da parte mia non sarò mai in grado di avvicinarmi neanche a tali lavori ma di sicuro saranno sempre fonte di ispirazione per migliorarmi.

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  3. ...let's destroy the status-quo... please...

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  4. Credo che il mio pensiero debba comparire in questo topic...
    Sono d'accordo con David sul fatto che i giapponesi non vadano scimmiottati.
    E sul fatto che esistano anche altre realtà che hanno una loro ragion d'essere proprio nell'essere distanti dai giapponesi. Cito Magnette per tutti.
    E' anche vero, e dico purtroppo, che ci sono montatori che pensano che i giapponesi siano facili da imitare. Questi se magari hanno anche un riscontro in termini economici, rimangono ben distanti dai loro contraltari nipponici.
    Per una volta vorrei insistere invece sulla questione dell'abilità. Certi modelli giapponesi sono fantastici perchè è quasi impossibile riprodurli. Ed è questo il loro valore intrinseco.
    E' anche vero che hanno spesso mostrato un atteggiamento di rivoluzione rispetto a vecchie abitudini modellistiche del vecchio continente. Devo però dire che su altre cose sono molto restii ad adottare cambiamenti. Uno Stefano Adami è avanti anni luce rispetto ai giapponesi riguardo alle fotoincisioni. Riguardo al tornire o per esempio al cromare invece sono molto più avanti di noi.
    Così come nella disponibilità di materiale con cui lavorare, e mi riferisco per esempio a tubi di ogni possibile diametro immaginabile e via dicendo.

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