04 settembre 2012

L'accumulo di kit e la ricerca di un senso...

...soprattutto quando se ne hanno troppi. Non è un caso raro: c'è gente che ne ha due garage pieni. Ma non è questo il punto. Il punto è un altro: almeno nella mia storia di collezionista, i kit sono sempre state le prime cose a partire in caso di mancanza di liquidità. Si sa che il collezionista spende più di quanto potrebbe e dovrebbe. Quando si trova con l'acqua alla gola deve vendere e dovendo farlo sceglie le cose più superflue o quelle meno necessarie, vedete voi. Poi però riaccumula, finendo per chiedersi ciclicamente che senso abbia l'accumolo e finendo anche per rivivere la necessità di rivendere per tamponare le falle economiche provocate dall'iperattività di accumulo. Fin qui tutto bene. Più o meno siamo tutti malati della stessa malattia, anche se c'è chi riesce ad essere saggio. Avere pochi soldi non è una scusa. Conosco chi si venderebbe anche la mamma per poter continuare ad acquistare modelli. In questo senso il tutto funziona un po' come una droga. Solo che non ti ammazza e non è proibita. Per il resto, le dinamiche sono le stesse. I kit, quindi, come merce di scambio, come scelta del male minore. Spesso del male minore, quando non siano necessarie altre misure ancora più radicali. Dio ne scampi. Ma i kit, come le unghie, per fortuna ricrescono. E forse le varie scremature, dalle quali sono stati eliminati i pezzi meno interessanti, servono per capire - anche nel caso delle scatole di montaggio - di cosa ci sia "assoluta necessità" e di cosa no. Sui kit "normali" il discorso è semplice: vanno e vengono. Per i kit AMR la faccenda diviene più articolata: prima di tutto la loro presenza è subordinata a quella di un montatore e ancora di più, di un progetto ben determinato: questo è per Magnette, questo per Liatti, questo nel 2049 lo farò fare ad Hayakawa, questo lo monterà tizio, questo l'elaborerà caio e così via. Dai miei numerosi stravolgimenti ho ormai escluso i vecchi X-AMR, quelli nelle scatole piccole perché secondo me non ha senso farli montare. Ci ho provato e i risultati sono sempre interlocutori. Molto meglio cercare un montaggio dell'epoca, magari con un bel pedigree, e accontentarsi di quello. Inutile prendere un'Alpine A210, una Porsche 911S di Le Mans o una Ferrari 365 GT4/BB e cercare di farne ciò che non sono mai state. Inutile proprio, e anche frustrante, a meno di non dare tutto a un giapponese che lascia in piedi sì e no il 10% del kit d'origine (ma anche in questo caso mi sto convincendo sempre più che un kit in resina rappresenti l'ottimale per quel tipo di progetti). Avevo una GTO 64 di X-Nostalgia montata con criteri moderni, anche troppo. Partiti con l'idea di un montaggio "coerente" abbiamo finito col farne qualcosa che, come si suol dire, non è né carne né pesce. Qualcosa, insomma che non rende l'idea della vettura reale né, d'altronde, rispetta più il concetto iniziale del kit. Con gli AMR e derivati questo limite è difficilissimo da intravedere ma è ben presente, e determina la riuscita di certi montaggi semplici e il fallimento di altri più complessi. Armati delle migliori intenzioni, arditi elaboratori cozzano contro il muro di gomma dell'equilibrio perduto.

"Ma i kit, come le unghie, per fortuna ricrescono. E forse le varie scremature, dalle quali sono stati eliminati i pezzi meno interessanti, servono per capire - anche nel caso delle scatole di montaggio - di cosa ci sia "assoluta necessità" e di cosa no".

Domenica scorsa, lunga conversazione al telefono con Jean Liatti. Si parlava proprio dell'equilibrio dei montaggi. Attualmente mi sta preparando una Ferrari 250 GT Coupé Pininfarina (X-AMR) e discutevamo proprio sull'opportunità di aggiungere questo o quel particolare. Devo ammettere che sempre più frequentemente mi trovo abbastanza intollerante verso certi montaggi carichi di particolari su questo tipo di kit: certi risultati mi danno l'idea di un affastellamento barocco senza costrutto, che genera una sovrapposizione senza armonia. Ora come ora, neanche l'idea del trasparente sopra le decals mi convince più di tanto, almeno per montaggi come questi. Osservando alcuni montaggi di Liatti, ma anche di Laplace o di Magnette, mi sono reso conto che c'è un filo conduttore che li unisce. Un'idea di semplicità e di visione di insieme.

9 commenti:

  1. Dopo anni di purgatorio ho iniziato a ricomprare qualche kit sperando prima o poi di metterci mano...già sono attanagliato da molteplici dubbi: " lo faccio apribile o no" ( che Tu non me ne voglia David...) " di che colore"....insomma sarà davvero difficile...

    RispondiElimina
  2. Nell'accumulare kit, penso di essere un maestro. Che vada bene ne monto uno
    all'anno, spero sempre in un domani dove mi ci potrò dedicare
    a tempo pieno. Naturalmente questa è una speranza che dura da decenni ma dentro
    di me mi illudo che diventi realtà.

    RispondiElimina
  3. Il cervello umano è davvero uno strumento formidabile.
    La passione pura è il rovescio della medaglia del raziocinio.
    Ho conosciuto centinaia di modellisti/collezionisti che hanno accumulato una quantità di kits tale da occupare la loro vita per 300/400 anni e forse più... e questo è stata una fortuna per la mia passata attività ... all'inizio mi sentivo "uno di loro" ... dopo no ... dopo rimanevo basito nel sentire alcune storie = 1500 kits (varie scale) x 2 fatti forse all'anno = 750 anni ... e naturalmente nessuna possibilità di passare alla prole cotanta passione sia perchè con prole di sesso femminile (e quindi del tipo "ma le ruote girano?") ... sia perchè del sesso giusto ma interessati a tutto meno che alle macchinine del papà (anzi, gli fanno anche un po' schifo) = quindi dove voglio andare a parare?
    Nulla.
    Solo dire che, per una ragione o per l'altra, siamo dei pazzi scatenati.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dico solo che per un certo periodo ogni volta che mi trovavo ad una mostra scambio/mercatino, manco avessi visto Charlize Teron, mi fiondavo a sbavare e comprare le plastiche dei fanalini anteriori della mia 1750; me ne sarebbe bastata una coppia ma adesso li posseggo di 3 marche ( Carello, OLSA, Altissimo )e mi sento stranamente felice....sarò scemo?????

      Elimina
    2. Personalmente detesto in ogni campo lasciare cose a metà per cui anche nel modellismo riesco a darmi un contegno (un kit in lavorazione e due in armadio) ma credo di essere una mosca bianca. Il fatto è che i soldi che potrei spendere in kit interessanti preferisco destinarli a modelli già montati e che quindi non hanno bisogno di anni per essere esposti sul ripiano.
      Sarà anche per questo che i kit come tipologia sono finiti nella bara..!

      Certo manca un pò la piacevole sensazione di maneggiare il modello ancora smontato.. visualizzare questo o quel particolare.. immaginare nella propria testa il kit, che abbiamo tra le mani, montato perfettamente..Ecco tutto ciò un montato o resincast non riuscirà mai a trasmetterlo

      Elimina
  4. Quando montavo kit (1989-1999), ero come Andrea: massimo tre scatole di montaggio in casa. Due in lavorazione, una nell'armadio.
    Strategia che, però, mi ha fatto perdere diversi pezzi oggi divenuti introvabili, oppure reperibili a prezzi da rapina.
    Da quando, nel 2002, ho ripreso a interessarmi al modellismo, ho cambiato politica. Accumulando, a oggi, una decina di kit e una quindicina di die-cast da elaborare in maniera più o meno consistente.
    Quest'anno ho, perciò, sospeso gli acquisti, facendo due eccezioni per altrettanti die-cast rari o in procinto di diventarlo. E nelle ultime settimane ho, finalmente, messo mano a due kit: un vecchio GPM anticipato via MMS a David, che vedrete su queste pagine se lo monterò in maniera decente, e una Delta 16V di Racing 43 da rifare dopo che, chi sa per quale bestialità commessa nel lontano 1991, la vernice si è staccata dalla carrozzeria.
    Il punto, e pure qui sottoscrivo il pensiero di Andrea, è che il kit davvero prende troppo tempo. Si può trascurare la famiglia una domenica, non tutti i weekend.
    Quanto all'equilibrio dei montaggi, mi sono posto il problema per il kit GPM, salvo decidere di procedere come al solito: cambiare e/o adeguare ai tempi quanto mi aggrada,nei limiti delle mie modeste capacità. Fermo, naturalmente, restando che la filosofia della mia collezione è totalmente diversa da quella di David.

    RispondiElimina
  5. Il senso del possesso. Incompleto, ancora da fare, ma con la presenza di "quella" macchina che in "quel momento aveva un significato preciso.
    Il senso ottimistico del futuro. "Quando andrò in pensione..." "il mese venturo monto una batteria di Porsche rgento, tac due giorni a verniciare e in un mesetto ho finito..."
    Il senso di certe serate d'inverno, di estati trascorse senza andare in vacanza per mille e un motivo, ma con i kit che ti riempiono la giornata e ti aiutano a non pensare.
    Il senso dell'accumulo per paura di nontrovarla più, perché veniva via a metà prezzo, perché così oltre alla versione rossa di Mastruzzi faccio anche quella blu di Puttanazzi...
    Il senso di vedere la scatola con pezzi e pezzettini, e tu sogni di farla più bella di tutte, e poi passano gli anni e arrivano gli Spark...

    RispondiElimina
  6. Ma arrivano anche i giapponesi...

    RispondiElimina
  7. In altri tempi avrei fatto qualche dispendiosa pazzia, da qualche anno non è più cosa. Comunque capisco cosa intendi, per quanto bravo uno trova sempre qualcuno più bravo di lui. Restano importanti il fattore tempo e la disponibilità mentale e logistica: anzi, direi che tempo, pazienza e un tavolo dedicato sono indispensabili...

    RispondiElimina