15 ottobre 2019

Una pseudo rassegna stampa: Collectionneur & Chineur n.302 (20 settembre 2019), ma soprattutto una scusa per parlare di informazione



Collectionneur & Chineur, edita da LVA, è una rivista che mi piace molto, e che in Italia probabilmente avrebbe meno di quei venticinque lettori di manzoniana memoria. Ma in un paese collezionisticamente evoluto come la Francia, forse ha ancora un suo senso. Anzi, senza forse, ce l'ha e basta. L'editore fa spesso pubblicazioni specialistiche sull'automodellismo, di cui ho parlato con regolarità in questo blog, e la rivista stessa si occupa, in modo più o meno esauriente, delle marche del passato che vanno per la maggiore fra i collezionisti di oggi, da Norev, a Dinky, da Corgi a Solido. Proprio a proposito di Solido, l'uscita recente della riedizione della serie 100 e la riproposizione dello storico club (di cui ho già parlato, non in termini esattamente entusiastici, nel blog, vedi qui) ha ispirato un'intervista con i titolari dell'impresa bretone Z-Models Distribution (alias OttOmobile) che ha rilevato il marchio nel 2015. Dopo aver cercato di ridefinire e risistemare le varie gamme diecast attuali, soprattutto quella in 1:18, Frédéric Guillier, direttore di Z-Models e Nicolas Dréo, capo del progetto legato al revival della serie 100, hanno presentato l'iniziativa nelle pagine di Collectionneur & Chineur. Come al solito, pagine acritiche, dove i redattori della rivista hanno comunque timidamente azzardato un punto interrogativo alla fine del sottotitolo: "un retour vers le succès ?". Beh, almeno hanno lasciato il beneficio del dubbio. Apprendiamo che, come era accaduto con altre collezioni pseudo-storiche, gli stampi originali erano inutilizzabili o perduti, e si è dovuto procedere a una completa scansione dei modelli d'epoca. Di qui, le differenze rispetto alle vecchie serie anche dal punto di vista di qualche particolare della fonderia. E' tutto geniale, tutto ottimo, una sicura operazione-nostalgia che delizierà gli ex-bambini che negli anni cinquanta e sessanta avevano giocato con le Solido serie 100. Bene. Peccato che questa roba fatta in Bangladesh (con tutto il rispetto per il Bangladesh) non abbia un minimo di valore, né collezionistico, né storico. E' il mio parere, certo, ma qui casca l'asino. Oggi l'informazione, totalmente in mano ai ricatti della pubblicità, non può permettersi di analizzare. Quella che il giornalista debba limitarsi a dare le notizie è una balla colossale e già potremmo stare ore a discutere su cosa sia una notizia e sui criteri da utilizzare per selezionarla. E se per la stampa la cosa può apparire motivata (non giustificata) visti i costi di edizione, anche i siti internet stanno obbedendo alle stesse logiche, in quanto spesso direttamente collegati a siti di vendita, a distributori, a importatori o ad altre realtà commercialmente interessante. Non vi fa venire in mente nulla tutto questo? Come accade nel mondo dell'automobile, raramente leggerete, sulla stampa specializzata o su un sito Internet, una critica che venga da dei professionisti. Internet non ha liberato l'informazione; ha liberato la caciara che si scatena sui social (prima si scatenava sui forum), ma spesso quelle critiche sono immotivate, irrazionali, del tutto prive di metodo o di esperienza.

La libertà di informazione è un'utopia o un pio desiderio legato di qualche sito che possa dirsi del tutto indipendente, quindi non influenzabile. Le riviste ora fanno la furbata di scansare roba veramente brutta, in maniera da togliersi l'imbarazzo alla radice. E quando un modello sbagliato viene imposto dagli importatori/distributori/produttori, si debbono fare i salti mortali per non distruggerlo e allo stesso tempo per non passare da incompetenti, incapaci di distinguere una buona riproduzione da un carciofo. Da questo sistema è impossibile uscire: ci sono riviste più oneste e altre meno; alcune riviste vere e altre che non sono che degli house organ di grandi gruppi travestiti da testata giornalistica, il fatto è che tutto il sistema dell'informazione è viziato alla base. Se fai ufficio stampa, il tuo lavoro è quello di comunicare e in qualche modo hai la coscienza tranquilla. Ma se vuoi fare informazione, allora l'unica alternativa sarebbe disporre di abbastanza soldi da comprare qualsiasi cosa (roba bella, mediocre, spazzatura) aprire un sito indipendente e scrivere quello che ti pare, purché sia ben documentato e supportato da ogni tipo di evidenza documentaria. La soluzione di andare a far casino su Facebook non la prendo neanche in considerazione. Alcuni, di recente, hanno cercato di aprire delle pagine dedicate alle uscite di varie tematiche (modelli italiani, determinate marche, ecc), ma i risultati sono ampiamente insufficienti: si passa da aride sommatorie di foto seguite da commenti di ogni genere ad articolini effimeri destinati a passare in secondo o terzo piano col susseguirsi dei nuovi thread, il tutto senza una possibilità di ricercare, di recuperare o di meditare più di tanto su ciò che è stato scritto anche solo in un recente passato.
Ma a pensarci bene, l'idea di giornalismo informativo, anche nel nostro settore, forse non è neanche mai esistita. Ci sono stati esempi di belle interviste, di ottimi approfondimenti, ma mai delle prese di posizione o delle inchieste veramente scomode. Chi ha mai parlato su una rivista dello scandalo dei modelli cinesi che cascano a pezzi? Dei prezzi sempre più alti? Chi si è occupato davvero delle infinite diatribe per le royalty? Chi ha mai provato a dire che certe tendenze tecniche intraprese dai produttori di resincast sono semplicemente sbagliate? Tutto questo finirà quando la carta stampata tramonterà definitivamente? Ho i miei dubbi.

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