31 gennaio 2020

Risvolto storico: la prima Dallara-Fiat a guida centrale; origini, sviluppo e restauro

Cari lettori del blog, sapete che di tanto mi diverto a pubblicare (o ripubblicare) qui alcuni articoli di storia dell'auto. Stasera stavo pensando di mettere on line tutt'altro ma per puro caso mi sono imbattuto in un pezzo uscito una quindicina di anni fa su Autocollezioni Magazine che ripubblico con pochissime modifiche e un corredo di foto più limitato rispetto alla versione originale, pur sempre interessanti, almeno credo. Dal periodo in cui uscì questa piccola ricerca, delle Dallara prototipo a guida centrale è stato scritto parecchio. All'epoca la vettura non era molto conosciuta, né tanto meno il primo esemplare. Fu Pier Luigi Muccini a suggerirmi di pubblicare qualcosa, e l'idea piacque molto anche ad Alberto Rastrelli, che a distanza di qualche anno dalla sua monografia sulla Gino e Lucio De Sanctis, stava lavorando all'opera dedicata alle Sport Prototipo italiane (di cui purtroppo è uscito solo il primo volume; il secondo tomo ho paura che non ci sarà mai).

DALLARA-FIAT 1000 SPERIMENTALE
(di David Tarallo)

Nei primi anni Settanta, Gian Paolo Dallara era già un ingegnere dalle idee innovative e originali, con alle spalle esperienze significative presso alcuni dei più prestigiosi marchi italiani del Gran Turismo. Entrato alla Ferrari nel 1960, dove aveva potuto acquisire molta esperienza soprattutto con l’ingegner Carlo Chiti, era in seguito passato alla Maserati e, per un breve periodo, alla Lamborghini, dove aveva avuto l’opportunità di crescere a livello professionale modificando una 350 GT, e soprattutto progettando la celebre Miura. L’inizio della sua brillante carriera di costruttore di auto da corsa - se si esclude la VTM, prototipo derivato da una Formula 850 - prese le mosse da una serie di vetture Sport la cui storia non è ancora stata messa in luce a dovere, e che si sono sempre distinte per la raffinatezza aerodinamica oltre che per l’avanguardia delle soluzioni meccaniche adottate. 
II Trofeo AC Parma, giugno 1972: la prima uscita della
Dallara-Fiat 1000, con Bruno Pescia.
Nell’attesa che qualcuno si prenda la briga di operare una disamina organica sull’intera produzione, in questa sede concentreremo l’attenzione sulla primissima barchetta Dallara, che debuttò nella stagione di corse 1972. L’auto nacque con un’insolita guida centrale, sfruttando in maniera intelligente una piega dell’allegato J, che prescriveva che le vetture Sport dovessero possedere almeno due posti. Niente, quindi, vietava la realizzazione di una… triposto con guida centrale e secondo e terzo sedile ai lati del pilota. In questo modo si otteneva una distribuzione dei pesi vantaggiosa, paragonabile a quella di un’auto di formula. Il telaio della Dallara, del tipo monoscocca in lamiera di acciaio, era formato da due longheroni centrali che proseguivano posteriormente e si congiungevano col motore. L’unità motrice prescelta fu il Fiat 128 da 1116cc ridotto a 1000 (alesaggio invariato, corsa portata a 76 mm), un propulsore che iniziava a riscuotere un certo interesse da parte dei preparatori come possibile alternativa al Cosworth SCA derivato dal basamento Ford Cortina 116E, e al Fiat-Abarth 1000, ormai abbastanza vecchio. Proprio in quel 1972 iniziò a utilizzare il monoblocco 128 Romeo Ferraris di Opera (Milano), il quale vi aveva sistemato una bellissima testa quattro valvole: con un rapporto di compressione di 10,2:1, il tecnico lombardo aveva ottenuto la ragguardevole potenza di circa 150 cv a 11.500 giri. Anche Dallara intervenne con molte migliorie sul Fiat 1000, che rimase comunque monoalbero. Inizialmente furono adottati carburatori a doppio corpo Weber da 40, ma successivamente si optò per un sistema di alimentazione di concezione Dallara con pompa Kugelfischer. Per la prima versione a carburatori si parlò di una potenza di circa 115 cavalli. Il cambio era un Colotti a 5 marce. Tutti i pesi possibili, quali serbatoio, batteria, radiatori, filtri dell’olio furono sistemati intorno al baricentro. Anche la scelta di montare il motore (portante) in posizione trasversale come sulla Lamborghini Miura era dettata dall’esigenza di ottenere un miglior bilanciamento. La carreggiata e soprattutto il passo avevano una misura maggiore di quella delle Sport dell’epoca e si avvicinavano molto agli ingombri delle Formula 3 (così come i prototipi 3000 tendevano ad assomigliare sempre di più alle Formula 1).
Molto avanzata la ricerca aerodinamica, con una carrozzeria in vetroresina che carenava tutte e quattro le ruote, dalla linea di cintura bassa, tesa e pulita (“l’aspetto – commentò all’epoca il settimanale Autosprint – è quello di una vettura da record”).
La Dallara-Fiat ai box di Varano: si riconosce (terzo da sinistra) l’ingegner
Dallara; appoggiato alla vettura è l’ingegner Cazzaniga, motorista. 

La Dallara-Fiat 1000 Sport debuttò in corsa il 25 giugno 1972, in occasione del II Trofeo A.C. Parma, gara “chiusa” di velocità in circuito sulla pista San Cristoforo di Varano de’ Melegari. Curiosamente, nella lista degli iscritti non compare il nome Dallara, bensì la dicitura “xx 1000”. Il pilota designato era “El Paso”. Come riserva era stato inserito Bruno Pescia, un giovane e promettente pilota ticinese che si era distinto nelle categorie addestrative vincendo il campionato di Formula Ford. Quel giorno prendevano parte alla classe 1000 della categoria Sport alcune AMS (con Mario Barone, “Bramen”, Pierino Cullati, Cesare Garrone), l’ATS di Giovanni Morelli, le Abarth di Renato Davico e Mino Codeluppi, la Paganucci di Giovanni Paganucci, la Ferraris di Ugo Locatelli-Verona e l’Abarth-Landi con carrozzeria Paganucci di Lido Giambastiani. Non fu “El Paso”, bensì il collaudatore Pescia a portare in pista la vettura. Il team di Cesare Doneda era presente per fornire la propria supervisione tecnica. Le aspettative di Dallara e del pubblico di casa andarono però deluse: dopo quattrocento metri dal via la frizione si ruppe, e Pescia dovette tornarsene ai box a piedi. Venuto a mancare un avversario potenizalmente competitivo come Pescia, il parmense Morelli si aggiudicava il Trofeo, davanti a Garrone e Giambastiani.

Il lavoro di affinamento e di messa a punto della Dallara-Fiat 1000 proseguì nelle settimane successive con prove di lunga durata, e ritroviamo la vettura a Varano il 27 agosto 1972, per il III Trofeo d’Estate. Nella gara per vetture sport di I divisione (1000 e 1300cc), la Sport si mostrò competitiva ma ancora una volta poco affidabile: Pescia riuscì addirittura a prendere il comando assoluto della corsa per qualche tornata. Ma il ritmo impresso dal torinese Filannino, che correva con una Lola-Abarth 1300, era troppo alto per i più deboli motori da un litro, e ben presto accadde quello che molti temevano: il propulsore della Dallara esplose clamorosamente in rettilineo, con grande disappunto del pubblico varanese. Per la cronaca, la vittoria di classe 1000 andò a Cesare Garrone su AMS, mentre Filannino si aggiudicò la classifica assoluta.
Nell’autunno del ‘72 Dallara aveva già costruito un secondo telaio Sport, adottando però il motore 1300 (derivato dal Fiat 128 da 1290cc), che vinse la propria classe col solito Bruno Pescia al I Trofeo Lombardini a Varano l’8 ottobre. In quella gara il “1000” venne affidato al reggiano “Ragastas” (alias Francesco Ferretti), che concluse al terzo posto di classe dietro all’ATS di Morelli e all’AMS di Donà. Nel 1973, quando ormai la produzione delle Sport Dallara era già abbastanza avviata, il primo prototipo, che aveva svolto il compito di vettura sperimentale per tutta la stagione 1972, venne modificato nel roll-bar, nella carrozzeria e in altri particolari, rinumerato e messo in vendita (successivamente, dal 1976, la Dallara si dedicò alla costruzione di un telaio del tutto differente, destinato ad ospitare i motori Ford 1600). La Sport 1000 “pre-serie” fu acquistata da un pilota campano, Tisci, che ci corse fin verso il 1975. Dopo il cambio dell’Allegato J nel 1976, che limitava a due il numero dei posti delle Sport ed eliminava la guida centrale, questa vettura venne convertita in biposto con guida a sinistra. Portata in Sicilia, cambiò ancora più volte di proprietario, e si ha notizia di un suo impiego agonistico fino a tutto il 1985.
 
La parte anteriore della Dallara-Fiat 1000 sperimentale prima
del restauro: notare i serbatoi dell’olio dei
freni inseriti nel telaio. 
Vista posteriore del motore Fiat derivato 128, che ha funzione portante ed è leggermente disassato. Notare il triangolo della sospensione a destra, e a sinistra il puntone, soluzioneasimmetrica per ospitare il 4 cilindri in posizione trasversale.


Alcuni anni or sono i fratelli Bonucci di Siena acquistarono da un collezionista bresciano una Dallara-Fiat un po’ malconcia e dalla carrozzeria molto rimaneggiata. Nel 2000 l’auto fu ceduta a Pier Luigi Muccini, noto pilota pisano, anch’egli costruttore fino agli anni Novanta, e al livornese Andrea Bagnoli, che decisero di riportarla allo stato originario. Ma lasciamo a questo punto la parola allo stesso Pier Luigi Muccini: “Fin dall’inizio notammo molti piccoli particolari che differenziano questo esemplare dal resto della produzione: i serbatoi dell’olio dei freni sono inseriti in un longherone del telaio, quando le altre Dallara presentano tali particolari montati esternamente allo chassis; le pinze e le pompe dei freni sono quelli della Fiat 128, mentre sui telai successivi si adottarono gli appositi pezzi Girling. 
La carrozzeria in corso di ricostruzione. 

Una delle prime apparizioni della Dallara restaurata. 
A ciò si aggiungono altri indizi a mio parere significativi, quali ad esempio la diversa forma della centina del cruscotto. Queste osservazioni, corroborate da una ricerca storica, portarono ad un’unica conclusione: si trattava della prima Dallara Sport costruita, quella che nel 1972 aveva disputato il Trofeo AC Parma con Bruno Pescia. Fu allora che ci rivolgemmo a Francesco Cazzaniga, all’epoca motorista di Dallara (e che lavora tutt’oggi per Dallara, pur avendo una propria azienda) per ottenere alcune indicazioni. Allo stesso tempo fu svolto un lavoro di expertise dai fratelli Mendogni, che posseggono ancora gli stampi originali della carrozzeria e che si sono quindi rivelati di grande aiuto per la ricostruzione di quello che è un tratto peculiare della Dallara n°1: il guscio di tipo monolitico, sollevabile sia anteriormente che posteriormente per accedere agli organi meccanici. Diversa anche la modalità di apertura degli sportelli. L’operazione di restauro, anche se lunga poteva essere affrontata con relativa sicurezza, visto che la vettura, pur essendo ormai molto modificata, conservava tutti i pezzi del telaio e il motore originale”. 

La vettura fotografata al Museo Dallara di Varano
de' Melegari, dicembre 2018 (foto David Tarallo). 
Il restauro della parte lamierata, in primis la ricostruzione dei due longheroni asportati a seguito della conversione in biposto, è opera di Marciano di Pisa, mentre a Grotti si deve la ripulitura e la risistemazione della carrozzeria”. La parte meccanica l’ha invece curata Pier Luigi Muccini insieme a Moreno Casalini, il costruttore delle moderne “CMS” di categoria CN. Casalini ha svolto anche la rifinitura generale (verniciatura, replica dei loghi originali, paratie…).
La Dallara-Fiat, quasi definitivamente completata, è stata esposta per la prima volta all’inizio del 2004, in occasione di una rassegna motoristica ad Empoli. La preparazione meccanica è stata impostata fin dall’inizio in funzione di un reale impiego agonistico: dopo il mancato debutto alla salita di Cortona, Pier Luigi Muccini si è presentato alla Vernasca Silver Flag e continuerà ad utilizzare la Dallara 1000 in pista e nelle gare in salita per autostoriche.


2 commenti:

  1. bellissimo articolo,ricordo di un tempo passato ma ricco di entusiasmo,capacita'di fare,poche chiacchere e tanta sostanza.
    Foto della VTM di cui si parla all'inizio del testo?

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    1. Grazie! Della VTM ho diversa documentazione e quindi prima o poi qualcosa potrò pubblicarlo anche nel blog.

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