24 luglio 2019

Le autostoriche non esistono: riflessioni su gare, auto e vecchi tubi

Sì, va bene, titolo un po' esagerato, Non esistono, per come le intende la maggior parte della gente, fra cui molti appassionati. Non mi sono mai piaciute le autostoriche perché non rappresentano quello che ci si vorrebbe vedere. Amo la storia dell'auto e per questo benedico la grande messe di libri uscita in questi anni, Internet e più recentemente Youtube dove si possono trascorrere ore di puro divertimento guardando praticamente qualsiasi cosa venga in mente, dal DTM al BTCC, dalle salite anni sessanta al Mondiale Marche. Poi ci sono gli eventi per auto d'epoca, alcuni dei quali ormai dei classici alla loro maniera (basti pensare alla Mille Miglia), altri più squisitamente competitivi come la Le Mans Classic o il Monaco Historique.

Eventi di prestigio che si sono affiancati alle numerose manifestazioni come cronoscalate, rally o gare in pista. E paradossalmente sono proprio gli eventi di punta a deludermi, ormai è una costante. Se nella cronoscalata sotto casa vedi Fiat 127 Sport, Renault 5 Alpine Turbo e Peugeot 205 GTi, non sei tutto sommato lontano dall'originalità assoluta. Quelle macchine hanno smesso di correre nelle gare moderne dieci, venti, trent'anni fa e hanno conservato molto del loro aspetto originario. Al massimo saranno state rabberciate o restaurate. Alla Le Mans Classic, invece, trovi le Ferrari 250 GTO, le Ford GT40, le Porsche 917. O meglio, trovi i loro simulacri. Una Ferrari 250 GTO quante volte sarà stata ricostruita nella sua storia? Sono vetture da competizione che i piloti utilizzavano senza risparmio. Ed erano molto semplici: quattro tubi e un motore.

Con quale criterio si decreta l'originalità di un'auto? Si sentono paragoni con l'arte, con i pittori, gli scultori e via dicendo, senza considerare che un'opera d'arte (e una vettura a mio modo di vedere non lo è, nemmeno la più affascinante) normalmente si conserva. Può danneggiarsi poco o molto a causa di eventi esterni e del decadimento di certi materiali, ma non sarà mai trasformata o sostituita da imitazioni. Quale auto da corsa degli anni sessanta può dirsi oggi originale? Le Pietà di Michelangelo restano originali, al massimo un po' sbrecciate e opacizzate dai secoli. Con un'auto ci si sposta, si corre, si fanno le gare.



Gli appassionati vanno alle manifestazioni per autostoriche con la speranza di trovare un po' di loro stessi, salvo poi essere ulteriormente delusi dalle scarsissime performance di piloti di mediocre livello amatoriale.

Anche i professionisti ai quali essi di tanto in tanto affidano le loro vetture si guardano bene dall'utilizzarle al limite. Un Pirro che corre a Montecarlo con una Martini di Formula 3 non la sfrutterà mai come avrebbe fatto negli anni ottanta quando una vittoria avrebbe potuto aprirgli le porte della Formula 1.

Una monoscocca in alluminio durava poche gare. Oggi i collezionisti pagano milioni per che cosa? Per la targhetta del telaio, che già all'epoca passava con disinvoltura da un tubo all'altro. E così si va avanti, fra un rally farlocco (dove si vedono le Stratos con i colori Martini e quella specie di Fiat 131 Abarth con le strisce fluorescenti guidata come se fossimo al circo Togni) e una gara di "alto livello", popolata da Formula 1 che di originale avranno tre o quattro pezzi del telaio a andar bene.

Se poi ci si mettono anche i costruttori con le loro certificazioni ufficiali, il quadro è completo. Una Ferrari modificata negli anni sessanta e conservata (ammesso che esista) dovrà essere riportata alle condizioni in cui uscì di fabbrica per godere dell'avallo del costruttore? Questo è un discorso di metodo che ci porterebbe troppo lontano. Resta il fatto che un'auto storica, si deteriora come nessun altro bene di valore. L'originalità assoluta esiste sono in rari casi: mi viene in mente, tanto per citare un esempio recente, la Serenissima Sport di Le Mans 1966 battuta all'asta a Rétromobile di quest'anno, presa dopo la gara e messa in un garage, dove ha passato cinquantatre anni senza mai più fare un metro.

Ma se vuoi conservare l'originalità non dovrai toccarla, e invece il riccone di turno la farà restaurare a puntino per correre nel mondo nei weekend liberi dal suo stressante lavoro di CEO in un'azienda da un miliardo di dollari. Speriamo si ricordi, fra un contratto e l'altro, di salvare i pezzi originali, anche magari solo per costruirci l'auto a pedali al figliolo. L'effetto paradosso nelle autostoriche è dappertutto, anche quando fai le foto: ho immagini di gare in salita degli anni novanta. Come vogliamo chiamarle? Le storiche delle storiche? Per quanto mi riguarda, preferisco le gare moderne, attingendo, per il passato ai ricordi e alle tante opportunità che ci dà il mondo on-line.
L'ultima volta che sono stato alla Le Mans Classic, nel 2016, non credo di aver fatto neanche una sola foto in pista: meglio il museo di Le Mans e i tantissimi raduni di club intorno al circuito, dove magari vedi auto interessanti in condizioni spesso più oneste, perché meno rare o meno critiche rispetto a una Lotus 25 o a una Lola T298, dove cambiando quattro cose cambi tutto, ed è quello che accade nel corso del tempo con questo tipo di vetture. Ecco perché a chi mi chiede se mi piacciono le autostoriche spesso rispondo che non esistono. E non è una semplice provocazione.
(foto di questo articolo: David Tarallo)

5 commenti:

  1. “Sono pienamente d’accordo a metà col mister” dicevano.
    Condivido in generale le riflessioni effettuate.
    Ma, personalmente, ritengo che l’auto cosiddetta “d’epoca” possa essere variamente interpretata.
    Può sicuramente essere considerata un vecchio oggetto fatto per muoversi, più o meno velocemente, ricercando dimenticate o nuove emozioni. Effettivamente un’auto di 40/50 anni, soprattutto se sportiva, per essere sfruttata convenientemente sulle strade attuali o portata in circuito, ha bisogno di lavori la cui entità può anche sfiorare la ricostruzione. Poi, volendo, si può disquisire sulla qualità di tali lavori: se effettuati con parti di ricambio originali, se impiegando parti rifatte ex novo con tecniche e materiali in uso all’epoca, oppure utilizzando tecnologie e materiali moderni , che ne migliorano l’affidabilità e ne innalzano il livello di guidabilità e sicurezza.
    Oppure può essere anche intesa come mero oggetto di collezione, ancorchè prodotto in multipli , in quanto simbolo di creatività stilistica e capacità tecnica, nonché espressione iconica dello spirito del tempo. E allora può essere trattata come un affresco rinascimentale, con solo una metaforica passata di acqua distillata su batuffoli di cotone giusto per togliere la polvere dei secoli, ovvero come le mura di Carcassonne di Viollet Le Duc, ricostruendo (talvolta reinterpretando) ciò che non c’è più. Starà poi alla sensibilità del singolo, alla sua cultura ed alle sue finalità ultime decidere cosa fare.
    Tutte le interpretazioni sono comunque frutto di una passione, anche se diversamente intesa. A mio avviso possono coesistere.
    Basta non spacciare l’una per l’altra.

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  2. Sì, certo. Condivido quello che hai scritto, e del resto certi thread del blog sono un po' estremi giusto per mettere in evidenza alcuni paradossi del mondo del modellismo e dell'automobilismo. In realtà, con una macchina conservata non ci corri. Anzi, non ci fai neanche cento metri. D'altra parte restaurare una vettura con parti originali spesso è impossibile perché esiste un naturale decadimento dei materiali, dal magnesio alla vetroresina per arrivare al carbonio, la cui durata è tutt'altro che certa (basti pensare alle conseguenze di certi incidenti che alcuni collezionisti hanno avuto pilotando Ferrari Formula 1 della fine degli anni novanta). Il problema certamente è molto complesso e assume vari aspetti, da analizzare secondo il caso singolo, ma in linea di massima esso si pone proprio perché, come ho già detto, l'automobile è un oggetto d'uso e soprattutto l'auto da corsa viene sottoposta nel corso della sua vita a una serie tale di sollecitazione e modifiche che il restauro quasi sempre è qualcosa di molto invasivo che cancella anche le ultime tracce di originalità.

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  3. Sono completamente d'accordo.
    Peraltro, apprezzo moltissimo le "provocazioni" del blog. Inducono (talvolta costringono ...) a riconsiderare argomenti troppo spesso dati per scontati.
    E' un vero piacere leggerle.

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  4. Grazie, scrivo per voi e mi fa piacere che ci sia chi trova il blog interessante.

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  5. Mi associo a Kowalski. E' un vero piacere leggere gli articoli del blog. Parlando di restauri non può venire non venire alla mente il paradosso di Teseo. Durante gli anni l'imbarcazione ha visto i suoi pezzi sostituiti uno a uno fino a non possedere più nessun elemento originale. Si può dire che la nave sia la stessa che era salpata anni prima? Se si fossero poi conservati i frammenti di tutti i pezzi usurati e rotti e si fossero poi assemblati, Quale sarebbe la nave vera? Quella che solca i mari o quella chiusa in una rimessa?

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