13 giugno 2019

Speciale Le Mans parte 3: RocketByz?

Confesso di aver sentito parlare per la prima volta di RocketByz quando ho letto il comunicato della Rebellion. Del resto, dopo qualche ricerca, ho scoperto che questo tizio (per la precisione "RocketByz by Tomyboy") ha 173.000 follower su Instagram, quindi devo essermi perso qualche passaggio intermedio. Magari avrà anche dei fake su Twitter.

Del resto oggi se non hai almeno due o tre fake su Twitter non sei nessuno. Anche il team svizzero Rebellion ha voluto esibire le sue brave art car per la 24 Ore di Le Mans 2019 e il risultato sono due macchine che sembrano essere state imbrattate da un pazzo uscito da un campo di paintball. Sono vere art car queste? Lo sono a confronto con quelle di Alexander Calder, Frank Stella, Andry Warhol o Roy Lichtenstein? Lo era a sua volta quella di Jeff Koons comparata alle performance precedenti degli anni settanta? Boh. Sta di fatto che a mio avviso (a mio avviso, eh. Adesso arriveranno decine di Vittori Sgarbi che mi urleranno "capra! capra!") qui manca qualcosa. Forse il concetto potrebbe essere esteso in maniera speculare a tutta l'arte contemporanea, ma qui all'alta fantasia mancherebbe la possa, come diceva Dante. Non ho la competenza specialistica per sostenere un ragionamento di questo genere fino in fondo; non perché non conosca la storia dell'arte, ma perché non ho studiato marketing. Oggi un artista, che piaccia o no, è un brand.
Materiale stampa diffuso ai giornalisti. 


Ed è inutile che diciate che in fondo è sempre stato così, perché sarebbe una semplificazione storicamente inaccettabile. Comunque. Torniamo alle auto da corsa. Qualche anno fa ci fu quello che aveva decorato una LMP2 con i segnali stradali, non ricordo chi era e mi fa fatica andare a cercare. Lo trovate forse anche sul blog perché Spark ne aveva fatto un modello speciale, con tanto di scatolina in tema. Era un'art car, quella là? Non lo so. Intanto prendiamoci qualche spruzzata di vernice dal campo di paintball.
[foto: David Tarallo]

2 commenti:

  1. Molto deplorevole la presenza di queste pseudo art-car, ai nostri tempi si usava veramente il pennello e le vernici per fare una vera "livrea" a una auto da corsa, oggi basta avere un computer, un plotter, un film autoadesivo e un disegnatore birro-dipendente ed è fatto! Una cosa veramente anonima, loro fanno come noi nel nostro mondo 1/43 noi abbiamo le decals, loro lo fanno sull'1/1 hanno scoperto come diciamo noi in Toscana la "hot water"
    Il prossimo anno vado io alla 24ore con una cassetta di evidenziatori fluorescenti e mi propongo.
    Per intanto io rimango in vacanza e aspetto. Cu-Cù.
    REMEMBER

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  2. Il problema non è tanto tecnico quanto concettuale. Non è tecnico perché anche in passato si faceva così. Il solo ad aver decorato a mano una art car è stato Andy Warhol. Gli altri avevano presentato un bozzetto che avevano potuto poi seguire e visionare sulla vettura reale. Lo stesso Calder aveva decorato a mano solo un modellino radiocomandato. In fondo è l'idea della concept art. E' proprio dal punto di vista "artistico" che il discorso pone problemi. E' sufficiente pastrocchiare una macchina e definirla opera d'arte viaggiante? Non credo.

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