Di produttori britannici o francesi esistono documentati repertori di materiale promozionale, nonché una fitta letteratura più o meno underground su varianti di colore, prototipi, pre-serie. Le principali case d'asta e i siti di vendita più prestigiosi propongono abbastanza spesso modelli unici provenienti da fonti sicure, siano esse le raccolte di Marcel Van Cleemput o Monty Calme, di Bertrand Azéma o di Mike e Sue Richardson.
E in Italia come siamo messi? Già alcuni volenterosi hanno ricostruito il più fedelmente possibile le produzioni partendo dall'evidenza dei dati (ossia modelli esistenti e cataloghi); al di là dell'importantissimo contributo di Rampini, potremmo citare il bellissimo repertorio on-line di Aessemodel (corredato da piacevolissimi e mai banali testi) oppure altri volumi usciti sulla storia della Mercury o della Politoys, ma limitati, questi, a una mera sommatoria di dati. Manca, come si suol dire, il sale. Sale che si ottiene solo applicando al tema i criteri della ricerca storica; qualche anno fa lo fece Giorgio Giuliani con un saggio sulla Rivarossi/Pocher, e i risultati furono decisamente convincenti.
Quasi per caso mi sono imbattuto in un sito sulla Polistil/Politoys, che - giustamente - non è il "solito" sito: all'indirizzo www.quellidellapolistil.it potete trovare una lista esaustiva delle principali linee che fanno capo al marchio Politoys, ma anche qualcosa di ancora più affascinante, perché lontano dalle trite liste e listine che la maggior parte dei collezionisti considera sufficienti per esaurire l'argomento. Attraverso alcune testimonianze dirette, si prova a ricostruire il modo di lavorare dell'epoca (http://www.quellidellapolistil.it/quelli-che-hanno-lavorato-alla-polistil) e, nascoste qua e là nelle descrizioni dei singoli modelli, delle perle di storia che rischiano di andare perdute per sempre.
La homepage del sito www.quellidellapolistil.it . |
Sono grato al sito perché mi ha fatto tornare alla memoria un personaggio della mia infanzia che giaceva dimenticato non so da quanto tempo, il Gatto Arturo della TSI (Televisione Svizzera Italiana), che i bambini italiani nati all'inizio degli anni settanta conoscevano bene perché la TSI si "prendeva" senza problemi in varie zone del territorio nazionale, come del resto il canale francese o Capodistria.
Fine anni settanta: il Gatto Arturo di TSI fa visita allo stabilimento della Polistil di Chiari (Brescia). |
Io ho abitato a Chiari, fino al 1978, a meno di un km dallo stabilimento Polistil, che all'epoca era proprio all'ingresso del paese. Con gli amici, andavamo dietro alla fabbrica, dove buttavano gli scarti, per recuperare qualche pezzo e fare le prime elaborazioni. A volte si trovavano addirittura pezzi per fare modelli quasi completi.
RispondiEliminaRicordo che molte famiglie che conoscevo lavoravano a casa per la Polistil. Ognuno faceva un montaggio particolare. Chi pressava i cerchi nelle ruote in plastica, chi assemblava le plastiche dei motori, chi attaccava gli adesivi. E, anche lì, qualche pezzo di ricambio lo si recuperva sempre. Soprattutto i fogli con gli adesivi, sia quelli "belli" su film trsparente che quelli di carta.
C'era anche l'usanza di farsi comperare i prodotti scontati direttamente dai dipendenti, che avevano uno sconto consistente.
Bei ricordi...
Luca