11 agosto 2013

Ferrari Dino 246 SP 1961 di Art Model: resina per la prima Ferrari sport a motore posteriore

Art Model passa alla resina (scelta ormai inevitabile per i produttori di diecast) e lo fa con la Ferrari Dino 246 SP in configurazione 1961. Si tratta di un modello importante per la storia della Ferrari, essendo la prima sport-prototipo a montare il propulsore in posizione posteriore (o, più correttamente, centrale). Presentata alla stampa nel febbraio del '61, la 246 SP aveva un telaio simile a quello della 246 di F.1 dell'anno precedente e un 6 cilindri a V di 65° e 2,4 litri, direttamente sviluppato da quello impiegato sulla Formula 1 campione del mondo 1958. Nella stagione 1961 la 246 SP sarebbe stata affiancata alla più tradizionale 250 TRI 61 a motore anteriore: una combinazione di soluzioni tecniche che fruttò a Maranello il settimo titolo di campione del mondo costruttori. La scelta di Art Model è senz'altro azzeccata, perché la 246 SP del '61 è un modello che deve entrare di diritto in ogni collezione riservata alle sport-prototipo o più in generale alle auto da competizione. Per il momento l'unica versione uscita è quella "presentazione" (catalogo ART259), cui presto faranno seguito varie configurazioni relative alle gare della stagione agonistica, da Sebring al Nurburgring alla Targa Florio, da Le Mans e - speriamo - alla 4 Ore di Pescara. Le varianti non sono difficili (le 246 SP avevano per lo più i classici numeri bianchi squadrati, tipici delle Ferrari di inizio anni sessanta) e la resina dovrebbe permettere di apportare le piccole modifiche necessarie per rispettare le differenze riscontrate da una prova all'altra (a Sebring, per esempio, era presente in mezzo al cofano posteriore un cupolino di aerazione, visto anche alle prove di Le Mans. Complessivamente sono sette le versioni-gara realizzabili con questa base, alle quali possono aggiungersi, come detto, la versione delle prove di Le Mans, e una curiosa numero 13, che girò a Modena a giugno, in vista della 24 Ore (una foto è reperibile sul libro di John Godfrey, Ferrari Dino SPs , Patrick Stephens Limited, 1990, pag. 80; si tratta fra l'altro di un'opera forse poco conosciuta dalle nostre parti ma che consiglio vivamente). Il prezzo al pubblico del modello, rigorosamente "made in Italy", si aggira sui 70 euro. Troppi? Il discorso ci porterebbe lontano.
La Dino 246 SP del 1961 è un'ottima scelta da parte di Art Model e la resina è ormai considerata come il materiale di riferimento per i nuovi modelli di serie. La prima cosa che salta all'occhio è l'eccellente qualità della verniciatura, uniforme, non troppo spessa e brillante il giusto. 

Le linee sembrano abbastanza corrette anche se qualcuno ha avanzato il dubbio che la larghezza sia leggermente insufficiente ma una verifica condotta sulle dimensioni principali ha evidenziato valori corretti. La carrozzeria è in resina mentre il pianale è in plastica. 

I cerchi a raggi sono i soliti che siamo abituati a vedere sui modelli del gruppo M4: tutto sommato più che accettabili, ma col gallettone corretto solo sul lato sinistro. 

Forse l'andamento dell'originale cofano posteriore, con il famoso spoiler, risulta un po' troppo angoloso. Gli scarichi erano probabilmente neri o comunque molto più scuri dell'alluminio scelto da Art Model. 

L'abitacolo è ben dettagliato, ma alcuni particolari stonano decisamente, come la cinghietta fermacofano in decal e il supporto dello specchietto in plastica troppo spessa. Oltretutto lo specchietto dovrebbe stare del tutto al di sopra della linea del parabrezza, non al di sotto. Il piccolo tergicristallo è in fotoincisione, mentre il grande parabrezza è in plastica. La paratia alle spalle del pilota è simulata da una decal. 

In pratica su questo modello si assiste ad una commistione fra vecchio e nuovo: la resina è abbinata a particolari derivati dai diecast tradizionali, con un effetto generale leggermente contraddittorio. Le prese d'aria e sfoghi sono state riempite da elementi scuri che ne simulano il carattere passante, con un realismo tutto sommato accettabile.  L'abitacolo, importante, in un modello come questo, fa la sua figura nonostante risenta di una concezione ormai piuttosto datata. Art Model aveva già a disposizione la Dino del '62 e l'impianto è quello. 

Troppo larghe le gomme; le griglie anteriori non sono troppo convincenti. In alcune versioni esse non sono presenti. mentre a Le Mans si trovavano dei fari di profondità incastrati nelle due bocche "di squalo". Le aperture delle "orecchie" ai lati dei vetri sono simulate con una specie di adesivo nero opaco, impiegato anche per tutte le altre aperture. 

Ancora una vista di fronte che evidenzia, forse in maniera eccessivamente impietosa, alcuni difetti del modello: gomme decisamente larghe, lo specchietto al di sotto della linea del parabrezza, griglie poco realistiche. Le prese d'aria dei freni sono state lasciate rosse. Nella realtà l'effetto è sicuramente meno scioccante, ma il consiglio è quello di operare un trompe l'oeil con un po' di vernice nera. 

I gruppi ottici si sono evoluti rispetto ai vecchi Bang, Best e compagnia: qui abbiamo il faro con la sua calottina in plexiglas. L'effetto è buono. 

I tappi dei serbatoi sono in plastica verniciata in un alluminio opaco. 

Le razze del volante fotoincise con la corona di uno spessore accettabile. Il cruscotto è realistico, con la strumentazione e il pannello in alluminio simulati in decal. La targa, Prova MO-53, è quella del primo esemplare fotografato all'inizio del 1961. In gara vennero utilizzati due telai, lo 0790 che aprì la stagione a Sebring, cui si affiancò occasionalmente lo 0796. 

La 246 SP Dino ottenne una memorabile vittoria alla Targa Florio del 1961 con Von Trips, Gendebien e Ginther. L'altro piazzamento della stagione fu il terzo posto con lo stesso equipaggio alla 1000km del Nuerburgring. 

Da questa foto si può apprezzare la buona trasparenza del grande parabrezza, realizzato in plastica come da tradizione dei vecchi diecast. 

2 commenti:

  1. Ciao David,
    Premetto che a me piace molto il modello di Art Model che produce da anni; ben oltre dieci anni...
    Non mi entusiasma invece questa nuova riproduzione. Come hai scritto la griglia anteriore non è niente di che e la macchina mi pare un pò troppo alta. Dici che è stretta ma, almeno a giudicare dalle immagini, mi sembra che l'errore sia nell'altezza. Ma può essere che venga tratto in inganno dalla foto.
    Poi il prezzo sui 70 euro (poco meno di 60 in un sito Internet) mi sembra un pò troppo elevato. Considerando che M4 sta già "sparando" alto con i marchi Art Model, Model Best e Rio. La stessa cosa non accade con M4 che ha in catalogo le Alfa Romeo con prezzi onestissimi intorno ai 20 euro. Certo, questa è resina, ma il prezzo rimane sempre alto!
    Insomma... C'era tutto questo bisogno di ristampare la già bella (secondo me ovviamente) Dino SP di Art Model quando ci sono modelli che in die-cast non sono ancora stati realizzati, almeno negli ultimi 10-15 anni?
    Modelli mancanti che grazie alle edicolose, non brutte ma pur sempre edicolose, di Ferrari Racing Collection siamo riusciti a tamponare nelle nostre collezioni!
    Piuttosto che mettersi a (ri)fare la Dino SP perchè non si è cimentato nella produzione della 212 E? Ha lo stampo della Dino 206 S; modificandolo, vista la strettissima parentela tra le due sport-prototipo, ne uscirebbe un bel modello. O sennò qualche macchina strana della serie Can-Am. Insomma, stampo nuovo per stampo nuovo perchè non buttarsi su 350 Can-Am o 512 M Spider?
    Siamo sicuri che riuscirà a vendere queste nuove realizzazioni? Mah...

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  2. Molto più semplicemente, Riccardo, stavo per scrivere che chi ha o trova il kit Jielge si monti pure quello e ne ricaverà maggior soddisfazione. Non l'avevo scritto prima, me l'hai fatto scrivere tu!

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