Veniamo ora all'ultima fase di questa storia a puntate della Minardi-BMW F.2 di Faster43. Ringrazio Umberto Cattani per il suo testo e le foto del montaggio, che mi auguro (ma ne sono convinto) possano interessare quelli che il kit lo conoscevano già e anche quelli che non ne avevano mai sentito parlare. Credo che con Umberto ci accomuni la passione per questi soggetti di estrema nicchia - lui scrive nel suo testo che nessun produttore orientale mai si interesserà a questa Minardi GM75. Io non ne sarei così sicuro, visto che a Spark, Bizarre e compagnia bella in un recente passato è capitato di occuparsi di soggetti ancora più esotici (ormai con la resina non è neanche più una questione di costo degli stampi, e comunque la GM75 potrebbe essere declinata senza problemi in cinque-sei versioni diverse). Anzi, penso che la volta che Spark metterà mano alla saga della Formula 2, oltre alle obbligatorie March e Toleman avremo parecchie altre sorprese, basti pensare a quanto hanno fatto con la Formula 1. Ma anche quando (se) avremo una Minardi F.2 di Spark, questo modello di tanti anni fa, in metallo bianco, continuerà a sprigionare il fascino di una stagione perduta. Il kit montato di queste pagine può essere considerato un vero e proprio factory built, molto probabilmente l'unico realizzato su commissione diretta di un privato, con tutti gli altri - una ventina circa - destinati alla Minardi stessa e ai negozi.
Montiamo una Minardi, ricordando…
a cura di Umberto Cattani
1980, sono trascorsi trentacinque anni,
all’orizzonte l’incoscienza di un lavoro in embrione unito all’entusiasmo di un
progetto intrigante. Il primo ordine serio, il contatto con l’automobilismo che
conta, sentirsi importanti anche se si era usciti da poco dalle fauci
dell’università. Continuare gli studi oppure buttarsi nell’avventura?
Artigiani oppure dottorandi? Tanti
interrogativi si rincorrevano.
La storia, quella vissuta da noi poveri cristi, non quella sacra narrata
dall’umanità, ha deciso come sapete.
Come già accennato, Bruno Banzoli, autore
del prototipo della Minardi GM75 di F2, era un grande estimatore dei modelli
creati da Jean Pierre Viranet per il marchio X-Tenariv e nella realizzazione
del master si è ispirato ai dettami dell’artigiano francese. Aggiungiamo a
questo, un dettaglio importante: Bruno è persona razionale, e nella
progettazione mise questa sua prerogativa. Ed anche, seguendo questa genesi,
bisogna ribadire come la fotoincisione fosse ancora una chimera, mentre la
resina muoveva i primi passi. La scelta del metallo fu quindi un obbligo, anche
perché il prototipista odiava con tutto il cuore la resina…
Sui preamboli che hanno condotto alla
produzione della GM75, abbiamo già scritto all’interno del blog.
Ora che gli ingredienti sono pronti sul
tavolo, è giunta l’ora di preparare il piatto. Le sfide dei cuochi oggi, come
sapete, vanno tanto di moda…
La scocca va aggiustata, rettificando le
pance laterali. Allo scopo, va inserita in una morsa e quindi stretta fin
quando le fiancate non sono allineate e parallele.
Il metallo è buono, non a
livelli francesi, s’intende, ma in Italia era possibile bussare solo alla porta
di Claudio Riva (MERI Kits) per questo tipo di fusioni, l’indirizzo del
fornitore parigino di Ruf era top secret e noi, non ambivamo a tanto.
Carrozzeria e pianale sono spazzolati,
lucidati e poi stuccati dove necessario. Il lavoro è abbastanza agevole e
procede senza troppi ostacoli. I soliti passaggi di routine, insomma.
Sulla carrozzeria si praticano i fori che
ospiteranno specchietti, roll-bar e baffi anteriori, lo stesso dicasi per il
motore e gli accessori che lo completeranno, ossia tubo di scarico e polmone di
aspirazione. Il pianale è completato con il cruscotto, incollato a parte così
come il volante con relativo piantone, ottenuto da uno spillo la cui capocchia
funge da assorbitore d’urto. Il tutto va dipinto in colore alluminio, Guerra
non aveva una copertura del sedile, guidava direttamente sulla sagoma
metallica. L’estintore davanti alle
gambe del pilota era di colore rosso.
Anteriormente, i bracci inferiori della
sospensione erano ricavati dalla stessa fusione. Vanno dipinti in nero opaco
poi satinato grazie ad un pennello a setole dure.
Le cinture sono un accessorio obbligato,
per impreziosirle, ho montato fibbie fotoincise, d’obbligo su una monoposto ( e
non solo su questo tipo di modelli…)
Uno spillo riproduce la leva del cambio,
sul cruscotto è stata aggiunta una decal che figura la succinta strumentazione.
Motore e tubo di scarico sono dipinti con
una miscela di alluminio e gun metal, applicati a pennello poi “lavati” con
solvente alla nitro per far apparire, dove necessario, le spigolature del
metallo.
Per rispettare la realtà, i baffi anteriori,
l’alettone ed il sostegno dello stesso sono stati carteggiati, spazzolati e
lucidati con un prodotto specifico per metalli. Per la carrozzeria, il
passaggio dei colori è obbligato. Prima
il fondo grigio, poi un paio di mani di Giallo Taxi. Ad essiccazione
avvenuta, il giallo va mascherato e sulla scocca vanno stese alcune mani di Blu
Fiat 456, secondo le specifiche originali della GM75. Lo snorkel va verniciato
nella stessa tonalità, poi completato da un filetto giallo, non previsto in
origine.
Successivamente, va applicato uno strato
di trasparente 2K Max Meyer che garantisce una durata ottimale nel tempo. Le
decal sono stese successivamente, dopo altalene mentali mica da ridere, sono
arrivato a questa conclusione, nel caso qualcosa andasse storto, David potrà
sempre contare su una buona dose di ricambi. Il fatto stesso di poter disporre
di decalcomanie e particolari supplementari, rende il lavoro più tranquillo. Le
classiche paturnie generate da rotture o mancanze, sono, almeno per questo kit,
assenti. Lo stress da montaggio diminuisce ma, complice l’età, è sempre dietro
l’angolo.
Dell’argomento, si potrebbe parlare,
magari più avanti. Lo stress del montatore (non quello patito da Lando
Buzzanca, ovviamente).
Curiosamente, il kit è stato “manipolato”.
All’epoca, ma anche negli anni a seguire, ho sempre chiuso i sacchetti degli
accessori con una puntatrice, la stessa che mi accompagna da allora. Una Rapid
51 che non conosce di certo il peso del tempo. Bene, i sacchetti del kit erano
sigillati termicamente, indice che qualcuno li aveva violati. Sacrilegio! Pur
avendo una discreta dotazione ricambi, ma non in grado di coprire tutti i
particolari, ho osservato con cura che non mancasse nulla. Fortunatamente,
l’unica incongruenza era riferita ai cerchi. Erano infatti quelli che
equipaggiavano le F1 di FDS, stampati in plastica cromata. Inadatti, così come
le gomme che li corredavano, ad una F2. Chissà come erano finiti nel kit…
Frugando nella scatola dei ricambi, sono riapparsi quelli originali. Le gomme
sono state sostituite da altre slick, provenienti dalla magic box, dato che le
originali, prodotte da Brianza, erano scomparse dal catalogo ABC da decenni.
Devo ammettere che questo è stato l’unico problema riscontrato durante
l’assemblaggio finale. Le decalcomanie si sono comportate molto bene, Cartograf
è sempre una garanzia, la qualità si pagava allora come ora ma assicurava la
durata nel tempo. Lo stesso non si può dire per gran parte della produzione
francese, anche molto più recente.
Le molle elicoidali degli ammortizzatori
sono ottenute da filo metallico arrotolato su uno stuzzicadenti. Una certa
attenzione va dedicata all’incollaggio del traliccio superiore della
sospensione che va adattato sul motore, inserendosi ai bracci inferiori su cui
vanno applicati i mozzi con le prese aria dei freni.
Per arricchire il risultato finale, ho
aggiunto le bandelle laterali ottenute da un listello metallico, il faretto di
coda e le coperture degli estrattori orizzontali sulle pance, anche queste
ricavate da una lastrina tagliata ed adattata alla bisogna. Tocco finale,
pedaliera fotoincisa. Non si vede, ma è presente.
Il modello ora dorme il sonno dei giusti,
adagiato su una basetta in legno, in ossequioso rispetto dell’origine. Negli
anni ottanta, infatti, più che la vetrinetta, era la base a costituire quel
tocco di eleganza in più. Gli stessi modelli realizzati per conto di Minardi,
erano avvitati ad una piccola base in legno.
Un ultimo dettaglio. Il kit della GM75 F2
è molto, ma molto raro. Credo di averne venduti non più di cinquanta. Se vi
capitasse di trovarne uno, prendetelo. Ovviamente io non ci guadagno più nulla
ma avrete in collezione un modello originale, realizzato col cuore più che con
la calcolatrice. Se poi temete che un domani qualche mente orientale possa
realizzarlo, beh…potete dormire sonni tranquilli.
Questa minardina non godrà mai delle
attenzioni dei colossi cinesi, piccola è e tale resterà, sia nelle dimensioni,
sia nel novero dei successi sportivi.
Oggi la nicchia, l’angolino oscuro,
regalano, se apprezzati come dovuto, piccole ma gustose soddisfazioni.
Montando questo kit, sono entrato nella
macchina del tempo. E, come ben scriveva il poeta, il naufragar è stato dolce
in questo mar.
Grazie David per avermi fatto riassaporare,
seppure per pochi giorni, il sapore di quel mare.
Bella storia, mutatis mutandi, mi ci sono ritrovato alle prese con il recupero delle due Ferrari Vignale di John Day di cui parlo nel Forum Duegi.
RispondiEliminaMarco Nolasco