24 dicembre 2019

Che c'entra un racconto di Antonio Manzini col nostro mondo dei modelli speciali? Poco, ma...

"Cinquanta in blu. Storie" è il titolo di un bel volume uscito lo scorso ottobre per celebrare il mezzo secolo dell'editore Sellerio. L'idea è intrigante: prendere alcuni titoli già usciti per i tipi dell'editore palermitano e farli "rivisitare" da nuovi scrittori, che ne stravolgono il senso, fanno contaminazioni, immaginano storie diverse e magari fanno entrare i protagonisti del libro originale nel loro testo. Un'operazione letteraria al contempo raffinata ma non inutile perché creativa e stimolante. La scacchiera di Antonio Manzini è a mio parere uno dei racconti meglio riusciti di questa raccolta: decadente e lucido, trasmette la parabola discendente ma ricca di significato di una compagnia di teatro che ha fatto la storia ma che arriva alla conclusione che più nessuno si interessa a quest'arte; è una consapevolezza piena di cultura, che trasuda quasi autocompiacimento nel constatare i tempi che cambiano.


Il racconto ha diversi piani letterari che varrebbe la pena analizzare, ma mi permetto di inventarmene uno cui sicuramente l'autore non avrà pensato (non era neanche questo forse lo scopo del racconto): la fine in generale di un modo di intendere l'arte o l'artigianato, il decadimento inesorabile del linguaggio analogico e del passaparola, dell'attività comunicativa che prevede la partecipazione di persona dei referenti. Questo era il teatro, questo è... Beh, esageriamo: questo era il nostro mondo del collezionismo trenta o quarant'anni fa. Fine anno 2019, i social sono pieni di collezionisti che litigano e si accapigliano sull'ultimo GT-Spirit o l'ultimo Laudoracing. Questa è la situazione attuale e non dico che sia peggiore di quando, specie nelle città marginali (e la nostra Firenze, dal punto di vista collezionistico, è sempre stata una città marginale) restavi isolato in casa ad aspettare pacchi dall'Europa pieni di dazi doganali che ci mettevano una vita ad arrivare da Parigi o dalla Gran Bretagna. Era tutto sommato un mondo abbastanza triste, pieno di brutte notizie e colmo di domeniche morte in cui non c'era letteralmente un tubo da fare. Quel racconto di Manzini è il trait d'union fra quella mentalità del passato che ti imponeva di essere creativo e il mondo di oggi che sembra ignorare completamente i relitti dei decenni scorsi che - rari nantes in gurgite vasto - di tanto in tanto riaffiorano da qualche parte. Mi è capitato di recente di trovare su eBay un paio di venditori francesi che hanno messo on line modelli speciali tipici della fine degli anni settanta: MRF factory built (rari), Belle Epoque, degli AMR della prima ora, Eligor in resina, Playtoy, MA Collection e così via. 


Erano quelli i modelli che nell'oscurità di quel periodo, si aspettavano per settimane. Ti arrivava un montato dall'Inghilterra strapieno di gommapiuma che aveva fatto più danni che altro e eri anche contento, dopo averlo malamente riparato e rabberciato. La sua unicità, la sua rarità facevano tollerare tutti questi inconvenienti. Oggi gli speciali esistono ancora, ma qual è la differenza rispetto al passato? All'epoca questi modelli erano essenziali per una collezione, nel senso che se volevi qualcosa non potevi trovare altro. L'attrazione verso questi modelli era motivata, credo, dal mero interesse nei confronti del soggetto riprodotto. Chi comprava una Ferrari Daytona Spyder di MRF penso che volesse tutto sommato mettersi in collezione una riproduzione di quella vettura e non tanto un modello fatto a mano, in Francia dal montatore X o dal produttore Y. 

Oggi che gli speciali non sono tramontati, forse lo spirito è in parte cambiato. Certi modelli artigianali (non tutti ma alcuni sicuramente) si acquistano per avere qualcosa di esclusivo, magari di fronte all'imperante Spark che ha si è in pratica sovrapposta a molta della produzione "speciale". Oggi acquistare un modello artigianale lontano dal mainstream (non parlo di BBR, MR Collection o simili, quelli sono un'altra storia) significa forse proprio ricercare un'esclusività legata al prodotto e al lavoro che c'è dietro. Senza contare che fra alcuni collezionisti si sta manifestando l'interesse per marchi che a lungo sono rimasti semisconosciuti o sono stati sottovalutati, come RD Marmande, su cui vi invito a leggere i fondamentali interventi di Vincent Espinasse sul blog dell'Auto Jaune. Difficile dire che seguito avranno queste tendenze a lungo termine. Certo è che il collezionismo a volte prende strade imprevedibili rivalutando e facendo rivivere aspetti e personaggi che forse con troppa superficialità si sono dati per definitivamente dimenticati. Come il teatro?

4 commenti:

  1. Condivido in pieno questo tuo pensiero. Dirò di più: gli speciali di allora erano qualcosa di veramente sacro; quelli di oggi, a mio parere, sono delle piccole opere di perfezione che risaltano in un mondo, quello del modellismo, dove ogni cosa viene fatto passare per speciale,vuoi per la sua tiratura limitata, o vuoi per le tecniche costruttive che hanno raggiunto livelli molto alti. Oggi però avverto che quella sacralità del modello speciale non c'è più!

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    1. Oltretutto l'arrivo di un modello era sempre qualcosa di eccezionale. Lo si attendeva a lungo e aspettandolo si guardavano e riguardavano all'infinito le poche foto pubblicate su riviste e cataloghi, quando c'erano. Oggi è tutto più facile e prevedibile. Non che sia un male ma chi ha vissuto i tempi pre-Internet ne è rimasto inevitabilmente segnato.

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    2. Vero! Io orecchiavo l'arrivo del motorino del postino dal secondo piano e, calcolando i giorni dalla data di spedizione, capivo che era arrivato ciò che aspettavo. Tutto ciò al culmine di un percorso dove si era trovato il kit, si era affidato ad una certa persona, indicando le specifiche desiderate, aggiornandosi al fisso data la quasi assenza di cellulari, etc... Momenti irripetibili!

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    3. Eppure si riusciva a mettere insieme collezioni notevoli e anche nel giro di poco tempo, oltretutto. Ho vissuto i momenti magici degli anni ottanta in maniera parziale, essendo nato nel 1971, ma conservo ricordi indelebili di quel periodo. Immagino il divertimento di chi poteva - a differenza del sottoscritto - muoversi liberamente visitando borse, negozi ed esposizioni col treno e con l'auto. Forse proprio per l'eccezionalità di ogni singolo evento, i ricordi si son fissati meglio nella memoria e restano scolpiti per sempre.

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