11 maggio 2019

Delle gare in salita per autostoriche nel weekend della Scarperia-Giogo: una visione controcorrente



Non ho mai particolarmente apprezzato le gare per autostoriche, tranne alcune eccezioni rappresentate da eventi di punta come quelli a Goodwood, la Le Mans Classic, il Montecarlo Historic e roba simile. Non è certo un atteggiamento snobistico, visto che ho trascorsi nelle categorie praticamente in tutti i ruoli. Alla fine degli anni novanta ero addetto stampa della Scuderia Piloti Fiorentini che in quel periodo si contrapponeva validamente a tante altre realtà italiane, fra cui ovviamente l'altro sodalizio principale fiorentino, la Scuderia Biondetti. All'epoca, la Coppa della Consuma era capace di attirare duecento partenti, e di macchine belle ce n'erano. Soldi ne giravano, lasciamo perdere di quale natura, ma ne giravano. Alcune gare che si disputano oggi, a parte quelle di grande tradizione storica, sono nate proprio in quell'epoca, fra cui la Scarperia-Passo del Giogo. Erano anni che non ci andavo, quest'anno è stata l'occasione per farci un salto. Sempre a mio modo, ovvero evitando accuratamente il gorillaio presente alla partenza e all'arrivo e sistemandomi in qualche curva strategica provvisto di ogni cosa necessaria a passare un pomeriggio in completa indipendenza.

Riaperta la strada, subito via, per evitare le grandezzate da pescatori che si sentono in questi contesti attorno ai parchi chiusi. Una regola d'oro che ho imparato da tanti anni: scansare premiazioni, scansare ristoranti strapieni (alla Coppa del Chianti, se non eri almeno in cinque o sei non ti prendevano neanche in considerazione, chissà sarà oggi). Oltretutto se nella tua ingenuità provavi a salutare certi personaggioni con i quali normalmente eri in confidenza, quelli manco ti salutavano. Questo era (e forse è) l'ambiente delle gare per autostoriche. Preferisco le sofisticazioni dei campionati professionistici, almeno quelli se le danno sul serio e per delle ragioni giustificabili. Cos'ho trovato dopo anni di assenza in queste categorie? Poco di nuovo. Mancano ormai le auto più belle, quelle degli anni cinquanta o sessanta che nessuno più ha il coraggio di portare in gara perché bisogna per forza fare il tempo, e per quello ci vogliono le Ritmo, le 127, le 128 o le 911 Carrera SC, macchine che se vai in al parcheggio della Coop le trovi. Senza offesa per questi mezzi tipici degli anni settanta-ottanta, vederle all'opera nelle gare per auto d'epoca fa oltretutto davvero strano. Si vede che anche chi scrive sta diventando d'epoca. Oggi forse le cose si saranno anche assestate, e gli eccessi speculativi che videro le cronoscalate per auto d'epoca di venti anni fa al centro di certe operazioni di personaggi ai limiti della legalità sono finiti. Per alcuni versi è un bene.

Per altri, oltre al gusto di una scampagnata e allo scatto di qualche altro centinaio di foto che serviranno a ben poco, resta la sensazione di qualcosa di cui si potrebbe fare tranquillamente a meno. Altrimenti, la mia personale alternativa è sempre la solita: seguire l'attualità (che è quella che avrà un valore giornalistico in futuro) e rifarsi gli occhi sui libri di storia quando si ha nostalgia del passato.