12 aprile 2017

Abarth 1000 Pellanda e Garavello di Brumm, ovvero le radici dell'automobilismo italiano


Esiste in ogni paese un automobilismo di base, che costituisce le radici vere della disciplina; fatto di personaggi spesso poco noti oltre i confini, di piloti e di preparatori dalle carriere pluridecennali, questo automobilismo è qualcosa di terrigno, di misterioso, che si nutre di cronoscalate, di lunghe sfide in pista, di rally ruspanti. Negli anni settanta era così, ancora più di oggi, ora che la globalizzazione e l'esigenza di diversificare al massimo la propria attività ha tolto un po' di patina nazionale ai partecipanti a questo sport. Parli di una vettura come l'Abarth 1000 derivata 600 e ti vengono in mente tantissime storie, tutti quei preparatori che anno dopo anno riuscivano a ottenere prestazioni sorprendenti con quei motori, e ovviamente anche con l'altro classico dell'automobilismo italiano di quei periodo, il derivato Fiat 500. Storie e leggende fiorite attorno a queste figure, per fortuna messe sempre più in evidenza da svariati libri usciti negli ultimi 10-15 anni, ma anche da tanti modelli che in una collezione danno l'idea dell'importanza di una passione, magari accanto a vetture meno sconosciute, facenti parte di una storia maggiore - ma per un momento lasciamola stare, la storia maggiore, e osserviamo un paio di novità di Brumm, che ha abilmente sfruttato la validissima base della 1000 TC già in produzione da diverso tempo per ricavarne nuove e interessanti variazioni sul tema. Alcuni modelli che figuravano in catalogo sono stati aggiornati, ma a questi se ne sono aggiunti in questi giorni altri, due dei quali saranno particolarmente intriganti per i cultori dello sport motoristico italiano.

Col numero di catalogo R559 è ormai disponibile la vettura della Scuderia Brescia Corse, preparata a Garavello, che prese parte con Rino Amighini alla Coppa Carri di Monza nel 1973. E' una livrea già piuttosto conosciuta, soprattutto per chi ricorda il modello speciale Remember. Queste Abarth 1000 non possono far tornare alla memoria l'estate del 1986, in cui Valerio Barnini uscì con tutta una serie di versioni che nessuno aveva mai visto, dopo i timidi tentativi di qualche altro produttore di speciali alla fine degli anni settanta. Barnini fu il primo a trattare il tema con un certo approfondimento, e fu una vera rivoluzione.

Si sdoganava in fondo quell'automobilismo "minore" che finanche le marche di speciali avevano fino a quel momento snobbato. Oggi la situazione è cambiata e non è raro vedere produttori di diecast e/o di modelli in grande serie dedicarsi a soggetti decisamente oscuri. Le tirature non sono più quelle di allora ed è necessario diversificare la produzione con versioni anche limitatissime.

La seconda vettura fa da pendant con la vettura di Garavello: si tratta della "1000" preparata da Pellanda, e qui siamo addirittura nel 1976, quindi nell'ultimo periodo di servizio di questa popolare auto.

La gara è la cronoscalata Trento-Bondone, il pilota è Giancarlo Chivacci. Il nome del veneto Luigi Pellanda viene quindi ad aggiungersi alla schiera di modelli rappresentativi di preparatori che meriterebbero maggiore notorierà, e chissà che qualcuno prima o poi non si decida a proporre la riproduzione della sua sport 1000 derivata Abarth (ma con motore Fiat 128 a iniezione) che portò in gara alla fine degli anni settanta.

La finitura dei due modelli è più che buona, anche se le decals in oro della vettura di Pellanda avrebbero meritato più attenzione nella loro posa. Mancano purtroppo i filetti sui passaruota: sarebbe stato così difficile riprodurli, magari in tampografia, visto che Brumm ha il pieno possesso di questa tecnica? Manca anche lo specchietto retrovisore esterno. Molto belli i cerchi specifici a quattro razze, mentre la 1000 di Garavello monta i più convenzionali cerchi dal disegno Abarth. Due modelli che posti l'uno accanto all'altro in una vetrina racconteranno molte storie di un automobilismo che non c'è più.

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