Sono convinto che ogni interesse spinto all'estremo diventi malsano. Così come malsane sono certe fisse prese dai frequentatori di alcuni forum su temi sicuramente importanti ma che alla lunga stancano perché ne viene fatto un uso eccessivamente emozionale quando non monomaniaco. Penso ad esempio a certe tematiche legate ad un determinato sponsor o a un tal pilota. La Corvette C3 col telaio tubolare è uno di questi temi, chissà perché.
Quando se ne parla troppo, per reazione naturale tendo ad allontanarmi da un argomento e anche in questo caso mi ero riproposto di lasciar perdere l'uscita del primo Spark relativo alla più estrema delle Corvette. Ho poi cambiato idea, visto che ho il modello sotto mano e che è l'occasione buona per rievocare un'auto dell'IMSA, campionato che da sempre mi affascina e di cui ho potuto parlare di persona con diversi protagonisti.
Quella fatta approntare da John Paul sr alla fine del 1977, sfruttando un'apertura dei regolamenti tecnici verso una più larga permissività, fu la seconda Corvette a telaio tubolare. Progettata da Bob Riley, la Corvette di Paul aveva una struttura costruita da Charlie Selix e Gary Pratt (in seguito socio nella famosissima Pratt & Miller). Il motore, big block V8, sviluppava oltre 750 cavalli. Questa specie di mostro debuttò in IMSA alla 100 Miglia di Road Atlanta, il 16 aprile 1978. La competitività del mezzo fu subito evidente, con John Paul sr in grado di lottare con i migliori e alla fine quinto.
Nove furono le uscite stagionali della "SuperVette" (così venne battezzata), con un secondo posto ad Hallett e un terzo a Lime Rock come migliori risultati. L'auto fu poi ceduto al T&D Racing di Tico Almeida e Rene Rodriguez, con John Paul che decise di concentrarsi sul materiale Porsche, che andava per la maggiore nell'IMSA.
La versione scelta da Spark per il primo modello della SuperVette è la gara del debutto a Road Atlanta. Si tratta di un'edizione per il distributore americano, in serie limitata a 750 esemplari numerati, che non sono pochissimi per un'uscita "nazionale": segno che Spark prevedeva di piazzarne facilmente parecchie, e così è stato. E' poi verosimile che altre versioni usciranno nel corso dei prossimi mesi e del resto le varianti possibili non mancano. La versione di Road Atlanta è una delle più "spoglie", con i numeri di gara, gli sponsor della serie IMSA piazzati sul pannello del passaruota posteriore e nulla più.
Ci troviamo di fronte ad uno Spark nella sua forma migliore: perfetta la verniciatura, nel caratteristico celeste carico delle auto di John Paul, e molto belli anche particolari quali l'ala posteriore, con le paratie in fotoincisione, e i cerchi, verniciati in alluminio opaco con pastiglia centrale dorata. Approfittando anche della documentazione fornita da Canepa che ha restaurato in anni recenti la vettura, riportandola alla configurazione del 1978.
Gli sforzi compiuti da Spark sono ravvisabili anche all'interno, con una struttura del rollbar completa che si estende anche nella zona a fianco al pilota e tutta la pannellatura alluminio sulla parte posteriore.
Qualche semplificazione è stata inevitabile, ma ammirare gli interni di questa Corvette è davvero un piacere. Fotoincisa è la retina IMSA (molto realistica), così come i tiranti che fissano il vetro posteriore e il triangolino di rinforzo alla base della lama anteriore. Molto nette le aperture ricavate sui fianchi, una a forma di NACA, l'altra trapezoidale.
Il livello di montaggio è eccellente e su cinque esemplari esaminati non ho notato che pochissime imperfezioni (uno dei modelli aveva i citati supporti del lunotto montati non a filo, e qualche piccola "slabbratura" era presente sul bordo dei cerchi, come accade spesso in queste fusioni in plastica). Corretta anche la riproduzione degli scarichi laterali con le loro protezioni. E poi, sorpresa, il modello è stato fatto in Madagascar e non in Cina, segno che le critiche mosse a inizio anno verso gli Spark montati nell'isola sono state recepite e si è cercato di correre ai ripari, riuscendoci. Bene così.