19 agosto 2019

La Mercedes 300 SE (W111) di Revell in 1:18, una storia già di altri tempi

La 300 SE di Revell aveva portiere apribili, tetto
amovibile e ruote sterzanti. 
Non amo i modelli in scala 1:18 né tanto meno, in genere, i modelli fatti in Cina. Figuratevi come devo essere contento a sorbirmi quotidianamente le liti e le diatribe su Facebook (che sono costretto a utilizzare per fini commerciali e promozionali, come tutti) a proposito dell'ultimo Laudoracing, il GT-Spirit so-un-corno o l'eccezionale e irrinunciabile Ixo appena uscito. Queste discussioni mi appassionano quasi come le stolte guerre fra quelli che guardano i filmati dello Stelvio e della Cayenne muoversi tra i birilli con l'eleganza di un elefante in un negozio di vetri di Boemia. Detto questo, esiste qualche modello cinese in 1:18 in grado di appassionarmi veramente? Boh, forse qualche Formula 1 dei primissimi anni 80 di Spark (tipo la Brabham BT49 del 1981 recensita per Modelli Auto), ma forse solo perché mi riporta all'infanzia e al periodo in cui avevo iniziato ad appassionarmi alla F.1. Ma storicamente (intendo dal punto di vista modellistico) è piuttosto difficile, ora come ora, provare qualcosa che oltrepassi la curiosità aneddotica per questo tipo di prodotto. Fra venti o trent'anni chissà. Ora di sicuro no. Ci sono però dei risvolti storici già "d'epoca" che costituiscono ormai delle pietre miliari dell'automodellismo. Intendo dire che sarebbe bello, e anche incredibilmente interessante, ascoltare le storie di Lang sulla dislocazione della produzione in Cina o quelle relative agli anni pionieristici di Spark. Del resto si parla - per Lang - di quasi un trentennio fa e di un ventennio per quanto riguarda Spark: una o due generazioni, mica niente. Quelli nati nel 1990 possono esser già quasi nonni.
Agli inizi degli anni novanta, un marchio storico come Revell (la parte tedesca; quella americana segue un altro itinerario) si accorge di due cose: primo, che per ridurre i costi bisogna guardare alla Cina; secondo, che la scala 1:18 può costituire il futuro dell'automodellismo. In realtà alla Revell si accorgono di un terzo fattore importante, ossia che nessuno fino a quel momento ha prodotto in 1:18 modelli interessanti per il forte mercato del Centro Europa, tipo le berline europee anni sessanta. Partono le ricognizioni alla ricerca di collaboratori e a Hong Kong viene trovato un certo S.H. Kwok, un ingegnere del ramo dell'automotive, appassionato di BMW, che in Fui Yiu Kok Street ha un'azienda di progettazione ed engineering.
Molta cura venne dedicata alla progettazione e alla
realizzazione delle tante cromature. 

L'aspetto esteriore dell'azienda non era dei più attraenti, ma si sa che nella botte piccola (o un po' scalcinata?) ci sta il vino buono. Mi viene in mente quello che Fernando Reali mi aveva detto una volta che avevo visitato BBR per un articolo. Queste piccole realtà cinesi o di Hong Kong andavano cercate col passaparola e a volte potevi trovare l'oro dentro un anonimo stabile, in un misero e banale appartamento adibito a laboratorio. Chissà se ancora oggi è così. Fatto sta che Mr. Kwok e Revell si accordano per realizzare, entro il 1995, un diecast 1:18, la Mercedes 300 SE serie W111. Il modello sarà parzialmente apribile e con più dettagli possibile: interni ben riprodotti, cromature realistiche, belle ruote, verniciatura a livello dei migliori standard europei e naturalmente una fedeltà di linee e di proporzioni da attirare il maturo pubblico dei collezionisti occidentali. La collaborazione ha successo e il modello viene concepito per intero a Hong Kong, anche se la fabbricazione si trova in territorio cinese (HK era ancora sotto la Gran Bretagna) a una cinquantina di chilometri a nord. L'obiettivo di essere pronti per il Natale del 1995 viene raggiunto. L'esperienza di Kwok in campo progettuale è un elemento decisivo. Come master è approntato un modello in scala doppia (1:9) e tutti i pezzi, circa un centinaio, che compongono la 300 SE, ingegnerizzati per un montaggio il più semplice e veloce possibile. Le maestranze in Cina sono rappresentate per lo più da giovani operaie, cosa tipica in quel momento. La produzione iniziale della 300 SE, in colore nero, è stabilita in circa 35.000 pezzi, sistemati per il viaggio in tutto il mondo in cartoni da sei esemplari.
Nonostante quelle che oggi potrebbero parere delle
"ingenuità", la W111 di Revell regge ancora abbastanza bene
il confronto coi modelli diecast odierni. 

La resina non era ancora considerata come un
possibile materiale per produzioni in massa. I modelli
diecast erano praticamente l'unica scelta possibile e del resto
le cifre raggiunte dalla W111 (35.000 esemplari solo della
prima serie nel 1995) giustificavano l'investimento degli
stampi e dei macchinari per la fusione in zamac e in plastica. 
Il numero di catalogo della 300 SE è 089109090. Questa è in breve la storia di quell'avventura, continuata poi per Revell esattamente com'è continuata con tutti i marchi leader della grande produzione modellistica. La Revell avrebbe poi prodotto altre versioni della W111, in altre configurazioni e in altri colori. Ma se trovate il primo esemplare, non lasciatevelo sfuggire, perché rappresenta una parte importante della storia dei costruttori modellistici. Alla W111 seguirono altre Mercedes, dalla W120 alla W123 fino alla W116 e ulteriori vetture tedesche come la Ford 12M o la Opel Kapitaen. Da quel Natale del 1995 sono passati ventiquattro anni, abbastanza per classificare la 300 SE di Revell come una pietra miliare dell'1:18, esattamente come lo erano stati i primi Burago fatti in Italia negli anni ottanta. E tutto sommato, lo dico per quelli che guardano esclusivamente alla fedeltà di riproduzione anche quando osservano un Dinky degli anni trenta, la Mercedes di Revell non è neanche poi invecchiata così male.

1 commento:

  1. Parecchio interessante quest'articolo di stampo aneddotico, se si può dire così. Non entusiasmano neanche me né i prodotti cinesi né i modelli in scala 1/18 ma certe storie che vi stanno dietro meritano senz'altro di essere raccontate. Adoro i "dietro le quinte"...

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