14 agosto 2019

Il tavolino di vetro, il Lack dell'Ikea e un'Opel Manta di Tin Wizard

I lettori più affezionati del blog si ricorderanno delle "considerazioni del tavolino di vetro". Sono passati ormai sette anni e quel bel tavolinetto di vetro trasparente decorato a mano e montato su un telaio di ferro battuto è rimasto in un altro appartamento. Di mezzo ci sono stati altri due traslochi, ma resta un po' di nostalgia per quei momenti passati in compagnia di quel tavolino, magari di fronte a due modelli dai quali scaturivano spesso osservazioni controcorrente o un po' paradossali. "Che le fai a fare?", mi diceva già qualcuno, magari in buona fede. "Perdi tempo, perché o non ti leggono o non ti capiscono". Poco importava (e poco importa tutt'oggi). Le scrivevo perché mi divertivo a scriverle. Oggi tutto ciò che passa il convento è un banale tavolino Lack dell'Ikea, e devo dire che anche per i miei standard odierni è piuttosto tristanzuolo. Vedrò come sostituirlo, intanto, in un momento di entusiasmo (per citare Jerome Klapka Jerome) lo chiamerò tavolino.

E chissà che la sua forma quadra al posto della rotondità del precedente non suggerisca qualche pensiero più razionale, che possa accontentare gli amanti della coerenza apparente e un po' bigotta. Inizierò utilizzando lo scalcinato Lack parlandovi della Opel Manta di Tin Wizard. Cominciamo bene, lo so che state pensando questo. Bene o male cominciamo. Tin Wizard è stata fondata nel 1979 ed è allegramente arrivata ai giorni nostri. Come, è una storia lunga. Basti pensare che come molte imprese tedesche, anche piccole, ha fatto della sostanza e della solidità le sue doti migliori. Nel tempo ha elaborato progetti, ha assorbito la produzione di Interdecal e ha distribuito marchi, spesso oscuri dalle nostre parti ma apprezzati in paesi del Nord Europa. Contemporaneamente, come si diceva, hanno portato avanti la loro gamma fatta di modelli intramontabili che esistono dai primissimi anni di attività, come la Scirocco Gruppo 2, la Porsche 924 Carrera GTR, la Volkswagen Golf Cabrio e varie Mercedes, alcune aggiornate con vari pezzi fotoincisi, altri identiche a com'erano un quarantennio fa. Ebbene, io questi modelli li adoro. Mi ricordano sicuramente tempi lontani ed è per questo che la nostalgia-canaglia a volte può giocare brutti scherzi, ma c'è dell'altro. Essi testimoniano una passione e un lavoro che ha saputo sfidare il tempo, esattamente come il loro metallo bianco che nei decenni non ha fatto una piega. La Opel Manta, in un cafonissimo colore giallo che mi sembra molto più adatto del rosso e del nero, è uno dei pezzi intramontabili di questa gamma: certo tradisce subito la sua derivazione da un diecast (Pilen), ma le sue basi "meccaniche" fanno innamorare. E' tenuto insieme da due belle viti, ha i suoi paraurti nichelati, gli interni tutti neri (così non si sbaglia) e giusto due fotoincisioni a riprodurre i tergicristalli. Ma è molto Manta. Sistemata su una base che simula il pavé (prodotta dalla Hadi, se volete saperlo) sembra orgogliosa dei suoi difetti e pronta a sfidare i moderni resincast. Che poi non è neanche una sfida. Sarebbe come paragonare un vinile a un file MP3. 

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