04 novembre 2020

Com'è fatta l'Alfa Romeo GTV6 2.5 1980 di Spark (S9047)

ALFA ROMEO GTV6 2.5

DI SPARK (S9047)

Annunciata a metà giugno, l'Alfa Romeo GTV6 2.5 del 1980 è finalmente arrivata in questi giorni. L'uscita di modelli italiani che hanno fatto la storia dell'auto e che sono entrati nell'immaginario collettivo degli appassionati fa sempre discutere. Una volta erano gli artigiani a prendersi gli strali degli specialisti del rivetto e del millesimo, poi ci fu Minichamps e oggi sono per lo più i fabbricanti di resincast a dover aprire l'ombrello per evitare i pomodori marci che piovono dal loggione di Facebook. 

Ebbene, anche se tendo a criticare i contachiodi inveterati, molti dei quali rischiano comportamenti al limite della psicopatologia, credo che quest'Alfa Romeo tanto attesa non soddisferà neanche chi - lontano da certi eccessi - cerchi un modello storicamente giusto e ben documentato. Detto altrimenti, penso che anche stavolta Spark abbia steccato. Siccome la faccenda è abbastanza lunga, mettevi comodi. Io, per facilitarvi la lettura, dividerò i vari aspetti in paragrafi ben definiti, accompagnando tutto con foto più esplicative possibile. 

Questo articolo ha richiesto parecchio tempo per confrontare il modello con la documentazione d'epoca (dépliant, libri, cataloghi e in ultima battuta anche Internet). Certe conclusioni sono definitive perché oggettive, altre meno, ma voglio comunque proporle come spunto di riflessione. Iniziamo. 

Esterni: la versione scelta da Spark è una prima serie, introdotta nel 1980. Si trattava di un restyling abbastanza evidente delle vetture degli anni settanta. Perso, almeno ufficialmente, il nome Alfetta, le versioni proposte erano la GTV6 2.5 e la più tranquilla GTV 2.0. 




Nel marzo del 1983 venne commercializzata una seconda serie, quella con i fascioni laterali dipinti in grigio scuro, per intenderci. Lo Spark sembra abbastanza corretto nelle dimensioni e nelle forme. I gruppi ottici posteriori possono sembrare un po' bassi, un appunto che avevo sollevato anche scrivendo la recensione della GTV6 di Solido in 1:18 per Modelli Auto; a volte i casi sono curiosi. Anteriormente, l'intero gruppo della calandra e dell'ovale dei fari sembra anch'esso un po' troppo fine (basso). A Spark non sono sfuggite le due griglie sotto il paraurti anteriori. Il problema piuttosto è un altro: sul modello i paraurti sono neri, in realtà dovrebbero essere color antracite scuro con in nero solo le protezioni in gomma. Sul posteriore è stata montata una brutta antenna in plastica nera, di cui si poteva fare tranquillamente a meno. Le targhe sono relative a un'immatricolazione di Milano incoerente con la vettura perché databile al 1975. Sbagliati i font della targa anteriore, ma ormai ci siamo rassegnati e non insisterò oltre su questo. 


Quanto alla qualità di montaggio, possiamo dire che i vari dettagli sono incollati con sufficiente precisione, anche se qualche sbavatura di colla è rilevabile intorno ai vetri. Bruttine come al solito le plotterature nere che simulano oltretutto i listelli verticali. Fra gli elementi migliori si possono citare gli stemmi con contorno cromato e i tergicristalli, ovviamente fotoincisi. 




In fotoincisione il fregio trapezoidale sul montante posteriore e il tappo del serbatoio, riprodotti con cura. Il colore prescelto per questa prima uscita è il classico rosso Alfa. Non c'è dubbio che vedremo presto la GTV6 di Spark in altri colori, più o meno conosciuti. La qualità della verniciatura è elevata, come sempre. Il fondino presenta la riproduzione di una parte delle sospensioni posteriori, necessaria perché a vista: buona la resa del caratteristico parallelogramma di Watt, abbinato al ponte De Dion. 

Ruote e gomme: I cerchi Campagnolo da 15' sono stati riprodotti con buona fedeltà. Non sono eccezionali ma neanche da buttare. Diciamo che ci troviamo ampiamente nello standard di Spark. Quello che sembra andare molto meno sono le gomme. 

L'altezza della spalla potrebbe anche essere giusta, ma la larghezza è eccessiva. Col calibro l'abbiamo misurata e abbiamo ottenuto un valore di mm 5,45. La gomma, oltre ad essere più adatta a una Porsche 911 da competizione che a una GTV6, deborda anche dal cerchio, compromettendo tutto l'aspetto generale. 

Interni: La prima incongruenza è costituita dai sedili anteriori, che sono quelli col poggiatesta quadrato e vuoto (in realtà all'interno vi era una retina) della seconda serie. A me non risulta corretto neanche il colore della tappezzeria, grigia con fregi neri, poiché secondo le mie fonti nella prima serie della GTV6 2.5 al rosso Alfa erano abbinati a velluto beige o nero, oppure a pelle beige oppure nera. 


Non torna neanche il volante, con la sua corona nera, prerogativa della seconda serie (1983-1986) e di altre serie speciali come la GTV 2.0 Grand Prix, la GTV 2.0 Production e la GTV6 Balocco SE. La corona dovrebbe essere color legno. Assurda la leva del cambio, sulla quale Spark ha dimenticato la cuffia. All'interno troviamo anche uno strano estintore, posizionato ai piedi del sedile passeggero, lungo il tunnel. Era proprio necessario questo pezzo di bravura?

In conclusione, non me la sentirei di promuovere questa GTV6 di Spark, così come non me la sono sentita di promuovere la Lancia Delta Integrale recensita qualche settimana fa. 


Il motivo per il quale Spark - ma non solo - con diabolica puntualità manca l'obiettivo al momento di riprodurre vetture italiane resta un mistero. Probabilmente questa carenza di rigore storico coinvolgerà anche auto di altri paesi, solo che magari qui da noi ce ne accorgiamo meno. Sarebbe stato interessante confrontare lo Spark con altri modelli, magari il Minichamps, ma purtroppo non li ho sotto mano. Forse non mancherà occasione in futuro. 






1 commento:

  1. Premesso che io colleziono solo modelli di auto da corsa, per cui dovrebbe interessarmi poco di questo, noto con disappunto l'ennesima "toppata" di Spark. Magari sbaglio ma francamente mi sembra stiano diventando molte... forse troppe.

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