DALLARA-FIAT 1000 SPERIMENTALE
(di David Tarallo)
Nei primi anni Settanta,
Gian Paolo Dallara era già un ingegnere dalle idee
innovative e originali, con alle spalle esperienze significative presso alcuni
dei più prestigiosi marchi italiani del Gran Turismo. Entrato alla Ferrari nel 1960, dove aveva potuto acquisire molta
esperienza soprattutto con l’ingegner Carlo Chiti, era in seguito passato alla
Maserati e, per un breve periodo, alla Lamborghini, dove aveva avuto
l’opportunità di crescere a livello professionale modificando una 350 GT, e
soprattutto progettando la celebre Miura. L’inizio della sua brillante
carriera di costruttore di auto da corsa - se si esclude la VTM, prototipo
derivato da una Formula 850 - prese le mosse da una serie di vetture Sport la
cui storia non è ancora stata messa in luce a dovere, e che si sono sempre
distinte per la raffinatezza aerodinamica oltre che per l’avanguardia delle
soluzioni meccaniche adottate.
II Trofeo
AC Parma, giugno 1972: la prima uscita della Dallara-Fiat 1000, con Bruno Pescia. |
Nell’attesa che qualcuno si prenda la briga di
operare una disamina organica sull’intera produzione, in questa sede
concentreremo l’attenzione sulla primissima barchetta Dallara, che debuttò
nella stagione di corse 1972. L’auto nacque con un’insolita guida centrale,
sfruttando in maniera intelligente una piega dell’allegato J, che prescriveva
che le vetture Sport dovessero possedere almeno
due posti. Niente, quindi, vietava la realizzazione di una… triposto con
guida centrale e secondo e terzo sedile ai lati del pilota. In questo modo si
otteneva una distribuzione dei pesi vantaggiosa, paragonabile a quella di
un’auto di formula. Il telaio della Dallara, del tipo monoscocca in lamiera di
acciaio, era formato da due longheroni centrali che proseguivano posteriormente
e si congiungevano col motore. L’unità motrice prescelta fu il Fiat 128 da
1116cc ridotto a 1000 (alesaggio invariato, corsa portata a 76 mm), un
propulsore che iniziava a riscuotere un certo interesse da parte dei
preparatori come possibile alternativa al Cosworth SCA derivato dal basamento
Ford Cortina 116E, e al Fiat-Abarth 1000, ormai abbastanza vecchio. Proprio in
quel 1972 iniziò a utilizzare il monoblocco 128 Romeo Ferraris di Opera
(Milano), il quale vi aveva sistemato una bellissima testa quattro valvole: con
un rapporto di compressione di 10,2:1, il tecnico lombardo aveva ottenuto la
ragguardevole potenza di circa 150 cv a 11.500 giri. Anche Dallara intervenne
con molte migliorie sul Fiat 1000, che rimase comunque monoalbero. Inizialmente
furono adottati carburatori a doppio corpo Weber da 40, ma successivamente si
optò per un sistema di alimentazione di concezione Dallara con pompa
Kugelfischer. Per la prima versione a carburatori si parlò di una potenza di
circa 115 cavalli. Il cambio era un Colotti a 5 marce. Tutti i pesi possibili,
quali serbatoio, batteria, radiatori, filtri dell’olio furono sistemati intorno
al baricentro. Anche la scelta di montare il motore (portante) in posizione
trasversale come sulla Lamborghini Miura era dettata dall’esigenza di ottenere
un miglior bilanciamento. La carreggiata e soprattutto il passo avevano una
misura maggiore di quella delle Sport dell’epoca e si avvicinavano molto agli
ingombri delle Formula 3 (così come i prototipi 3000 tendevano ad assomigliare
sempre di più alle Formula 1).
Molto
avanzata la ricerca aerodinamica, con una carrozzeria in vetroresina che
carenava tutte e quattro le ruote, dalla linea di cintura bassa, tesa e pulita
(“l’aspetto – commentò all’epoca il settimanale Autosprint – è quello di una
vettura da record”).
La Dallara-Fiat ai box di Varano: si riconosce (terzo da sinistra) l’ingegner
Dallara; appoggiato alla vettura è l’ingegner Cazzaniga, motorista. |
La
Dallara-Fiat 1000 Sport debuttò in corsa il 25 giugno 1972, in occasione del II
Trofeo A.C. Parma, gara “chiusa” di velocità in circuito sulla pista San
Cristoforo di Varano de’ Melegari. Curiosamente, nella lista degli iscritti non
compare il nome Dallara, bensì la dicitura “xx 1000”. Il pilota designato era
“El Paso”. Come riserva era stato inserito Bruno Pescia, un giovane e
promettente pilota ticinese che si era distinto nelle categorie addestrative
vincendo il campionato di Formula Ford. Quel giorno prendevano parte alla
classe 1000 della categoria Sport alcune AMS (con Mario Barone, “Bramen”,
Pierino Cullati, Cesare Garrone), l’ATS di Giovanni Morelli, le Abarth di
Renato Davico e Mino Codeluppi, la Paganucci di Giovanni Paganucci, la Ferraris
di Ugo Locatelli-Verona e l’Abarth-Landi con carrozzeria Paganucci di Lido
Giambastiani. Non fu “El Paso”, bensì il collaudatore Pescia a portare in
pista la vettura. Il team di Cesare Doneda era presente per fornire la propria
supervisione tecnica. Le aspettative di Dallara e del pubblico di casa andarono
però deluse: dopo quattrocento metri dal via la frizione si ruppe, e Pescia dovette
tornarsene ai box a piedi. Venuto a mancare un avversario potenizalmente
competitivo come Pescia, il parmense Morelli si aggiudicava il Trofeo, davanti a
Garrone e Giambastiani.
Il lavoro
di affinamento e di messa a punto della Dallara-Fiat 1000 proseguì nelle
settimane successive con prove di lunga durata, e ritroviamo la vettura a
Varano il 27 agosto 1972, per il III Trofeo d’Estate. Nella gara per vetture
sport di I divisione (1000 e 1300cc), la Sport si mostrò competitiva ma ancora
una volta poco affidabile: Pescia riuscì addirittura a prendere il comando
assoluto della corsa per qualche tornata. Ma il ritmo impresso dal torinese
Filannino, che correva con una Lola-Abarth 1300, era troppo alto per i più
deboli motori da un litro, e ben presto accadde quello che molti temevano: il
propulsore della Dallara esplose clamorosamente in rettilineo, con grande
disappunto del pubblico varanese. Per la cronaca, la vittoria di classe 1000
andò a Cesare Garrone su AMS, mentre Filannino si aggiudicò la classifica
assoluta.
Nell’autunno
del ‘72 Dallara aveva già costruito un secondo telaio Sport, adottando però il
motore 1300 (derivato dal Fiat 128 da 1290cc), che vinse la propria classe col
solito Bruno Pescia al I Trofeo Lombardini a Varano l’8 ottobre. In quella gara
il “1000” venne affidato al reggiano “Ragastas” (alias Francesco Ferretti), che
concluse al terzo posto di classe dietro all’ATS di Morelli e all’AMS di Donà.
Nel 1973, quando ormai la produzione delle Sport Dallara era già abbastanza
avviata, il primo prototipo, che aveva svolto il compito di vettura
sperimentale per tutta la stagione 1972, venne modificato nel roll-bar, nella
carrozzeria e in altri particolari, rinumerato e messo in vendita
(successivamente, dal 1976, la Dallara si dedicò alla costruzione di un telaio
del tutto differente, destinato ad ospitare i motori Ford 1600). La Sport 1000
“pre-serie” fu acquistata da un pilota campano, Tisci, che ci corse fin verso
il 1975. Dopo il cambio dell’Allegato J nel 1976, che limitava a due il numero
dei posti delle Sport ed eliminava la guida centrale, questa vettura venne
convertita in biposto con guida a sinistra. Portata in Sicilia, cambiò ancora
più volte di proprietario, e si ha notizia di un suo impiego agonistico fino a
tutto il 1985.
La parte
anteriore della Dallara-Fiat 1000 sperimentale prima del restauro: notare i serbatoi dell’olio dei freni inseriti nel telaio. |
La carrozzeria in corso di ricostruzione. |
Una delle prime apparizioni della Dallara restaurata. |
A ciò si aggiungono altri indizi a mio
parere significativi, quali ad esempio la diversa forma della centina del
cruscotto. Queste osservazioni, corroborate da una ricerca storica, portarono
ad un’unica conclusione: si trattava della prima Dallara Sport costruita,
quella che nel 1972 aveva disputato il Trofeo AC Parma con Bruno Pescia. Fu
allora che ci rivolgemmo a Francesco Cazzaniga, all’epoca motorista di Dallara
(e che lavora tutt’oggi per Dallara, pur avendo una propria azienda) per
ottenere alcune indicazioni. Allo stesso tempo fu svolto un lavoro di expertise
dai fratelli Mendogni, che posseggono ancora gli stampi originali della
carrozzeria e che si sono quindi rivelati di grande aiuto per la ricostruzione
di quello che è un tratto peculiare della Dallara n°1: il guscio di tipo
monolitico, sollevabile sia anteriormente che posteriormente per accedere agli
organi meccanici. Diversa anche la modalità di apertura degli sportelli.
L’operazione di restauro, anche se lunga poteva essere affrontata con relativa
sicurezza, visto che la vettura, pur essendo ormai molto modificata, conservava
tutti i pezzi del telaio e il motore originale”.
La vettura fotografata al Museo Dallara di Varano de' Melegari, dicembre 2018 (foto David Tarallo). |
Il restauro della parte
lamierata, in primis la ricostruzione dei due longheroni asportati a
seguito della conversione in biposto, è opera di Marciano di Pisa, mentre a
Grotti si deve la ripulitura e la risistemazione della carrozzeria”. La parte
meccanica l’ha invece curata Pier Luigi Muccini insieme a Moreno Casalini, il
costruttore delle moderne “CMS” di categoria CN. Casalini ha svolto anche la
rifinitura generale (verniciatura, replica dei loghi originali, paratie…).
La
Dallara-Fiat, quasi definitivamente completata, è stata esposta per la prima
volta all’inizio del 2004, in occasione di una rassegna motoristica ad Empoli.
La preparazione meccanica è stata impostata fin dall’inizio in funzione di un
reale impiego agonistico: dopo il mancato debutto alla salita di Cortona, Pier
Luigi Muccini si è presentato alla Vernasca Silver Flag e continuerà ad
utilizzare la Dallara 1000 in pista e nelle gare in salita per autostoriche.
bellissimo articolo,ricordo di un tempo passato ma ricco di entusiasmo,capacita'di fare,poche chiacchere e tanta sostanza.
RispondiEliminaFoto della VTM di cui si parla all'inizio del testo?
Grazie! Della VTM ho diversa documentazione e quindi prima o poi qualcosa potrò pubblicarlo anche nel blog.
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