Officina Osella, 11 maggio 2011: prime prove di adattamento per il parabrezza per l'uso stradale su telaio Osella. Sta nascendo l'Ermini 686 (foto David Tarallo) |
Osella Engineering, 2011: Eugenio Ercoli discute con Enzo Osella su alcuni aspetti dalla futura Ermini stradale (foto David Tarallo) |
Nei primi anni duemila, però, Eugenio Ercoli e Stefano Pandolfi iniziarono un'opera sistematica di raccolta e catalogazione di tutti il materiale su Ermini sopravvissuto alla chiusura definitiva dell'officina nel 1962 e all'alluvione del 1966 (si racconta che molti dei disegni autografi di Pasquino Ermini, conservati negli scantinati della sede dell'AC Firenze, fossero andati perduti proprio durante il disastro dello straripamento dell'Arno).
Centro S.P.A.Z.I.O. di Firenze, novembre 2007: l'Ermini Sport Internazionale 1100 fu esposta insieme ad altre vetture Ermini e memorabilia vari (foto David Tarallo) |
A questo lavoro di ricostruzione storica, Ercoli e Pandolfi avevano abbinato anche un'attività di recupero e restauro delle vetture reali, che via via venivano rintracciate nei modi e nelle circostanze più disparate. All'idea di costituire un registro storico Ermini si affiancò il progetto, ben più ambizioso, di costituire una squadra corse e di produrre anche una vettura destinata all'uso stradale. Alla fine del 2012 un'Osella PA21, iscritta dalla Squadra Corse Ermini, partecipò con Davide Uboldi e Fabio Francia all'ultima prova dell'Eurospeed Prototipi, sul circuito di Barcellona. Era un periodo di grande fervore per tutti i componenti della squadra Ermini. Nello stesso periodo fu anche presentato il primo libro completo con la storia dell'Ermini, dalle origini alla cessazione dell'attività, edito dall'ASI e scritto da Eugenio Ercoli, Stefano Pandolfi e David Tarallo. Era iniziata anche la progettazione della vettura stradale, il cui concetto e sviluppo veniva gestito da Enzo Osella. La nuova auto, dotata di motore Renault 2 litri, derivava come telaio dalla PA21 prototipo, e anche l'intero progetto legato al posizionamento e all'utilizzazione del gruppo motore-trasmissione era mutuato direttamente dalla competizione. La vettura, disegnata da Giulio Cappellini, fu collaudata da Simone Faggioli, pluricampione europeo della montagna, e grazie ai suoi preziosi consigli furono adottate tantissime soluzioni compatibili con un utilizzo stradale senza sacrificare un'eredità che restava intrinsecamente agonistica.
Alla fine del 2013 l'Ermini 686 (chiamata così per il suo peso, ridottissimo) era pronta per il Salone di Ginevra del 2014 venne allestito un bello stand per la presentazione alla stampa e ai potenziali acquirenti. L'auto raccolse un successo perfino inaspettato, con diversi preordini di clienti già disposti a sborsare anticipi. E allora perché non è successo nulla e ancora oggi l'Ermini 686 di Ginevra è l'unico esemplare esistente? Perché c'è una differenza fra costruire un prototipo e avviare una serie di automobili, anche se in edizione limitata. Le leggi sul territorio italiano sono tantissimi e si può immaginare la complicazione, anche solo legata alla gestione obbligatoria (e decennale!) di un magazzino ricambi. Di idee alternative ce ne sarebbero almeno un paio: proporre la vettura come kit car, oppure cedere il marchio, preferibilmente a qualche grande gruppo (cinese o indiano?) desideroso di accaparrarsi una firma di prestigio per sfruttarla a livello commerciale in paesi con una certa cultura automobilistica. Chissà. Certo è che per il momento il progetto Ermini 686 è compiuto ma non avanza.
Salone di Ginevra 2014: Simone Faggioli e Enzo Osella assistono alla presentazione della "686" (foto David Tarallo) |
Lo stand Ermini al Salone di Ginevra 2014 (foto David Tarallo) |
Il motore Renault 2000 montato sulla Ermini 686. La foto è stata scattata nel settembre 2019 per la mostra "Firenze da competizione", a Palazzo Medici-Riccardi (foto David Tarallo) |
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