Domani è un secolo esatto dalla nascita di Gianni Brera, un giornalista sportivo ancora oggi ineguagliato per vastità di produzione e anche, in larga parte, per qualità. Brera si formò in un periodo in cui il linguaggio giornalistico risentiva ancora della retorica dannunziana (o meglio, pseudo-dannunziana), e arrivò a sovvertirne le dinamiche fino a creare parole e locuzioni che ancora oggi sopravvivono, magari cristallizzate e utilizzate a loro volta da giornalisti a corto di creatività. Brera è stato un maestro per tanti, direttamente o indirettamente. Approfitto dell'occasione di questo anniversario per ricordare uno degli innumerevoli reportage in cui forse si riesce ad apprezzare pienamente la portata del personaggio. Si tratta di una lunga intervista realizzata con la Rai nel 1974, in cui Brera e un ancora giovane Gianni Minà si recano a intervistare Nereo Rocco nella sua casa triestina (link al filmato:
https://www.raiplay.it/programmi/giannibrera-unoraconnereorocco/ ).
Il buon rosso, "benedizione divina", scorre copiosamente nei bicchieri in un giardino tranquillo fra piante rampicanti e portaceneri usati nella loro piena funzione di portaceneri e non come soprammobili. Siamo in bilico fra antico e moderno. Nereo Rocco già appartiene al passato ma è allo stesso tempo una figura "attuale", da intervistare con gusto, come potrebbero essere oggi un Arrigo Sacchi o un Ottavio Bianchi, fatte le debite distinzioni (giusto per fare un esempio).
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Gianni Brera a Trieste nel giardino della casa di
Nereo Rocco (a destra), dalla video intervista Rai
mandata in onda nel 1974. |
L'intervista-documentario dura un'oretta ed è sì infarcita di riferimenti e nozioni tecniche, ma è allo stesso tempo diluita in una dimensione giornalistica e narrativa in uno stile che se dovessi riconoscere tra gli storici dell'automobilismo (visto che siamo in un blog che in teoria dovrebbe parlare di auto) lo attribuirei al Cesare De Agostini delle biografie. Una semplicità apparente che cela un diuturno lavoro di asportazione dell'inutile, del pesante, a favore dell'essenziale che può anche essere leggero senza scadere nella superficialità. Ciò che non è detto si sente ugualmente.
Il filmato fu preparato alla vigilia dei mondiali di calcio del 1974. La sua inevitabile obsolescenza non toglie nulla allo stile e all'eleganza generale dell'insieme. Documenti come questo non hanno bisogno di nascondere il tempo passato. E' in questo modo che un film, un libro, un oggetto diventa un classico: quando non ha bisogno di essere aggiornato.
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Il classico è tale quando non ha bisogno di essere aggiornato.
Il classico è rarefatto senza essere inconsistente. |
Il conversare oraziano, che mi fa venire in mente il primo libro delle epistole, è costume narrativo ampiamente utilizzato dalla Rai già negli anni precedenti al documentario su Nereo Rocco, ed è uno stile in ampia parte anche radiofonico, prima di essere stato portato in televisione. Ne erano maestri certi registi della BBC, ma anche i nostri produttori hanno fatto scuola, esportando questi modelli ad esempio nel giornalismo della vicina Svizzera italiana fra gli anni sessanta e gli anni settanta. Forse inconsciamente, all'epoca degli articoli del "tavolino di vetro" di questo blog avevo in animo di imitare quello stile, trasferendolo al modellismo. In fondo anche su Motor Sport sopravvive (ed ha successo) una rubrica chiamata "A lunch with...", trasposizione leggermente più statica e meno rurale della chiacchierata breriana, quella fatta di fronte a ben panciute bottiglie di vino rosso.
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