Nella produzione montata di AMR ho sempre avuto un debole per i primi modelli, quelli nella scatola piccola. Non solo perché rispecchiano l'inizio di un'attività destinata a fare la storia dell'automodellismo speciale, ma anche perché sono il simbolo di un'epoca ancora pionieristica, che essi stessi contribuirono a superare, anticipando periodi già più evoluti. L'ultima esponente di questa serie iniziale apparve un po' a sorpresa nel 1981: Ruf decise di produrre un'edizione di 350 esemplari numerati della Ferrari 250 GTO 3607GT in versione Tour de France Automobile 1964 (Philippe de Montaigu / Claude Dubois). Il kit della 250 GTO aveva già fatto parlare di sé.
Gli appassionati non avevano tardato ad apprezzarne le finezze, che nel corso di poco tempo andavano aggiungendosi alla dotazione iniziale. La versione montata fu la prima serie affidata almeno ufficialmente a Jean-Paul Magnette, che poté così mostrare la sua grande abilità di "realizzatore in serie". La sua particolarità era - e sarebbe sempre stata - una costanza di qualità che probabilmente non ha mai avuto eguali. In una serie montata da lui, ogni modelli era esattamente uguale all'altro, il primo come l'ultimo, si trattasse di un'edizione in dieci esemplari come di una in trecento. Diciamo che era uno che si esaltava nella continuità, nella costanza. Una specie di maratoneta, e anche di alta precisione. Posso consigliare di cercare uno dei 350 esemplari del Tour a chi desideri mettersi in collezione un modello che possa rappresentare lo stile AMR, marchio che deve molta della sua fama proprio alla GTO. Successivamente il tema GTO venne ripreso varie volte, con kit sempre più raffinati, ma non necessariamente più riusciti come interpretazione delle forme.
La serie 5000 è probabilmente la più ambita, ma l'importanza storica di questa edizione montata di quasi quarant'anni fa è fuori discussione. Il numero di serie era punzonato sul retro del fondino. Non ci fu mai una confezione specifica per questa GTO: Ruf utilizzò la scorta di scatole della Porsche 917/20 Pink Pig che aveva ancora a disposizione, dopo un rapporto di collaborazione non proprio sereno con Grelley. Si accontentò quindi di attaccare su ogni lato un adesivo bianco scritto di suo pugno col pennarello, "Ferrari GTO n° XXX/350". Altri tempi davvero. Visto con gli occhi di oggi, il modello evidenzia qualche errore che sarebbe stato corretto più o meno rapidamente in uscite successive: prima di tutto, sulla targa fu preso un granchio. La vettura era targata PR62849, ossia Parma. La sigla PR venne interpretata come "Prova" e fu così che sulla placca nera si stampò un bel "Prova 62849", oltretutto completamente errato come font e distribuzione delle cifre.
I cerchi furono lasciati grezzi, ossia di quel colore nichelato tendente al giallino. Magnette sarebbe poi stato uno dei primi a verniciare i cerchi delle vetture da corsa in alluminio opaco. Inutile dire della precisione di montaggio: i famigerati contorni faro, da abbinare alle carenature in acetato, erano applicati con una pulizia e un'esattezza che in pochi avrebbero potuto avvicinare. Già notevole lo sforzo di allineare il meglio possibile i cerchi nei passaruota, senza asimmetrie o approssimazioni, un tratto che sarebbe diventato tipico nell'attività di Magnette e cosa tutt'altro che facile in modelli prototipati del tutto a mano come gli AMR. Negli anni successivi sarebbero apparse altre serie montate AMR, ma non ufficiali. Per una ripresa in grande stile si sarebbe dovuto attendere il 1984, con la nuova serie dalle scatole più grandi, il cui primo soggetto fu la Ferrari 250 GT California passo corto, altra pietra miliare nella vicenda di AMR.
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