Ho sempre pensato che fare film sulle storie di sport sia molto complicato perché lo sport stesso propone storie così intense che non c'è bisogno di fiction per raccontarle. I film sull'automobilismo, sullo sport automobilistico, sono piuttosto comuni e sono tutti per lo più banali e noiosi, incluso il tanto osannato Le Mans con Steve McQueen.
Gli ultimi due, Rush e Le Mans '66 appena uscito, sono forse un'eccezione. Rush mi piacque, nella sua semplicità ma anche nella sua sostanziale unità. Le Mans '66 è qualcosa di più complesso. Ormai ne leggete a decine, di recensioni, e non c'è bisogno che mi metta ad analizzarlo in modo dettagliato. E' forse troppo presto. Posso però dire come il film non debba essere letto: non è un documento storico attendibile al cento per cento. Ho sentito appassionati (che in questi casi si trasformano in dei pedanti di prima categoria) criticare questo o quel particolare storico sulla Ferrari 330 P4, sulla Ford MkII o su chissà cos'altro. Se cercate questo tipo di cosa compratevi un libro con le foto o andate a cercare i filmati della Duke o dell'istituto INA. Non è questo un approccio corretto a un film che deve andare nelle sale cinematografiche di mezzo mondo, a gente che tra poco neanche sa cosa sia Le Mans, figuriamoci una Ferrari 330 P4 o una Ford GT40. Un film come questo deve trasmettere un messaggio. Molti film di tal genere falliscono perché appunto non hanno messaggi da passare. A mio parere la bellezza di questo film sta nell'essere riuscito a ricostruire una sfida, ma che paradossalmente non è forse tanto la sfida tra Ford e Ferrari, ma quella fra tecnici e piloti col mezzo meccanico. Nell'automobilismo il primo avversario è il limite della macchina. Ed è forse in questa chiave che va letto il film. E' una guerra col mezzo meccanico, una diuturna lotta con la vulnerabilità e la genialità delle trovate tecnologiche. L'amore per la guida e per la meccanica passa in filigrana tutta la pellicola che - sia detto per inciso - scorre più che bene nonostante le due ore e mezzo di proiezione. Contemporaneamente si dipana la storia principale, che non è tanto il duello fra Ford e Ferrari quanto la vicenda di un'amicizia fra due uomini straordinari, Carrol Shelby e il suo pilota Ken Miles. Per il pubblico dei non addetti, un'occasione per uscire dai soliti luoghi comuni alla Days of thunder o alla Michel Vaillant, tanto per fare un esempio; per gli esperti, l'opportunità di capire meglio il ruolo che certi personaggi hanno avuto sull'automobilismo americano degli ultimi cinquant'anni. Un'eredità che se entri in un circuito come Sebring, Laguna Seca o Road Atlanta, puoi respirare ancora oggi. E se un film ti dà l'occasione di parlarne, allora significa che ha raggiunto il suo scopo.
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