18 novembre 2012

Model Game a Bologna, 17-18 novembre 2012 [di Claudio Govoni]

A Bologna una volta c'era il Modelshow.
Proprio quello che si tiene periodicamente a Novegro.
A inizio anni '90 si teneva a Bologna.
Vabbè, una volta a Bologna si facevano tante cose, oggi siamo, sinceramente, un pò in decadenza.
Ma almeno, dopo circa dieci anni di digiuno modellistico, dal 2010 si è ricominciato a fare qualcosa. In concomitanza con "Mondo creativo", il salone dell'hobbistica, viene fatto anche il "Model game", dedicato al modellismo statico e dinamico.
Sicuramente è una piccola fiera, confrontata con altre del settore, disattesa da molti che preferiscono concentrarsi su altri appuntamenti, vicini al model game sia per date che geograficamente, ma anno dopo anno sta tentando di crescere.

Ovviamente, il "core" della mostra era lo stand Italeri, casa Bolognese, che sfoggiava, in collaborazione con l'esercito Italiano, un Iveco Lince all'ingresso del suo stand. Il "gippone" in dotazione al nostro esercito è la novità principale del catalogo 2013. L'azienda di Calderara di Reno ha scelto, anzichè di esporre semplicemente i prototipi, di esporre il pezzo autentico. Scelta molto apprezzata dai modellisti presenti che, anche grazie alle portiere lasciate aperte, hanno potuto fotografare ogni centimetro del mezzo.
Lo stand ospitava per il secondo anno anche il concorso di modellismo statico.
Meno nutrita la partecipazione rispetto allo scorso anno, ma nel settore del militare figuravano comunque alcuni pezzi pregevoli.
Numerose le riproduzioni di mezzi italiani di vari periodi storici.

Oltre ai classici diorami ambientati all'epoca della seconda guerra mondiale, non mancavano alcuni richiami alla più tragica cronaca, come questo Merkava III in una strada libanese.

Ridottissima la partecipazione di automodellisti alla competizione, anche rispetto alla già scarsa partecipazione dello scorso anno. Ma mentre nel 2011 si sono visti alcuni pezzi discreti, quest'anno, pur non mancando la buona volontà, i modelli avevano una qualità di montaggio e finitura francamente imbarazzante.

Chi scrive, nella sezione automotive, ha trovato apprezzabile il modello di Ape dei Vigili del fuoco in scala 1/24 del Gruppo modellistico "Cacciatori di stelle", che, oltre ad essere un soggetto originale, è stato realizzato in carta.

Nel resto dell'esposizione, scarsa la rappresentanza del settore automodellismo statico.In pratica, gli unici due stand di una qualche rilevanza erano quello della IV Model di Vecchiato, che presentava alcune sue novità in scala 1/43 e 1/87, come l'OM Tigrotto bisarca e la serie dei Fiat 615, e quello della Atelier Car Models (ex MG Model), che esponevano la loro serie di P4 oltre a vari speciali di Alfa e Ferrari in 1/43 e 1/18, sia in kit che montati.



Ampio lo spazio dedicato ai club e alle associazioni, prevalentemente di figurinisti (con alcuni pezzi realmente pregevoli)...





...e di modellismo dinamico.
A farla da padrona, come tradizione bolognese, i "trenari", che hanno presentato anche quest'anno alcuni diorami veramente interessanti.
In particolare, colpiva l'insolito plastico rappresentante uno scalo industriale con altoforno e crogiuoli per la ghisa, riprodotto in maniera piuttosto corretta (stando a quanto detto dall'ingegnere meccanico che accompagnava lo scrivente nella visita...).



Interesse e apprezzamento ha suscitato anche il maxiplastico del gruppo ferromodellistico di Reggio Emilia rappresentante un tratto di linea ferroviaria tra Reggio e Parma.
Non mancavano neppure i plastici in scala N, forse più fantasiosi, ma non privi di fascino, anche grazie alla possibilità di riprodurre, in poco spazio, grandi estensioni di territorio.



Spettacolare il plastico riproducente un aeroporto internazionale, con le piste illuminate.



Presenti numerose piste dedicate ai vari automodelli radiocomandati: velocità auto, velocità camion, drifting, off road e veicoli movimento terra. Assenti, rispetto all'anno scorso, le slot car, mentre ha fatto la sua comparsa il "gabbione" per aeromodelli ed elicotteri.






Nel settore giochi, immancabile l'angolo del Lego. Compare quest'anno anche lo stand del Subbuteo, per la verità non affollatissimo e comunque guardato con una certa sufficienza da chiunque non fosse "Over 35".



7 commenti:

  1. Scusa David, come fai ad affermare che alcuni figurini sono "pregevoli"?
    Dipingi figurini? Conosci a memoria le varie divise dell'epoca napoleonica (o delle altre tematiche) così da poter cogliere eventuali errori?
    A tuo parere sono pregevoli...chi non conoscesse a menadito la 962 Brun, vedendo il modellino postato dal Prof. Tecchio, potrebbe fare la stessa affermazione.
    Non c'è alcuna differenza, vedi, solo un (molto) ristretto gruppo di appassionati (ben documentato) può cogliere le differenze e gli errori, un semplice appassionato (o anche un modellista scafato), al contrario rimane colpito dalla tecnica.
    E. Re

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'articolo, come è ben evidenziato nel titolo, non l'ho scritto io, ma Claudio Govoni che collabora col blog ormai da diverso tempo, e quindi sarebbe meglio rivolgere a lui la domanda.
      Penso però che il definire "pregevoli" i figurini fosse più che altro riferito alla loro bellezza estetica, più che a considerazioni storiche e documentarie. Tutto qui.

      Elimina
  2. Per i figurini, ovviamente, rispondo io delle mie affermazioni.

    Sì, dipingo anche figurini, quindi li valuto da "insider" del settore.
    Perchè un figurino sia pregevole, non si valuta (solamente) la correttezza uniformologica. Altrimenti sarebbe impossibile dare un giudizio su un figurino fantasy o un medievale tratto da un codice miniato e quindi privo di riscontri diretti che non sia la rappresentazione del miniaturista (non necessariamente aderente alla realtà dell'epoca al 100%).
    Nel giudizio di pregevolezza conta di più, in particolare per le grandi misure, la valutazione della tecnica pittorica.

    Ma del resto, non è neppure necessario fare figurini per valutare figurini.
    Non mi risulta, del resto, che chi si occupa di storia dell'arte sia necessariamente un pittore.

    RispondiElimina
  3. Mi scuso con l'estensore delle note per lo scambio di cui sopra.
    Problemi di connessioni mi rendono difficoltosa l'apertura della pagina, la lettura e l'inserimento di messaggi che devo di volta in volta riscrivere e reinserire.
    Rimane, per me, il concetto che quello che piace e che colpisce di un figurino non sono il numero esatto di alamari, l'esatta tonalità del colore (rispetto a cosa?), ma la tecnica che rende l'incarnato ed i diversi materiali (pelle, cuoio, tela, velluto), realistici.
    Poi, documentazione alla mano, si può scendere nel particolare.
    Lo stesso discorso vale per altri aspetti del modellismo, un automodello in scala 1\43 ci colpisce per la ricchezza ed il dettaglio dei particolari, per la corretta verniciatura (non parlo della tonalità esatta di colore...), per la posa accurata delle decal.
    Il precedente intervento non era quindi (nelle mia volontà) critico, la fretta però è cattiva consigliera...
    E. Re

    RispondiElimina
  4. Io non mi intendo di figurini ma penso che se mi fossi appassionato a questa branca del modellismo non mi sarei certo accontentato di ammirare la tecnica ma sarei diventato, parallelamente, un esperto di divise.

    RispondiElimina
  5. E' una possibilità. Ma diventare un esperto di divise ha senso se uno fa dai napoleonici in poi.
    Per i fantasy non esiste l'uniformologia.
    Per gli antichi (tranne i romani) e i medievali, è difficile. Possiamo disporre di fonti che ci restituiscono il "senso" dell'araldica e di quello che indossavano, ma la variabilità era comunque immensa, perchè, in generale, ognuno si faceva la divisa un pò con quello che trovava, che aveva a disposizione o che comprava, senza un criterio particolarmente rigido.
    Non è come la famosa porsche del forum, che ha il muso fatto così, il dietro cosà e gli sponsor in quelle determinate posizioni e così è.
    Personalmente, essendo appassionato di medievali, sono diventato relativamente esperto di araldica (anche se pure lì con le molle, dato che spesso non c'è concordanza su alcuni colori usati negli stemmi meno diffusi) e di cose che, più che con la divisa, c'entrano con la "meccanica" dell'armatura. Come la forma degli elmi in relazione ai vari periodi storici, con la vertenza che un elmo "di moda" nel XII secolo poteva essere indossato, anche se non più di moda, anche a fine XIII, perchè con quello che costavano, ci se li tramandava di padre in figlio.
    Oppure gli errori
    Ad esempio, un errore che spesso si fa è rappresentare i cavalieri che impugnano la spada come un martello. In realtà, l'impugnatura più diffusa prevedeva che l'indice fosse SOPRA l'elsa (in quella posizione la lama non era affilata) e il resto della mano sotto.
    La divisa si standardizza più avanti nella storia e probabilmente la massima espressione ne è il periodo napoleonico.
    Nelle guerre più recenti, soprattutto dal secondo conflitto mondiale in poi, c'è di nuovo una certa (limitata) elasticità, con soldati che spesso hanno elementi di "preda bellica".

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' l'affascinante questione della distinzione fra vero e verosimile, presente ovunque: in storia, in letteratura, nella pittura e nel modellismo. Avendo studiato filologia classica, sono stato spesso a contatto con problematiche di questo tipo, che probabilmente hanno anche influenzato (più o meno direttamente) il mio modo di intendere il modellismo. Sulle armi antiche il discorso è interessante, così come sulle divise. Le uniche fonti sono ovviamente l'evidenza archeologica diretta e indiretta: i reperti che si trovano nelle tombe, ad esempio, oppure le rappresentazioni degli eserciti nella scultura. La colonna traiana, ad esempio, è una fonte di documentazione, e la verosimiglianza a volte diventa realtà perché probabilmente in alcuni casi i vari graduati e comandanti venivano riprodotti con le loro armi e con le loro esatte tenute da combattimento. In questo caso si può parlare di "realismo". Esistono poi altre fonti documentarie dalle quali si possono estrapolare dati utili alla ricostruzione di determinati equipaggiamenti: tavolette lignee (basti pensare alle famosissime tavolette di Vindolanda), iscrizioni, annali e storie tramandate prima dai papiri e poi dai codici medievali, infine confluite nella produzione a stampa di età umanistica. Tutto questo per dire che anche per periodi in cui manca una documentazione specifica sulle uniformi è possibile arrivare a ricostruire un equipaggiamento-tipo che non sia in contraddizione con le condizioni sociali, economiche, militari ecc. di un determinato periodo. In questi casi la ricostruzione è necessariamente "generica", e se metodologicamente corretta, porta a risultati soddisfacenti. Non si ricostruisce un esemplare specifico, ma una tipologia. Così avviene per ogni altro aspetto dell'antichità, a meno di non avere in mano evidenze archeologiche inequivocabili, come gli edifici di Pompei o certi reperti giunti fino a noi intatti. Per la modernità il discorso cambia, e ovviamente nessuno si sognerebbe di fare un modello di automobile "generico"; beh a ben pensarci il motore archetipico esiste: era quello che ci facevano studiare a scuola guida, un bel 4 cilindri anonimo, robusto e privo di ogni specificità... Sapeva tanto di Fiat? Può essere! Magari l'avevano copiato da qualche disegno tecnico. Voglio dire comunque che quando la documentazione diventa più abbondando, è quasi fisiologico abbandonare la riproduzione generica per abbracciare aspetti più esatti, nell'intento di copiare una determinata realtà, più che dare una rappresentazione verosimile di essa.

      Elimina